Deportazioni d'Ucraina, il ritorno agli anni Trenta

di ANNA DI LELLIO* 

(immagini da Pixabay)

Fino alla settimana scorsa la stima dei dispersi all’interno dell’Ucraina era di 6 milioni e 480 mila, secondo l’Organizzazione Mondiale per l’Immigrazione (OMI), cifra verificata dalla Global Protection Cluster (GPC), una rete di organizzazioni non governative, organizzazioni internazionali e agenzie dell’ONU. In altre parole, quella cifra è una cifra seria, alla quale vanno aggiunti i circa 3 milioni e 700 mila profughi, nel conto dell’Alto Commissariato dei Rifugiati. Il totale è di più di 10 milioni di persone che dal 24 febbraio scorso hanno dovuto lasciare la loro casa, un quarto della popolazione dell’Ucraina. È come se si fossero dispersi in un mese 15 milioni di Italiani, la Lombardia e il Piemonte messi insieme. 

di ANNA DI LELLIO leggi anche:

IL MISTERO DEI GENERALI  RUSSI

- BELLINGCAT, INCHIESTA SULL'UCRAINA

- MA PUTIN E' UN CRIMINALE DI GUERRA?

- NINA KHRUSHCHEVA: LE COLPE DI PUTIN E IL FALLIMENTO DELLA DIPLOMAZIA

- ATENE, SPARTA E TUCIDIDE  con GIGI SPINA


Il peggio è che questo numero continuerà ad aumentare. Lo stato maggiore ucraino ha annunciato che l’esercito russo ha evacuato a forza migliaia di cittadini da Rubizhne e Kreminna, nelle province orientali sotto il loro controllo, a Voronezh, in Russia. Il comune di Mariupol dice che circa 6mila residenti sono stati deportati in Russia, in particolare nelle regioni del nord che sono economicamente depresse ma dove agli Ucraini sarebbe stato “offerto” un lavoro in cambio dell’obbligo di non lasciare la Russia per due anni.  L'Institute for War Studies ha confermato che esiste un campo di smistamento nella regione del Dokuchaevsk Donetsk, dove la versione corrente del KGB, il FSB, “lavora” a distinguere chi ha partecipato alla resistenza contro i Russi dagli innocenti. Da lì chi passa il test viene trasferito, sempre a forza, nelle regioni di Rostov e Krasnodar in Russia. Gli altri non si sa bene. 


deportazioni 2jpg


Il governo russo parla invece di oltre 380mila ucraini che volontariamente sarebbero stati evacuati in Russia per sfuggire alla guerra. Si aspettano conferme indipendenti sulle cifre di entrambe le parti nel conflitto, ma se le evacuazioni come sembra più probabile sono forzate, costituiscono un crimine di guerra. E c’è di più. Sulle evacuazioni forzate esiste una lunghissima legislazione e chi è interessato può informarsi cliccando qui. Basti dire per ora che “la forza” in questione deve essere capita nel suo specifico contesto, come stabilirono i giudici dell’Aja nel processo di appello al Serbo Bosniaco Milomir Stakić: non vale dire, come stanno facendo i Russi, che le evacuazioni avvengono per proteggere i civili ucraini dalla guerra, perché quei civili non avrebbero bisogno di protezione se non fosse per le azioni criminali dei Russi. 

Intanto mentre a migliaia vengono portati via, altre migliaia sono forzati a restare. Sono i Russi della Crimea, in particolare quelli che vi sono immigrati dopo l’annessione del 2014, soprattutto famiglie di militari e amministratori civili. I servizi ucraini hanno detto che truppe russe si preparano a bloccare il ponte Kerch per impedire ai civili di partire. Questa notizia non è ancora confermata da fonti indipendenti, ma è inquietante perché rivela la pressione sulla popolazione civile amica, come l’altra notizia che parla di reclutamento a ricatto nel Donestk tra civili russi, ai quali verrebbero pagati i debiti se si arruolano nell’esercito. 

Il governo  di Kyiv sostiene che gli Ucraini sono stati deportati  per essere usati come ostaggi. Ma percorrendo anche solo velocemente la storia russa e sovietica appare invece che le intenzioni di Putin sono, se possibile, ancora più infauste. Si rifanno ad una tradizione sovietica di spostamenti massicci di popolazione dalle zone di frontiera per la difesa della sicurezza del paese. Ad un certo punto questi spostamenti presero la forma di pulizie etniche, che sono un topos del ventesimo secolo, ma in Unione Sovietica avvennero soprattutto all’interno dello stesso paese. Un saggio interessante di Terry Martin, storico di Harvard University, mi ha guidato nel comprendere questo fenomeno. Gli Ucraini non appartengono ad un’etnia diversa da quella russa, ma l’accanimento a rimuoverli dalle zone occupate è reminiscente di vecchie dinamiche. 


girl-7038293_960_720png



Tra il 1935 e il 1938 nove nazionalità sovietiche – Polacchi, Tedeschi, Finlandesi, Estoni, Lettoni, Coreani, Cinesi, Iraniani e Kurdi – furono oggetto di una pulizia etnica che li rimosse dalle zone di confine, che furono poi ripopolate da soldati dell’Armata Rossa smobilitati. La Seconda Guerra Mondiale fu teatro di deportazioni su scala globale, prima fra tutte quella degli ebrei che finì nel genocidio. In Unione Sovietica ci fu la deportazione di più di un milione di Tedeschi in Siberia e Asia Centrale a partire dal 1941. Erano diventati improvvisamente nemici, la famosa quinta colonna. Una deportazione per motivi simili fu quella dei Giapponesi negli Stati Uniti, e anche degli Italiani. La differenza è che per i Giapponesi e gli Italo-Americani non fu previsto lo sterminio. 

Dopo la sconfitta dell’esercito tedesco nel 1944 lo stato sovietico deportò in Asia Centrale l’intera popolazione dei Tartari della Crimea, e poi i Kalmyk, i Ceceni, gli Ingushi, i Balcari, i Karachai, e i Turchi Meschetiani. L’accusa era di tradimento collettivo, avevano collaborato con i nazisti. Dal 1944 al 1953 furono deportati dalla Crimea e dalle zone Transcaucasiche migliaia di Kurdi, Armeni Mussulmani, Greci, Bulgari, Armeni che vivevano sul Mar Nero e Iraniani. La morte di Stalin salvò gli ebrei da una nuova deportazione di massa che si stava preparando per loro. 

Il perché di tutti questi spostamenti è complesso quasi quanto seguirne gli itinerari. Semplifichiamo. A partire dagli anni trenta una certa etnofilia dimostrata dai primi sovietici si era trasformata in una violenta xenophobia in verità più ideologica che etnica, ma complicata dalla fallimentare collettivizzazione, e dall’imperativo della “de-kulakizzazione”. Per fare un esempio, la frase, “Polacco significa kulak” divenne popolarissima. Nel ‘32 ci fu poi la grande crisi del grano che fu requisito dalle campagne, soprattutto nell’Ucraina e nel nord del Caucaso, per sfamare le città. Si finì così per affamare le campagne. 

Secondo Stalin ogni opposizione alla requisizione del grano era dovuta alle provocazioni dei nazionalisti ucraini e per punirli fece deportare l’intera popolazione cosacca della regione di Poltava, nel centro dell’Ucraina. Accusati di essere kulak sabotatori, erano anche appartenenti ad un gruppo etnico. Fu la prima pulizia etnica degli anni trenta. Ne seguirono molte altre, a partire dalle deportazioni di Tedeschi e Polacchi dalla regione di Kyiv nell’Ucraina orientale. L’anno dopo furono spediti in Kazhakstan.

Secondo lo storico americano Martin il nazionalismo russo non è la causa di queste pulizie etniche, ma l’effetto della xenophobia sovietica che vedeva ovunque quinte colonne nelle sembianze di diverse nazionalità nelle zone di confine. Le evacuazioni di cui sentiamo parlare in questi giorni posso far intuire una dinamica simile. Per esempio, la notizia che gli ucraini sarebbero stati spediti a Sakhalin, tutta da confermare, è allarmante. Sakhalin è l’isola russa più grande della Russia, si trova nel Pacifico ed è di fronte al Giappone, lontanissima da Mariupol.

 

 

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

clicca qui per mettere un like sulla nostra pagina Facebook
clicca qui per rilanciare i nostri racconti su Twitter
clicca qui per consultarci su Linkedin

I