Albania - Kosovo 9) Da Peja alla Grande moschea di Prishtina

di LUISA PECE*

Partiti con comodo da Peja, ci siamo diretti verso un luogo sacro per i musulmani della zona, cioè la Tyrbja e Sulltan Muratit, la türbe (tomba) del Sultano ottomano Murad, ucciso in battaglia nel 1389. Il piccolo mausoleo dalla tipica architettura ottomana, all’interno di un giardino curatissimo, fu fatto erigere nel XIV secolo.


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Quando siamo arrivati, dopo una deviazione dalla via maestra, il luogo era deserto e temevamo di non poterlo visitare. I pannelli esplicativi all’esterno sono scritti in albanese e in turco, quindi non ho potuto ricavarne granché. Abbiamo girovagato attorno all’edificio, poi da dietro una tenda ondeggiante in una casa prospiciente il giardino è sbucata una donnina piccola piccola, con molti molti anni, fazzoletto d’ordinanza sulla testa e un grande sorriso un po’ “alternato”. Era accompagnata dall’altra custode, una signora di mezza età che un po’ in inglese un po’ in italiano ci ha gioiosamente informati che aveva vissuto a Merano. La deliziosa vecchina ci ha letteralmente preso per mano e, continuando a parlare in un pressoché incomprensibile bosniaco/turco/albanese, ci ha aperto il mausoleo, ci ha tenuto d’occhio mentre ci toglievamo le scarpe ed è stata con noi mentre, come in tutti i luoghi di culto che abbiamo visitato, rispettosamente tacevamo. L’atmosfera è molto mistica, ci sono pochi oggetti, un luogo di pace.


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Dopo qualche minuto di raccoglimento, siamo tornati nel giardino, la vecchina ci ha fatto capire che dovevamo aspettare lì, dopo un po’ è tornata con una scatolina di lokum e ha voluto a tutti i costi che ne prendessimo uno ciascuno perché, ci ha detto (con parole comprensibili e guardandoci con affetto) “voi due siete persone belle e buone”. Avremmo mai potuto rifiutare? E comunque è stato un bel momento.

Ripartiti contenti, abbiamo fatto una breve sosta al Monastero di Graçanica, serbo-ortodosso, eretto nel XIV secolo, Patrimonio dell’UNESCO. Circondato da un bel praticello alberato, era però chiuso. Ma una foto l’ho scattata, è un bell’edificio.


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E finalmente arriviamo a Prishtina, città strana, caotica, non proprio di mio gusto, palazzoni moderni e casupole, traffico.


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Decidiamo di fare una passeggiata per arrivare a sera lungo Bulevardi Nene Tereza, il vialone centrale pedonale. Vivacissimo, pieno di bambini che giravano con vetturette elettriche, venditori di zucchero filato, gente che chiacchierava. Ci siamo fermati da un caldarrostaio spendendo un euro (in Kosovo si paga in euro) per quello che in Italia avremmo pagato come minimo cinque euro. Abbiamo sostato in silenzio davanti alla statua di Madre Teresa, anche qui veneratissima.



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Continuando l’esplorazione, siamo arrivati davanti alla Grande Moschea, in pieno centro, all’interno di un grande cortile. Molti giovani, parecchi devoti. In una struttura esterna, tipo gazebo, tante fontanelle dove alcuni ragazzi facevano i lavacri prescritti. Abbiamo chiesto se potevo entrare per vedere l’interno e, dopo consultazioni varie, ho ottenuto il permesso di farlo, purché accompagnata da un uomo. Avendo i requisiti necessari, mi sono tolta le scarpe, sono entrata e mi sono accovacciata sul fondo, per non dare nell’occhio e non disturbare. Ovviamente non ho scattato foto. È piuttosto grande, con i consueti affreschi con le sure e grandi lampadari, tappeti ovunque. Mi sono sentita privilegiata, unica donna ammessa nell’orario riservato ai maschi.

Sempre passeggiando, abbiamo trovato una piazza con la statua di Ibrahim Rugova, Presidente del Kosovo dal 1992 al 2006. Noto come “il Gandhi dei Balcani” indossava sempre una sciarpa che, dichiarava, non si sarebbe tolto fino a che il Kosovo non avesse potuto essere completamente indipendente dall’oppressione serba.


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Dopo il lungo giro, siamo tornati al ristorante Liburnia (già apprezzato a pranzo), in cui cenò Hillary Clinton, come ci raccontava il cameriere autoproclamatosi cicerone. Il ristorante è molto carino, con cibo eccellente e un’atmosfera particolare. Porzioni come sempre non da uccellino – quello in foto è solo un accompagnamento al piatto principale, da cui mi sono saggiamente astenuta.

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E alla fine, ritirandoci in tempo per il coprifuoco, non poteva mancare un ottimo caffè turco, servito in una deliziosa tazzina.

 

LEGGI LA PRIMA PUNTATA        La laguna di Patok

LEGGI LA SECONDA PUNTATA   Il santuario di Kisha e Shen Ndout

LEGGI LA TERZA PUNTATA         Verso le faggete del Parco di Theth

LEGGI LA QUARTA PUNTATA      L'Occhio blu

LEGGI LA QUINTA PUNTATA       Le Torri e il Kanun

LEGGI LA SESTA PUNTATA         Da Theth a Scutari

LEGGI LA SETTIMA PUNTATA     Il lago Koman

LEGGI L'OTTAVA PUNTATA           Deçan e la gola di Rugova


*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)


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