Vedi Bruxelles e poi ... ci ritorni

di GIGI SPINA* 

Lo so che il Direttore penserà: “Noi abbiamo fior di foglieviaggiatrici, come Giulia Gigante, che hanno scritto di Bruxelles per conoscenza comprovata e mò arriva il Professore, tomo tomo, cacchio cacchio; ma chi crede di essere?”.

Giusto, solo che io, come Bakshi/Sellers in Hollywood Party “non credo di essere, io so di essere” e infatti non voglio parlare di Bruxelles, ma di me a Bruxelles, per la seconda volta.

La prima fu per un convegno di retorica alla ULB, nel 2013. Parlai della tematica del menacer e mi applaudirono anche. Vidi poco della città, perché in occasione di un convegno si vede poco.


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Ora ci siamo tornati a trovare il figlio che studia alla ULB per il master, dopo esserci stato qualche mese per un tirocinio. Quindi una guida ormai esperta. Uno di quella generazione fra 20 e 30 anni che in Europa si sente a casa e non ne potrebbe più fare a meno, sia che lavori, studi, studi e lavori, cerchi un futuro, voglia capire come è fatto un mondo meno provinciale. Un’Europa Next-Gen che avrà bisogno di continui lavori di manutenzione.



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Ma, oltre ai motivi strettamente familiari, avevo due obiettivi: rivedere (e rifotografare) le sirene raffigurate sul soffitto d’ingresso di Rue Ravenstein 36, Palais des Generali Real Estate Investiment, un incredibile affresco di città marinare e sirene. Il secondo motivo era comprare il dvd in lingua originale, con sottotitoli, di Toto le héros (1991), uno dei quattro film di Jaco Van Dormael, amatissimo regista belga. Poi, se avessi trovato anche J’arrive, il documentario su Jacques Brel, avrei chiesto la cittadinanza. Infatti, sono tornato  in Italia solo perché il documentario non è ancora uscito.

Ma le sirene sì, c’erano ancora, sempre protette da un monumentale portone (soprattutto se uno ci va in ore serali) e le ho riviste attraverso i vetri con gran piacere, pensando con gratitudine a una cara amica greca, Natalia Agapiou, che me le aveva indicate. Per chi non mi credesse, ecco la foto di allora e quella attuale.


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E anche il dvd l’ho trovato, in uno dei tanti negozi di musica, libri e film, vicino alla Grand Place. E vicino a una mostra di cui sapevo, dedicata a un altro mito della giovinezza, Louis De Funés.


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Ma finalmente ho potuto girare un po’ per Bruxelles, cogliendo l’inatteso o lo strano: il periodo non è fra i più rosei, il Covid non dà tregua, i controlli ci sono, ma c’è anche tanta circolazione disinvolta, forse consapevole, forse no, e non mancano manifestazioni no-vax anche virulente. Quindi è un girare turistico accorto, in luoghi frequentati e meno, soprattutto nei parchi, dove davvero per poco il cor non si spaura, e non solo per il gracchiare dei corvi. Il foliage si esibisce senza ritegno,



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lasciando spazio anche ad ammassi rocciosi cui forniscono il colorato pavimento.



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E se, dopo aver a lungo camminato e dopo aver gustato a sufficienza cibi belgi, si vuole provare a sognare le vacanze greche, ecco un ristorantino che sembra fatto apposta per me: una Ouzerie dove il polpo alla griglia è cucinato alla perfezione e il bicchierino di Ouzo  "è la morte sua".


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I parchi, però, non sono solo foliage, sono storia e statue, come quella di Ernest Solvay, pensoso come tutti gli inventori e innovatori;


 

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e sono anche cibo a volo, per figli unici e non, un marchio che fa venir voglia di cantare Pascalino tu Pascalino tu Pascalino tu …


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Così come suscita pensieri complessi il negozio di cui ho fotografato la vetrina, al 77 di Rue Haute; pensieri di legno, forse, ma ben modellati.


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Abbiamo goduto, durante il nostro soggiorno, della protezione vigile del Generale Montgomery, che dalla sua postazione si godeva lo spettacolo della promessa di una fine 2021 (si spera) serena.

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Sì, perché a Bruxelles se ne vedono, in genere di tutti i colori, specialmente a Place Flagey.

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Ma basta prendere uno dei tanti possibili mezzi di trasporto (almeno tram e metro), per essere richiamati ai minimi doveri di civiltà,


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per cui si può partire meno patriottici e per nulla sovranisti, perché davvero ….


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*GIGI SPINA (Salerno, 1946, è stato professore di Filologia Classica alla università Federico II di Napoli. Pratica jazz e tennis. Gli piace pensare e scrivere, mescolando passato e presente)   


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