Albania-Kosovo / Deçan e la Gola di Rugova

di LUISA PECE*

Lasciata con un po’ di rimpianto Valbona, dopo un viaggio tranquillo entriamo in Kosovo.

La prima sosta è nel centro di Deçan, una cittadina di medie dimensioni a 500 metri di altitudine. Il primo impatto è stato divertente. Avevamo sete, quindi ci siamo diretti verso un grande spazio all’aperto antistante un bel bar. Poi ci siamo accorti di un particolare. Io ero l’unica donna presente. Praticamente non avevo rivali!

A poca distanza sorge il meraviglioso monastero ortodosso di Deçan, che fa parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO. L’ingresso è sorvegliato da militari del KFOR, ma non abbiamo avuto problemi per entrare. Oltrepassato il voltone d’ingresso, al visitatore si apre un luogo che ispira pace e serenità.

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La chiesa risale al XIV secolo, vi si ritrovano gotico, romanico e bizantino, l’esterno è ben tenuto, con lastre alternate di marmo rosa e bianco.

L’interno è completamente affrescato con episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, vite dei Santi e un interessantissimo albero genealogico, la dinastia di Iesse, padre di Re Davide.

La cupola che si vede nella foto è alta 26 metri, anch’essa totalmente affrescata.


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(foto di BB)


Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un monaco ortodosso che aveva passato diversi anni in Italia e ci ha accompagnato nella visita di questo tripudio di affreschi, con colori molto belli, tra cui un rosso molto particolare, e

 

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(foto di BB)


due immagini del Cristo Pantocratore, imponente e magnetico

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(Foto di BB)


Un’altra figura interessante, insolita, è il Cristo ritratto con la spada, con la quale taglia via i peccati

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(Foto di BB)


Alla fine della visita, il monaco ci ha benedetti, tracciandoci con l’olio santo una croce sulla fronte. Così “protetti” abbiamo intrapreso la strada verso la Gola di Rugova, un percorso spettacolare che si snoda fra le montagne, creando un lungo canyon dalle pareti a picco, da dove si intravedono cascate e picchi montuosi. Un’avventura nell’avventura. A metà strada ci siamo fermati per mangiare un boccone. Ed ecco a voi il piatto unico con annessa squisitissima zuppa.

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Fatta un po’ di spesa nei banchetti vicini al ristorante (noci, mele cotogne, miele, formaggio) siamo ripartiti verso Peja respirando un’aria fresca e frizzante, immersi in una meravigliosa nuvola che purtroppo copriva le cime, qui parecchio alte.

Superati i passi, abbiamo cominciato la discesa verso Peja senza grosse difficoltà – una strada di montagna sinuosa e affascinante, soprattutto per una nebbiolina che ci ha accompagnato per tutto il viaggio, fino al Patriarcato di Peç, altro sito patrimonio dell’UNESCO, luogo di culto della Chiesa ortodossa serba, risalente anch’esso al XIV secolo, forse il più antico tra i monasteri ortodossi del Kosovo. Si entra in un giardino dove regna il silenzio e ci si imbatte in un albero classificato come monumento nazionale, con una base amplissima che necessita di sostegno.


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L’esterno dell’edificio sacro è di un bellissimo rosso vivo, forse bisognoso di qualche restauro.



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Il complesso era deserto, tutte le entrate chiuse, quando da una porticina è sbucata una monaca con in mano una grande chiave, e ci ha aperto il portoncino principale. 


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(Foto di BB)

L’interno, solcato da tappeti rossi, è sontuoso, copiosamente affrescato, pieno di anfratti e ospita le tombe dei patriarchi serbi ortodossi. 

Intanto la monaca, munita di bottiglia rigorosamente di plastica, riempiva di olio tutti i lumini della chiesa e li accendeva uno a uno, uno scenario suggestivo e mistico.  Alcune foto serviranno a illustrare la meraviglia di questo luogo.

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(Foto di BB)

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(foto di BB)

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 (Foto di BB)


Dopo aver acceso le rituali candeline gialle e sottili (all’esterno della chiesa, in una teca apposita) per impetrare la solita grazia, ci siamo diretti verso Peja, una cittadina con poco meno di 50.000 abitanti, graziosa e ordinata, con due viali pedonali pieni di gente e un bazar ricostruito com’era dopo la guerra del Kosovo. C’era il coprifuoco alle 22 (in Kosovo si vedono molte più mascherine che in Albania…) quindi dopo una lauta cena kosovara in un ristorante dalle pareti piene di cimeli, foto, strumenti musicali antichi, tessuti, eccetera, abbiamo dichiarato terminata la giornata.

  


LEGGI LA PRIMA PUNTATA         La laguna di Patok

LEGGI LA SECONDA PUNTATA    Il santuario di Kisha e Shen Ndout

LEGGI LA TERZA PUNTATA          Verso le faggete del Parco di Theth

LEGGI LA QUARTA PUNTATA       L'Occhio blu

LEGGI LA QUINTA PUNTATA        Le Torri e il Kanun

LEGGI LA SESTA PUNTATA          Da Theth a Scutari

LEGG LA SETTIMA PUNTATA      Il lago Koman


*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)


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