Albania - Kosovo 3) Verso le faggete del Parco di Theth

testo e foto di LUISA PECE*

Lasciata Laç ci dirigiamo verso Theth - non è cosa per cuori deboli… Sono circa 150 km ma bisogna preventivare tre ore e mezzo/quattro di guida per arrivare. La strada è stretta, all’inizio asfaltata, senza possibilità di sorpasso. Devo dire che trattori e pullman si spostavano gentilmente sulla destra per fare passare auto e fuoristrada. Ovviamente, lo strapiombo era sempre dalla mia parte!

Si entra nel Parco Nazionale di Theth e la strada comincia a cambiare, la consiglierei a chi deve espellere un calcolo renale. Tuttavia, la bellezza del panorama circostante allevia un po’ la difficoltà del percorso. Cime brulle, alcune già innevate, boschi a perdita d’occhio, il cielo si era rasserenato, paesaggio da favola. Il parco è un’immensa faggeta che in questa stagione esplode in un foliage che non ha niente da invidiare al New England.


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Alcuni incontri ravvicinati hanno movimentato un po’ il viaggio – questo pastore in particolare aveva voglia di chiacchierare, cosa che è stata debitamente fatta. In linea di massima, tutte le persone che abbiamo incontrato lungo il cammino ci chiedevano dove andavamo, come stavamo, ci auguravano buon viaggio. Abitudini perdute di un tempo, lo straniero non si sente mai straniero in Albania.

A circa metà del tragitto, il cielo si è annebbiato, e faceva un freddo birichino ma, nel bel mezzo di niente…


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Abbiamo trovato una casettina in legno, molto carina, con delle panche fuori e tre quattro tavolini all’interno, dove alcuni operai stavano bevendo un tè, cosa che naturalmente abbiamo fatto anche noi, scambiando anche con loro quattro chiacchiere. Il çai mali era un po’ diverso da quello che troverete in città, aveva un gusto di menta e di fragolina, davvero squisito, e soprattutto caldo bollente


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Dopo di che, ci siamo rimessi in moto, arrivando in serata a Theth, un remotissimo villaggio con qualche casa tipo chalet, qualche guesthouse, un minuscolo minimarket, un bar-ristorante per i tantissimi biker e appassionati di trekking che qui trovano pane per i loro denti. All’albergo siamo stati accolti da un paio di folletti del luogo, del tutto incuranti della presenza umana.


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Uno dei pochi aspetti negativi del viaggio è stato l’incontro con moltissimi cani randagi, che attraversano le strade, a volte soli a volte in branco, quasi tutti chippati, questo sì, ma nondimeno un pericolo per automobilisti e motociclisti.


LEGGI LA PRIMA PUNTATA    La laguna di Patok

LEGGI LA SECONDA PUNTATA   Il santuario di Kisha e Shen Ndout


*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)


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