Peloponneso a Stoupa e Kardamili, la doppia faccia del Mani

di MANUELA CASSARA' e GIANNI VIVIANI*

Avevamo una casa vicino a Kardamili, Peloponneso: l’abbiamo amata per più di dieci anni, perciò potrei non essere imparziale.



Stoupa e Kardamili, nel Mani Messenico, a sud di Kalamata, sono separate da appena sei chilometri di costa.  Ho sempre pensato che la vera distanza fosse sociale, culturale persino. Semplificando:  “Nazionalpopolare” la prima e,  dio di sinistra perdonami, “radical chic” l'altra. Esiste tra le due una rivalità sussurrata, che  non credo sia partita dagli abitanti. Credo sia nata con noi turisti. Chi sceglie Kardamili non ci soggiornerebbe mai, a Stoupa. E, paradossalmente, proprio per via delle sue attrattive: quella baia riparata,  la spiaggia di sabbia affollata di sdraio, il mare poco profondo, un piacevole lungomare. Tutte cose che  Kardamili non ha e che non le servono.  Perché Kardamili  ha - aveva, visto che è morto nel 2011 - Patrick Leigh Fermor, lo scrittore. Sono bastati la sua fama e il suo libro  "MANI, viaggi nel Peloponneso" per generare un turismo acculturato, pacato. Gente che scarpina su per il Taygeto, che legge Omero sotto l’ombrellone, che sorseggia Chardonnay, che prova a sfoggiare due parole di greco quando ordina la cena. Gente col panama, vestita di lino, che anche in short e t-shirt sembra elegante. Metteteci pure che a Kardamili la spiaggia è di sassi, che il mare è profondo per cui le famiglie con ragazzini lo evitano, e capirete perché, al contrario di Stoupa, ha una frequentazione che tende al gerontofilo.

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(Il porticciolo di Kardamili)

Stoupa,  invece, aveva scelto di giocare al ribasso, di  puntare su una clientela da voli charter, di accogliere frotte di rumorose famigliole con prole, anziani in pensione, migliaia di esuli britannici, piccolo borghesi delle piovose Midland, che per seguire il sogno di un posto al sole si erano venduti tutto, riscattato i risparmi,  reciso i legami. Una  comunità  autoreferenziale, di residenti che ha  fatto prosperare il business immobiliare,  che si è radicata a Neohori e Leftko, diventati  suburbia di Stoupa,  in villette tutte uguali, in pietra, clonate sullo stile delle torri maniote.  Poi è arrivata la Brexit, poveri cristi. E dubito che l’abbiano  votata.   Oh bugger, avranno detto,  come dicono i figli d’Albione quando gli girano. E, avranno aggiunto,  ‘Thank you  Mr. Johnson!”  visti i risultati di quattro anni di tignose trattative con la UE, dopo aver scoperto che quella vita che si erano ricostruiti potranno godersela solo al 50%: massimo sei mesi l’anno e  in due tranche di non più di tre mesi. Di conseguenza: “F.ck you Mr. Johnson,  e mo’ che facciamo in quegli altri sei mesi, dato che non abbiamo più una casa, a casa?” Vite da ripensare, sogni da abbandonare: non deve essere indolore. Dispiace  per loro.


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(Stoupa beach)


Sul piano commerciale le differenze tra le due erano da subito evidenti, almeno per me. E la colpa, nel caso di Kardamili, era ancora di Fermor.  Del suo entourage. Per la precisione di Lela, per anni la  sua governante.  I maligni dicono fosse pure qualche cosina di più.  Diventata in età avanzata una versione minuta e raggrinzita di Irene Papas,  tutti la ricordano come un’istituzione. Da Fermor deve aver assimilato quel  gusto inglese aristocratico per le cose un po' delabré. Lela, di suo,  ci aveva messo un acuto fiuto per gli affari, poi trasmesso ai figli, Stavros e Yorgos. Lei si era accaparrata la  migliore posizione  fronte mare del paese, per l'omonima Taverna affacciata sul tramonto e adagiata sugli scogli. Tavolini arrugginiti, sedie impagliate, colori pastello. Deve esser costata poco e aver fruttato una fortuna.  Con quella,  Stavros ha aperto una delizia che si chiama Elies, una tavernetta sul finire della spiaggia, stesso gusto  rustico, quel tanto che fa elegante, di un fascino semplice, che  commuove.  Yorgos,  preso nota che l' hotelleria locale non accoglieva con il dovuto charme il turismo ricercato che si era presentato,  aveva  sopperito alla carenza aprendo il Notos Hotel, sovrastante la trattoria del fratello e la spiaggia di Ritsa.  Ma sì, perché prima di quell' imprinting appunto “radical chic”  Kardamili effettivamente ci assomigliava, a Stoupa. Lo stesso gusto contadino, quello che, ovunque,  spinge ristoratori e albergatori improvvisati a tirare a lucido il legno con l’odioso coppale, a propendere per un’ illuminazione da interrogatorio, ad arredare con  mobili sgraziati, resistenti all’usura.


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(Lela' s Tavern)


Io  mi sono  sentita da subito  kardamilese:  sospetto di aver persino coniato il termine perché non lo trovo da nessuna parte.  In quanto tale  mi ero doverosamente  sorbita il libro di Fermor, e l' avevo trovato,  intellettuali fate finta di non aver letto,  pure un pochino pesante e pedante.  Ciò nonostante mi sbracciavo per indicarne la dimora,  seminascosta tra i cipressi di Kalamitsi, davanti a quel  mare di un turchese abbagliante, che stupiva ogni volta anche me. Non che ci avessi mai messo piede a casa di Paddy, come si faceva chiamare da chi lo conosceva, almeno mentre era in vita. Ma dopo la sua morte  ci ero stata. Un posto  intimo, sereno, affascinante. Nel 1996 Fermor  l'aveva donata al Museo Benaki di Atene, con  il desiderio che  potesse continuare ad ospitare artisti e intellettuali in cerca d' ispirazione.  Oggi, dopo la ristrutturazione, è possibile non solo visitarla, ma  affittarla: tutta, in parte o solo le  singole stanze, come un qualsiasi albergo  (www.ariahotels.com).  Un modo come un altro per recuperare le spese, immagino.


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(Ritza beach a Kardamili)

Poi datemi pure della mitomane,  ma ho sempre considerato la  scelta di Bruce Chatwin, scrittore, viaggiatore e uomo di mondo, di fare disperdere le sue ceneri nei paraggi, come un certificato di eccellenza, una specie di attestato di benemerenza verso Kardamili.

Per ribadire, fedele alla mia discutibile tesi iniziale, aggiungo il Kardamili Jazz Festival; evento che si ripete a Maggio; salvo gli ultimi due. Quello del 2020  saltato causa Covid,  quello del ‘21 spostato a Ottobre.  Tutta la sonnacchiosa cittadina, ogni  piazzetta, pontile,   baretto,  giardinetto, ristorante o cortile prendono vita al ritmo di un calendario  di volta in volta più qualificato. Una mano santa per gli esercenti  ansiosi di fare ripartire la stagione.



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(Bazaar a Stoupa)


E Stoupa, invece? Povera Stoupa.  Dotata da madre natura di una location privilegiata, era nata come villaggio di pescatori. Poi deve essere arrivato qualche tour operator-talent scout ed è partita la reazione a catena, la proliferazione di alberghetti e pensioni a conduzione familiare.  Nei miei pezzi precedenti, sempre su foglieviaggi, credo di aver già raccontato quello che c’era da raccontare sulla storia e i punti di forza di queste due località. Quindi mi limito ad aggiornarvi sulle evoluzioni delle rispettive situazioni. Sulle  migliorie e sui massacri. Come quello toccato alla spiaggia di Kalogria, che ha cambiato faccia ed è diventata finta come una bellona siliconata. 

Da un’estate all’altra, quattro anni fa, quel piccolo gioiello unico e caraibico è stato  fagocitato da file di mega ombrelloni, che dall’alto sembrano un unico enorme telone bianco dove anche i raggi del sole fanno fatica a infiltrarsi, come le persone a farsi strada tra lettini inamovibili. Affittati, per di più, a prezzi da Costa Smeralda. Trovare un parcheggio richiede riti scaramantici. Un paradiso perduto e sacrificato al dio denaro, ucciso dal benessere, dalla folla di giovani hipster palestrati, dai posaceneri ricolmi di cicche, dalle plastiche dei bicchieroni di cafè frappè abbandonati tra la sabbia. Della decantata casetta di Nikos Kazantzakis, l'autore del romanzo “Zorba  il Greco”, posso solo dire che c’è ancora, monumento a giorni più veri, e la si può affittare su Airbnb.  Un certo Tim  le dà una rimbiancata ogni tanto,  ci ha messo  l’aria condizionata, qualche mobile dell’Ikea  e  chiede  €82 a notte per il privilegio.


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(La villa rifatta sul molo di Kardamili)


Ma le differenze di stile di cui in apertura, ci sono ancora? Più scrivo, più mi accorgo quanto, in fondo, Stoupa e Kardamili siano nate  ovviamente dalla stessa matrice, che le aveva messe sulla stessa mappa del turismo di  budget. Col tempo si sono radicate le distanze a cui accennavo. Oggi, pur intravedendo le Convergenze Parallele dettate dal consumo, mi sento di fare pronostici, come prima mi sentivo sfacciatamente di trinciare giudizi. Sicuramente una conserverà il target famiglie con prole; l’altra potrebbe  distanziarla di una lunghezza. Sono certa che aumentaranno le differenze di costi. Sebbene Kardamili sia rimasta kardamilosa, dopo tre anni di assenza mi sembra  meno elegante. È cambiato il tipo di turismo. Che è diventato più ricco  ma pure un po’ cafone.



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(Spiaggetta segreta a Stoupa)


Sono arrivati i  Greci facoltosi, che hanno la grana e ci tengono ad ostentarla, a cui piace vestire vistoso e mangiare ricercato. Me lo ha confermato una giovane artista greca incontrata qualche giorno fa. Con dei sassi stava creando un ricercato mosaico all’entrata di una villa. Era amareggiata ma anche rassegnata. "Sono Ateniesi. Non potendo andare a Mikonos o Santorini per il Covid, l’anno scorso hanno scoperto Kardamili e sono tornati”. E il mercato, come si dice, si è adeguato. I Greci hanno rimpiazzato gli Inglesi bon ton, che sono diventati pochi, vuoi per la Brexit vuoi per il Covid,  i Francesi che non sono mai stati tanti,  gli Italiani che si sono sempre contati sulle dita.  Resistono  Tedeschi e Scandinavi, i primi ad arrivare, gli ultimi ad andarsene.  Per far fronte ai nuovi bisogni di nicchia si è aggiunto un albergo pretenzioso, il Diapori Suites, e il nome la dice lunga sul target. Sovrasta il fotogenico  porticciolo sul cui molo, spariti i ruderi della vecchia dogana,  fa la sua  figura la villa ristrutturata al suo posto, senza badare a spese, da un greco-francese. Siamo andati a dare un’occhiata, è bella ma esagerata. Da una vetrata s'intravedono una sedia e una scrivania di cristallo. Viene da dire  “auguri” in caso di mareggiate.


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(Una boutique a Kardamili)

Per fortuna Elies è rimasta il delizioso posto di sempre, fa solo pagare due euro in più i lettini che una volta dava gratis e che oggi ne costano €7, ma che rimangono  distanziati. Yorgos, ereditata la Taverna da Lela, quest’anno ha abbandonato gli stifados di mammà per offrire intriganti piatti creativi. “E’ diventato gourmet” mi ha detto un’amica facendo boccuccia, dispiaciuta come altri puristi che vedono, nella svolta, una perdita dell’anima più genuina del Mani. Che è esattamente quello che sta succedendo. Ma questo è il trend, bellezza. E la pandemia ha fatto da acceleratore.

Ho notato almeno tre dei ristoranti tipici languire, per non dire agonizzare,  perché  non hanno saputo rinnovarsi; mentre chi l’ha fatto, prospera. Come Tikla, che da cocktail bar fronte mare si è evoluto in un locale alla moda dal menù davvero raffinato. Ha saputo invece resistere, dietro l’angolo,  il  beer bar 1866,  un piccolo e simpatico localino per gli intenditori del luppolo, che non sono affatto una razza in estinzione. Psaltiras, sulla “main” come si direbbe in America, nato come rivendita  del suo ottimo olio  e di qualche selezionata bottiglia di vino, si è convertito in wine bar con degustazione di formaggi locali; Lola Frozen Yogurth ha  cambiato di posto, senza perdere quella sua atmosfera graziosa e gentile da “giardino segreto”. La titolare, Tenia,  dal nome che forse solo io trovo spiacevolmente evocativo, ha  realizzato il sogno di aprire Pizza Manina, una pizzeria  “italian style”  che fosse proprio autentica, classica nella lavorazione e verace negli ingredienti. Una di queste sere controlleremo.


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(Stoupa)


 La gara per apparire, per  distinguersi è stata contagiosa. Meno che per le boutique, cresciute nel numero ma omologate nei contenuti,  adeguati ai gusti cafoncelli dei nuovi ricchi. Hanno perso quello chic da boutique povera ma bella che le contraddistingueva una volta, quando  entravi e trovavi  solo pochi capi appesi e buona fortuna per trovarne uno della tua taglia. Quella in vendita era assolutamente casuale.

Negli anni che avevamo la casa - l’abbiamo venduta nel 2017 -  quando sentivamo il bisogno di un po’ di vita ci facevamo un  giro a Stoupa, perché Stoupa  faceva subito allegria, subito vacanza. C’erano quei  bazaar colorati, tipo Katerina’s Market, dove si trovava e si trova di tutto. Templi del kitsch, la quantità a favore della qualità, dal pareo alla ciabatta, dal prendisole al giocattolo, dal cappellino al souvenir al gelato confezionato, tutto accatastato a casaccio. Non si usciva mai a mani vuote da quei negozietti, mi facevano nostalgia e mi ricordavano quelli dei nostri paesotti  vacanzieri negli anni ’70.  Sono tutti ancora lì.


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(Tikla)


Ma anche  Stoupa, visti  i tempora e quindi anche i mores che stanno cambiando,  si  sta evolvendo con qualche new entry e qualche restyling,  per  cercare di darsi un tono.  Senza strafare. L’aperitivo con vista  più modaiolo non lo si prende più sulla passeggiata ma da Enigma; dove non te lo regalano, costa €8 come da Cova a Milano e con la scusa del Covid è accompagnato solo da un unico e pure piccolo pacchetto di noccioline, però i cocktail sono di taglia extra large. Di apericena per fortuna ancora non se ne parla da nessuna parte,  e dubito se ne parlerà mai.

Per  attenuare il picco glicemico ci si sposta perciò nell’adiacente Liastres, piacevolmente defilato sopra un' insospettabile spiaggetta; non esagera con l’ innovazione ma serve  piatti veraci e gustosi in porzioni monofamigliari. Poco più in là c’è Stoupa, e dato che siamo a Stoupa potevano almeno sforzarsi nel trovare un  altro nome, però si  sono impegnati nel menù; che è innovativo con gusto. Al contrario di Kardamili, dove i locali più vecchi soffrono e nei più dimessi ci vanno solo gli abitanti a bere un caffè, o a farsi un souvlaki con chiacchiera, almeno qui quelli storici come Melissa, Dionisio, To Steki,  Akrogiali,  aperti tutto l’anno, da sempre frequentati dagli expat, resistono duri e puri, proprio grazie a loro. Bisognerà vedere cosa succederà con l’inverno e con il post Brexit. Molti bar durante il lockdown hanno approfittato per rifarsi il look e attraggono il pubblico di sempre, soprattutto ragazzotti del posto, nullafacenti.  Nelle retrovie, nuove pensioni sono in costruzione. Tutto sommato un segno incoraggiante.


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(Dalla piscina)

Noi che siamo tornati,  questa volta  a Stoupa, ospiti di un caro amico che ha affittato una villa in quel di Neohori (cercare Zerveas Villas,  conviene) dalla tranquillità della nostra piscina, dall'alto della nostra posizione panoramica,  ci  siamo goduti, per 10 giorni,  il meglio di queste due realtà. Da ex kardamilese campanilista sfegatata devo riconoscere che Stoupa non è per niente, ma per niente, male. E poi, insomma, Kardamili dista solo 6 chilometri.



*MANUELA CASSARA’  (Roma 1949, giornalista, ha lavorato unicamente nella moda, scrivendo per settimanali di settore e mensili femminili, per poi dedicarsi al marketing, alla comunicazione e all’ immagine per alcuni importanti marchi. Giramondo fin da ragazza, ama raccontare le sue impressioni e ricordi agli amici e sui social. Sposata con Giovanni Viviani, sui viaggi si sono trovati. Ma in verità  anche sul resto)

*GIANNI VIVIANI (Milano 1948, fotografo, nato e cresciuto professionalmente con le testate del Gruppo Condè Nast ha documentato con i suoi still life i prodotti di molte griffe del Made in Italy. Negli ultimi anni ha curato l’immagine per il marchio Fiorucci. Ha anche lavorato, come ritrattista, per l’Europeo, Vanity Fair e il Venerdì di Repubblica. La sua passione più recente sono le foto di viaggio)




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