Nina Khrushcheva: "Le grandi colpe di Putin e il fallimento della diplomazia"

di ANNA DI LELLIO*

(immagine di apertura da pixabay)


“Lo sai che l’Italia è il primo paese che ho visitato dopo la caduta della cortina di ferro? È ironico che sia anche il primo paese che visito dopo che hanno tirato su di nuovo la cortina di ferro,” mi dice Nina Khrushcheva, che è di passaggio a Roma da New York sulla via di Vienna, dove va per lavoro. A Mosca non può tornare per il momento. Con Nina siamo colleghe dall’epoca in cui insegnavo politica internazionale alla New School, a New York, ma ci siamo frequentate fuori dall’università dal momento in cui durante una riunione Nina si complimentò per i miei stivali e poi mi confidò che lei adorava le scarpe, soprattutto quelle italiane. Nina chiama il premier sovietico Khrushchev “nonno” perché sua madre, orfana giovanissima di Leonid, il figlio di Nikita che fu ucciso nella Seconda Guerra Mondiale, chiamava Nikita papà.   

Dai tempi degli studi universitari Nina è cittadina americana, e ama New York, ma il suo cuore batte soprattutto per Roma. Sua madre sposò in seconde nozze Carlo Benedetti, corrispondente dell’Unità a Mosca, e Nina a Roma è felice. Ma oggi è inquieta, di umore poco disposto a scherzare, lei che ha un’ironia dirompente. “Ti rendi conto che la Russia è finita? Che ci vorranno cent’anni per riprendersi? Un anno fa ti raccontavo di come Mosca fosse moderna, fantastica, tutto digitalizzato, funzionante, molto meglio di New York. Non più.” 


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(Un'immagine di Kyiv prima della guerra      foto da pixabay)


La interrogo su cosa pensa sia successo, dato che nessuno ha previsto le mosse di Putin in anticipo. So che non ha mai amato Putin, uno dei personaggi della sua galleria di “Dicks” (gioco di parole che combina il gergale “cazzo” con il diminutivo di Richard), come chiama gli uomini potenti, arroganti, macho, e autoritari. Il Dick principale è ovviamente Dick Cheney. Anche Nina non si spiega come Putin abbia potuto prendere una decisione così sbagliata come la guerra contro l’Ucraina. “Secondo me ha deciso all’ultimo momento. Si spiegano così forse gli errori tattici dell’esercito. È anche vero che i russi prendono sempre decisioni sul momento, ma qui c’è anche un grande errore strategico. Qualcosa si è rotto dentro di lui, e la responsabilità di questa rottura è degli Stati Uniti.” 

Qui la fermo perché vorrei capire di più e meglio. È colpa nostra dunque? “Non dico che quello che sta succedendo sia colpa degli Stati Uniti, la colpa è di Putin e basta. Quello che voglio dire è che Putin ha abboccato alla politica di Biden, che negli ultimi mesi lo ha provocato facendo la voce grossa quando bisognava invece de-escalare.” Per Nina il modello è la vecchia leadership sovietica, che non faceva mai il passo più lungo della gamba, che sapeva aspettare, e che assorbiva meglio gli insulti dell’occidente. 

“C’è un famoso episodio in cui Macmillan, non sapendo che Nikita Khrushchev era dietro di lui e poteva sentirlo, ne parlò sprezzantemente come basso, grasso e con gli occhi porcini. I russi sono sempre stati trattati così dai leader occidentali. Daje e daje (non le sue parole ma il senso era quello, ndr) a Putin si è rotto qualcosa dentro.” Mi viene subito da dirle che gli inglesi, soprattutto gli aristocratici come il primo ministro conservatore Harold Macmillan, nella mia stima non sono un modello di niente, ma sarei fuori tema. Invece assorbo la sua irritazione.


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(Nina Khrushcheva,  Professor of International Affairs alla New School in New York)


“Gli americani ci vogliono soggiogare, lo hanno sempre voluto. Con Putin ce l’hanno finalmente fatta provocandolo fino in fondo.” Anche tu, le chiedo, con la storia dell’espansione NATO? “Quella è una questione chiave. A Princeton, da studentessa, ero l’assistente di George Kennan (storico e diplomatico, teorico del contenimento durante la guerra fredda, morto nel 2005, ndr). Ancora conservo lo scambio di lettere tra lui e Strobe Talbott (vice Segretario di stato dal 1994 al 2001, ndr). Kennan parlava dell’allargamento della NATO come di un grave errore che avrebbe provocato la Russia, e Talbott gli rispondeva che ne avrebbero discusso. Non è mai successo, e ora siamo qui.”

È colpa della NATO se la Russia ha invaso l’Ucraina? “Assolutamente no, la colpa è di Putin. Ma è importante valutare come ci è arrivato. Secondo me lui voleva solo minacciare e farsi grande, ma quando Biden gli urlava che se avesse invaso l’Ucraina lo avrebbe punito senza tregua, lì c’è stato l’errore più grande. La diplomazia si fa a bassa voce, dietro le quinte.” 

Nina sta scrivendo un libro tra il biografico e il personale su Nikita e la sua conversazione è ricca di aneddoti interessanti e divertenti. Le viene in mente che Bruno Kreisky, socialdemocratico, ministro degli esteri austriaco dal 1959 al 1966, fu il tramite tra Khrushchev e Kennedy durante le trattative sulla limitazione delle armi strategiche. “A Khrushchev, Kreisky diceva: questo Kennedy è giovane, non sa molto. A Kennedy diceva: vieni a Vienna, avrai l’occasione di vincere la guerra fredda. Si fa così con leader di quel tipo, gli si dice quello che vogliono sentire.”

C’è rabbia e amarezza nelle parole di Nina, che conosce bene sia il mondo russo che quello americano. Non le piace che ci sia una mentalità così profondamente anti-russa negli Stati Uniti. Non pensa che Biden sia consigliato bene. “Chi è attorno a lui che si occupa di Ucraina? Victoria Nuland, sotto-Segretario di Stato per gli Affari Politici, grande sostenitrice della rivoluzione del 2014 in Ucraina, che si fece sorprendere a dire ‘ l’Europa vada a farsi fottere’ quando qualcuno sostenne che l’Europa non prendeva posizione ferma sulla questione. Poi c’è Jake Sullivan, consigliere della Sicurezza Nazionale, e Tony Blinken.” Tutti questi personaggi avrebbero in comune una certa conoscenza del mondo russo ma anche un inflessibile sciovinismo americano che non ammette il minimo disaccordo dalla linea di partito, come si usava dire.


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(Nikita Khrushchev batte la scarpa sul banco in un celebre discorso del '60 all'Onu)


Cerco di proporre argomenti critici, ma senza successo. Suggerisco che invece gli americani hanno anche dimostrato rispetto nei confronti dei russi, per esempio Obama parlò di resettare i rapporti con la Russia. “Che gaffe! Non ti ricordi che Hillary Clinton presentò a Lavrov una scatola gialla con un bottone rosso e una scritta che avrebbe dovuto leggere, “reset”? A parte l’errore del bottone rosso, che evoca infauste immagini di comandi strategici, sbagliarono anche la scritta.” Infatti la parola in russo, errata, si traduceva come “overcharge,” che vuol dire sia “sovraccarico” che “far pagare molto/troppo caro.” Ma non “reset.”

“A questo punto sono considerazioni che non contano molto, perché la guerra è cominciata, ed è disastrosa per gli ucraini soprattutto. Le armi atomiche però le ha usate solo l’America finora, organizzando un isolamento economico e politico della Russia che ha completamente distrutto il paese. Comunque vada a finire l’America ha vinto.” 

Possibile ipotizzare un cambiamento in Russia che parta dall’interno? “Non ci scommetto. Gli oligarchi non faranno nulla. Il sistema repressivo attorno a Putin sta vivendo la sua ora migliore. Ora la polizia ha mano libera, fa quello che ha sempre sognato di fare. Lo sai che fermano i ragazzi per strada, così a caso, si fanno consegnare il telefonino e controllano chi hai chiamato, chi ti ha chiamato, ecc.? Questo non è legale neanche in Russia. E che fai? Protesti? Ti piantano della droga in tasca e ti arrestano.” 

Nessuna di noi se la sente di avanzare alcuna ipotesi su come andrà a finire questa guerra.

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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