Albania-Kosovo 10) La grotta di Marmo

di LUISA PECE*

Partiti da Prishtina sotto una fastidiosa pioggerellina ci siamo diretti verso la Shpella e Gadimes, una grotta risalente al terziario nei pressi del paesino di Lipljan. La  grotta, detta anche Grotta di Marmo per le formazioni appunto marmoree che vi si trovano, fu scoperta per caso nel 1966 da un abitante del paese che stava effettuando uno scavo per ampliare la propria abitazione. È lunga circa 1200 metri (forse molto di più) ma solo 500 metri sono al momento percorribili. La temperatura all’interno è sui 13 gradi. Molto interessanti le concrezioni in aragonite, di vari colori. Alcune stalagmiti sono imponenti, formano dei pilastri che possono raggiungere anche i 5 metri di altezza.

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 (Foto di BB)

 

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(Foto di BB)

 

C’è poi un angolino, denominato sala di Romeo e Giulietta, dove una stalattite e una stalagmite sono perpendicolari l’una all’altra, ma non si incontrano. Mi ha messo una gran tristezza.

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(Foto di BB)

 

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(Foto di BB)

 

Finita la visita guidata alla grotta, sempre sotto una pioggerella incessante, abbiamo ripreso la strada per un luogo che mi ha emozionato tanto, il Santuario di Nostra Signora di Letniça. I Balcani Occidentali sono pervasi dalla devozione a Madre Teresa, e questo santuario riveste un interesse particolare, in quanto fu qui che, all’età di dodici anni, la santa sentì la “chiamata”.

Si parcheggia in basso poi si apre un grande cancello e dopo una piccola salita appare il santuario, ben tenuto, bianco candido. Non c’era nessuno oltre a noi due, sempre sotto la pioggia.

 

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L’interno è molto semplice, sull’altar maggiore la statua veneratissima della Madonna di Letniça. Come per Sant’Antonio, il luogo è sacro per tutti, cattolici, ortodossi, musulmani. Si dice che prima della costruzione del Santuario, nel secolo scorso, questa statua fosse semplicemente appoggiata ad un albero, ma nessuno si permetteva di asportarla o di portare via i tanti doni ed ex-voto che i fedeli le ponevano ai piedi.

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La statua di Madre Teresa non è un capolavoro, ma il luogo è veramente molto mistico, soprattutto per il silenzio e per la luce che, nonostante il tempo grigio, entrava dai finestroni. Accese le rituali candeline, abbiamo ripreso il cammino verso Prizren, occhieggiando lungo la strada le cime innevate dei  Monti Šar (Malet e Sharrit). In zona ci sono alcune piccole località sciistiche, come per esempio quella di Brezovica, all’interno del Parco Nazionale.

Dopo un piacevole viaggio, arriviamo a Prizren, deliziosa città kosovara in stile ottomano/veneziano, attraversata dal fiume Drini i Bardhë, con tanti ponticelli acciottolati (e scivolosissimi), stradine in salita, tanti negozi di sgargianti abiti da sera, e tanta gente in giro. Sulla città domina la Kalaja e Prizrenit, una imponente fortezza che fu prima illira, poi romana, e infine ottomana.

La chiesa serbo-ortodossa di Prizren, intitolata a Nostra Signora di Ljevis, è di epoca medievale e fa parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Purtroppo era chiusa, così come la grande moschea Sinan Pasha, molto imponente, con una scalinata e un portico, in pieno centro.

C’è poi la cattedrale cattolica, intitolata alla Madonna del Perpetuo Soccorso, dove siamo riusciti a entrare mentre finiva la Messa serale, con tantissima gente che sciamava fuori. Mentre uscivamo anche noi, mi ha colpito il viso di una suora che chiacchierava con una ragazza in albanese. Mi sono avvicinata, e al loro saluto ho risposto in italiano. La suora, ben felice, mi ha raccontato che era stata tanti anni a Cremona e che le piaceva tanto parlare in italiano. Un segno del destino?

Uno dei quartieri più pittoreschi di Prizren è Shatërvan, la città vecchia, con case coloratissime in stile ottomano.

In città si parlano tre lingue ufficiali: albanese, serbo e turco, un esempio di vivacissima multiculturalità.

Purtroppo era già buio e pioveva quindi non sono riuscita a scattare foto accettabili.

Dopo un giretto tra negozietti, ci siamo concessi una lauta cena prima di ritirarci nel rispetto del coprifuoco.

La mattina dopo, con comodo, abbiamo fatto un acquisto importante: qualche trancio di squisitissimo Pastirma, una specie di bresaola, carne di manzo essiccata all’aria, specialità della zona.

 

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Lungo la strada verso l’Albania ci siamo fermati in un cimitero del controverso UCK, molto vasto e abbastanza curato. Non mi interessava l’aspetto politico ma solo il cimitero in sé e per sé.

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Ed eccoci al confine. Il viaggio è finito. Shqipëri, të dua

(FINE)

 

LEGGI LA PRIMA PUNTATA        La laguna di Patok

LEGGI LA SECONDA PUNTATA   Il santuario di Kisha e Shen Ndout

LEGGI LA TERZA PUNTATA         Verso le faggete del Parco di Theth

LEGGI LA QUARTA PUNTATA      L'Occhio blu

LEGGI LA QUINTA PUNTATA       Le Torri e il Kanun

LEGGI LA SESTA PUNTATA         Da Theth a Scutari

LEGGI LA SETTIMA PUNTATA     Il lago Koman

LEGGI L'OTTAVA PUNTATA          Deçan e la gola di Rugova

LEGGI LA NONA PUNTATA     Da Peja a Prishtina


*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)


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