Guida turistica al purgatorio / 2 - Strada o fiume?

di PAOLO BIROLINI


E dunque prima di percorrerla dovete guardarla. Mettetevi al centro del ponte e guardatela per tutta la sua lunghezza. E’ nata sul fiume? Col fiume e le paludi ci ha convissuto a lungo, ma credo sia lei stessa un fiume. Dalla riva sinistra si risale lungo strade che al momento giusto (domeniche, feste, temporali) diventano affluenti e portano tumulti di acque e persone. Le acque un po’ scorrono e un po’ ristagnano e fanno acquitrini sul lato destro: paludi e case popolari, che è uguale.

Però, con le dovute cautele, state al centro del ponte e guardatela, la Stadera. Ha vissuto decine di modifiche, non solo per l’ampiezza o per la viabilità, ma anche per il fondo stradale.

Negli anni ’60 pare fosse una bella strada alberata, famosa per i platani che la costeggiavano e facevano ombra ai caffè e alle botteghe volanti, nel senso delle bancarelle. Poi i platani furono tagliati tutti e la strada allargata, (era pur sempre l’avvio della strada per le Puglie), creando il più formidabile fenomeno di imbottigliamento di tutta la città. Alla fine della Stadera c’era, e c’è, un bivio. A destra si va a via Botteghelle, alle paludi trasformate in orti, ai paesi dai nomi strani e dalle parlate esotiche; dritti si prosegue sulla via delle Puglie vera e propria. E dunque nella stessa larghezza della Stadera si ricavano due strade strette la metà, solo che a via Botteghelle non ci va nessuno, se non qualche indigeno dei paesi strani in fuga temporanea, tutti vanno su via delle Puglie. In mezzo un convento: catechismo, guano di galline, suore sudate. Ma questa è un’altra storia, ci arriveremo.

La strada, agli inizi del secolo scorso, cominciò forse ad essere considerata parte delle strade cittadine e perciò fu tutta pavimentata con basoli. Sapete cosa sono? Ne parla persino la Treccani per l’origine vulcanica del materiale e la diffusione sulle strade napoletane. E sapete pure chi chiamarono a realizzarla? Immagino di no. Una ditta di scalpellini girovaghi di Bergamo, nella quale lavorava un ragazzino fuggito di casa col fratello, perché rimasti orfani troppo presto ed in dissidio col patrigno: insomma ci lavorava mio nonno.

Aveva 13 o 14 anni. Sistemava basoli e li scalpellava per renderli meno sdrucciolevoli durante la stagione delle piogge. Lavorava, mangiava, beveva, dormiva in baracche improvvisate. Trovò il tempo di conoscere mia nonna, una salernitana emigrata nel quartiere, e nonostante i linguaggi decisamente inconciliabili si innamorarono. Poi lui partì per la guerra, era un ragazzo del ’99, ma si salvò e tornò e la sposò e si trasferì sulla strada che aveva pavimentato e mi lasciò nome e cognome.

Poi la pavimentazione cambiò più volte, la viabilità pure. Dai basoli ai cubetti di porfido, dalle bestemmie per gli slittamenti dei carrettieri a quelle per le buche, dai cubetti di porfido all’asfalto, (ma sempre con le buche). E poi prima una bella strada col basolato e gli alberi e grandi marciapiedi, poi una grande strada con marciapiedi piccoli, poi spartitraffico centrale, poi corsia preferenziale centrale e corsie laterali strettissime, semafori pedonali inutili ogni cento metri, poi la preparazione al tram, l’arrivo del tram, la morte del tram.

Ora però spostatevi a sinistra che da lì si comincia.

Uscendo dal ponte non si percorre mai il lato destro. Si cammina solo a sinistra, vai a capire perché. Eppure, non c’è niente a sinistra, solo i contrafforti del ponte, il supporto ai treni che vengono da Roma. Si, perché chi viene da Roma, (dico Roma perché all’epoca per me era il massimo del viaggio immaginabile, neanche sapevo che esistevano posti come Firenze o Milano, figuriamoci Bologna…), la prima città che vede è il Purgatorio a Poggioreale, la parte alta, quella dove nascono le lave, quella con giardini impensabili e alveari post-terremoto, torrette spezzate, campi di calcio improvvisati, anfratti ricavati dai desideri erotici dei locali, luoghi di tradimenti o nascondiglio di fuochi d’artificio illegali. Un tempo persino sigarette. Insomma, quando verrete da queste parti, se ci verrete in treno, avrete una specie di immagine da Google map anticipata, un abstract del quartiere.

Ma non divaghiamo, ormai nel quartiere ci siete. A sinistra non c’è niente eppure camminerete a sinistra. Ma non è una metafora.

 
(2 / continua)


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