VIAGGI DI VERSI / Quei racconti senza pudore, fra distruzione e vitalità

Foglieviaggi ospiterà da oggi una rubrica sulle esperienze poetiche


di PAOLO BIROLINI*


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Amore e Morte

Autore: Moira Egan

Traduzione: Damiano Abeni

Edizioni Tlon


C’è già un destino nel nome del poeta. Cloto, Lachesi o Atropo? Quale Moira sarà la Egan? C’è già un intento esplicito nel titolo: Amore e morte. Un indice didascalico: Amore – Morte – Sesso – Filosofia – Poesia.

Poi in realtà è il sesso a prevalere in tutta la raccolta, indipendentemente dal titolo dell’indice a cui fa capo, con questi versi in apertura che potrebbero invece chiudere il libro e suonare da ammonimento, una sorta di lettera a giovani poeti:




Ripensandoci, presupponevo amore,

credo. Quantomeno, sentivo un soffio di morte

 ogni volta che lei se ne andava. La sua teoria: il sesso

è l’unica via verso la verità. Filosofia,

religione, fisica – gli altri

percorsi tradizionali – tutto sbagliato. Solo la poesia

ci andava vicino, ma chi riesce a vivere di poesia?



Poi parte una lunga passeggiata, un viaggio permanente dove gli incontri fanno la differenza, non i luoghi. Dove pure le “schede botaniche” hanno una fisicità sensuale, che sia un fico d’india o l’alloro o i fiori bianchi della luna. Così pure atteso, al centro della sezione denominata Morte, appare il padre e la sua perdita, i pochi ricordi riavviati con l’ausilio della madre, le immagini della visita alla salma:



Per quanto voglia avvolgere

il corpo ossuto tra le braccia,

abbracciarlo un’altra volta, per tutte

le volte che mi ha abbracciato lui  (…)

mi trattengo,

mi chino soltanto a baciarlo,

una perfetta impronta di rossetto vicino alle sue labbra.

Chiedo agli uomini che lo seppelliscano così.



Scrivere versi senza pudore”. Così si chiude la bella prefazione al libro di Melissa Panarello. E senza pudore, non a caso, sono i sonetti scritti sul tovagliolino di un pub ancora in viaggio:



Come una sacerdotessa vudù, cerco soltanto

di mostrare i muscoli mistici, per sottomettere

un uomo in ogni porto che mi sappia riconoscere,

sapendo che ci separeremo senza un pianto.



Ogni volta è un godere e un ripulirsi e un nuovo cercare. Il dubbio cavalca le parole. Desiderio di distruzione e del senso o vitalità cercata, brulicare continuo della vita? Volontà di mettere ordine nella dissipazione (con l’indice didascalico, ad esempio) o di raccontarla? Di mostrarsi e mostrare?



La notte scorsa, svegliatami, scossa, volevo sesso.

Non sapevo bene dove mi trovavo, né perché

non ero nel mio letto. Lui, perplesso

per la mia confusione, mi ha calmato con il sesso.



Ho cercato vicinanze nel libro, infine. E oltre a richiami, più o meno espliciti, ad autori amati, ho trovato quella che per me è una Madeleine ricorrente: il glicine. E l’ho ritrovata proprio nella forma che davamo alla Wisteria nella nostra infanzia. La mano della Madonna, lo chiamavamo, e lo mangiavamo come in un esercizio sacro di unione con la divinità. Anche la Egan assaggia quella pianta iniziatica e ne fa la poesia più bella ed evidente di tutta questa raccolta:



Non è triste che le cose

non serbino mai il sapore dell’infanzia?

È così pensoso in quel momento

che vorrei quasi che il wist

della Wisteria

avesse davvero a che fare con quel dolente desiderio, con la nostalgia.

Ma no, per quanto lo potresti pensare

di questi fiori, delicati,

pallidi, non è mai così semplice.

Perché il rimpianto pare tanto

romantico, mentre è solo nocivo?



* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo ha fatto il Dirigente d'azienda e ha mantenuto quello furbo, che prova a fare il poeta) 

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