UNA VITA IN BICI - “Metti la ruota fuori dalla porta di casa”, poi il giro del mondo viene da sé

di PAOLO BELLINO*

Qualche tempo fa, ed esattamente un paio d'anni prima di compiere cinquant'anni, mi venne in mente che paradossalmente almeno mezzo secolo avrei potuto farlo. Non ricordo in che situazione fossi, forse al lavoro o forse in bici (credo in bici, conoscendomi), però ricordo con esattezza che questo pensiero, derivante da niente, mi saltò addosso come un cane disturbato mentre sta mangiando.

Il pensiero successivo, passato lo stupore, lo ricordo se possibile con maggiore esattezza: “E quindi come faccio festa?”: perché cari tutti di festa si tratta, sei sostanzialmente ancora integro (mi manca solo mezza falange sul medio sinistro), hai una presbiopia tutto sommato lieve ma sei abituato alla visione interpretativa dopo una quarantina scarsa d'anni di miopia, non ti sei fatto mancare niente arresti compresi e ministri di ogni governo incazzati con te, hai sempre mantenuto però la linea etica di base: il debole va aiutato e il forte come minimo guardato con sospetto. Te la stai cavando niente male, hai pure fatto la tua parte per far nascere due figlie e -sorpresa- ancora non ti hanno mandato affanculo. 

Come fai a non festeggiare uno così? Soprattutto se sei TU.

Lo festeggi, il mezzo secolo. Lo festeggi in viaggio, ovviamente. Dove vado stavolta?

“Giro del mondo”.

Ora, ho diversi modi di viaggiare e nessuno di questi prevede la macchina, neanche nel quotidiano. Dei principali uno è la barca e l'altro è la bici. La bici negli ultimi vent'anni mi ha un po' preso la mano e ho cominciato a costruirle da me a partire dall'assemblaggio (saldatura, più precisamente saldobrasatura visto che è a cannello) del telaio.

Quindi riassumendo: voglio fare un giro del mondo, lo faccio anche con la bici (ho sei mesi di aspettativa al massimo, di mezzo c'è la Transiberiana e due oceani), mi costruisco la bici. Tutto quanto sopra accade a partire dagli ultimi mesi del 2012 e io farò o farei 50 anni nel 2014, mi devo dare una mossa. 

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Vado in sintesi: il telaio deve essere tipo mountain bike vecchio stile, ovvero acciaio e ruote da 26 pollici: questo perché l'acciaio si salda ovunque nel mondo se hai problemi e le 26” le trovi in qualsiasi buco di villaggio o comunque lì vicino. Infatti una che m'era esplosa l’ho scovata  nel mercato all'aperto di Darkan, Mongolia, senza nessun problema.

Dario Pegoretti, che mi ha insegnato a mettere insieme non male gli 8 tubi che fanno un telaio di bici, mi consiglia i Columbus SP, sigla che significa strada pesante, fatti per gli atleti molto alti e dunque rinforzati rispetto ai famosissimi SL (strada leggero), che per inciso sono molto meglio degli SLX, che pure ho saldato diverse volte ma insomma la spesa non vale l'impresa, le tubazioni rispondono male sia alla fiamma sia alla pedalata -opinione mia.

Arrivo dunque al 2013, costruisco la bici variamente rinforzata agli angoli, è tutto pronto. Ho una certa esperienza di viaggi in bici ma uno così indeterminato non l'ho mai fatto, oltretutto già a fine 2013 ho problemi con la mia azienda per l'aspettativa e invece di partire ad aprile 2014 (il mio mese) riesco a strappare 'sta cavolo di aspettativa per il giugno successivo. Volevo andare verso ovest ma poi sarei arrivato in Siberia verso settembre ed è troppo freddo, quindi cambio direzione e vado verso est. 

Non intendo proiettare diapositive o fare la tiritera “da qui sono andato lì” eccetera. C'è una cosa che soprattutto mi ha colpito di questo tipo di viaggio e non è una mia esperienza ma di un altro viaggiatore (grande viaggiatore, dico io), Matteo Scarabelli. Siccome lo conosco, un po' prima di partire lo chiamo e gli chiedo: secondo te qual è il problema più grosso che potrei affrontare in questa situazione?

“Paolo, stammi a sentire: di problema ce n'è solo uno. Devi mettere la ruota anteriore fuori dalla porta di casa. Una volta fatto questo il resto viene automatico”.

Non ricordo di aver mai testato sulla mia pelle una verità così semplice e profonda, neanche in mezzo al mare mosso.

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In un viaggio di sola andata come quello la cosa risuona particolarmente evidente da subito, e in seguito dimostra in vari modi la sua verità. Il primo strappo - lascio dietro la mia famiglia, non ho davvero idea di cosa mi capiterà ora più che mai - è forte. Si lascia strascichi finché non te ne liberi, come ho fatto sul prato austriaco dove stavo dormendo, un po' stanchino (cit.) e mi sono svegliato sentendo improvvisamente la voce da soprano di mia figlia Greta che mi chiamava chiedendo dove mai stessi andando. Su quel prato ho messo definitivamente la ruota fuori di casa dicendomi “basta storie, vai. Come va va”.

Ho sentito finalmente la leggerezza e la bellezza del fantastico compleanno che stavo architettando da quasi due anni. Sono andato avanti cambiando due volte rotta - per esempio dalla Cina volevo andare via nave in Corea del sud, ma a Shanghai ho trovato in quei giorni solo una nave per il Giappone e sono andato lì -, ché tanto la rotta era una sola: da Roma a Roma giro largo. Qualche piccolo problema, moltissima gioia, la constatazione che la nostra specie ha le stesse dinamiche ovunque e soprattutto che la scimmia umana è giocosa e amichevole in qualsiasi occasione di base.

Ma santiddio quant'è stato potente lasciare casa e mettere finalmente la ruota anteriore (assemblata da me) fuori dal portone di legno. Di quel viaggio mi rimane tutto in testa ma una scossa come quella che ho provato dando le spalle a casa mia non l'ho mai provata. E la vorrei riprovare.

*PAOLO BELLINO (Istigatore di ciclabilità in Italia, deciso a eliminare le automobili dalle città. Refusi creativi in un'agenzia di stampa dal 1991. Animatore del sito  http://www.movimentofisso.it/, del blog di politica della mobilità in bici https://www.rotafixa.it/ e del blog di viaggio  https://escoafareungiro.wordpress.com/ )

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