Un genovese a Carloforte / 1

di ROBERTO ORLANDO*

"Alua meistro, cose mangiemmo staseia?" 

"Quello che emmo pescou ancoe".

Si chiama Orlando come me ma di nome, anzi di soprannome; perché il vero Orlando era suo padre, il fondatore del ristorante pescheria che sta in fondo alla strada del porto, a Carloforte, in Liguria. No, chiedo scusa, a volte mi confondo: siamo nella Provincia del Sud della Sardegna, Arcipelago del Sulcis, a mezz'ora di traghetto da Portovesme o da Calasetta. Con Orlando, ovvero Mario, siamo diventati amici perché oltre a parlare lo stesso dialetto - io sono un genovese giramondo - condividiamo il nome dell'eroe letterario.

L'Orlando di Carloforte se vuoi trovarlo lo devi cercare nel ristorante-pescheria-gastronomia Sandolo, in fondo alla passeggiata a mare, vicino alla salina. Per me è una tappa fissa a cena e quando entro l'esordio è sempre questo: "Allora maestro, che cosa mangiamo stasera?". La risposta è unica e quindi inevitabile: "Quello che abbiamo pescato oggi".DSC_3130jpg

(foto di Roberto Orlando)

A Carloforte il pescato del giorno non è come in Liguria. Il mare qui intorno è molto più ricco, sia per ragioni ambientali sia perché il prelievo è molto più contenuto. Quindi trovi di tutto, più o meno sempre: la variabile è determinata dalle condizioni meteomarine, la varietà invece è sempre garantita. Ad esempio, non se è per far onore all'isola che appunto si chiama San Pietro, ma qui i pesci San Pietro sono quasi in esubero e raggiungono dimensioni considerevoli, sono grandi proprio come me li ricordo dai tempi della mia infanzia genovese. 

Inutile dire che i carlofortini lo sanno anche cucinare. Qui la cucina di mare non ha niente di francese: i sapori sono forti, netti, i condimenti copiosi e gustosi, i frutti del mare si mescolano quasi in un braccio di ferro con quelli della terra per prevalere nel campo neutro del palato.
Poi sai, questo è mare di tonno di corsa: la tonnara di Carloforte è una delle poche in attività nel Mediterraneo. I tonni ci sono sempre e da quando la pesca è contingentata sono anche più grossi. Il tonno è un pesce dal sapore senza compromessi, ma qui la cucina locale ci mette del suo per togliere eventuali esitazioni delle papille. Prova ad assaggiare un piatto di spaghetti con la buzzonaglia (in pratica la parte meno pregiata del pesce, quella più sanguigna e scura vicina alla lisca centrale, conservata sott'olio): oltre al sapore robusto del principale ingrediente devi immaginare l'aggiunta di olive, capperi, cipolla, pomodori secchi (di rigore), peperoncino. Come in Sicilia, però di più.

 

Ma se vuoi capire davvero quello che ho cominciato a raccontarti allora devi assaggiare il pasticcio carlofortino che è un mirabile mix di culture culinarie. E' mista persino la pasta: nel pasticcio ci sono i corzetti (che sono originari della Valpolcevera, quella del ponte crollato e ricostruito a tempo di record), i macaruin (traduzione genovese dei maccheroni napoletani) e infine i casulli che sono in pratica gnocchetti sardi. Ma il piatto raggiunge le vette della cucina "fusion" nel prevedere che al condimento a base di buzzonaglia sia da aggiungere a fine preparazione, come il cacio sui maccheroni appunto, il pesto, quello autentico genovese, meglio se preparato con il basilico di Pra'.

Pra' è un quartiere di Genova che confina con Pegli. Aspetta a dire chissenefrega. Pegli è il quartiere dal quale nel 1540 un gruppo di famiglie di pescatori partì alla volta di Tabarka in cerca di fortuna al seguito dei Lomellini, potente famiglia genovese di grandi relazioni internazionali che aveva ottenuto diverse concessioni territoriali in quella zona del Nordafrica. Nei fondali dell'isola, che si trova a breve distanza dalle coste di Tunisi, si pescava "l'oro rosso", non il rame come si intende oggi ma il corallo, che adesso nel Mediterraneo si trova soltanto nelle acque di alcuni parchi protetti.DSC_3507jpg

(foto di Roberto Orlando)

La "cuccagna" per i pegliesi in trasferta dura poco meno di due secoli a causa del deteriorarsi dei rapporti con i vari rais tunisini che decidevano a loro piacimento delle sorti dei tabarchini, spesso ridotti addirittura in schiavitù. A quel punto i tabarchini decidono di mollare tutto e ottengono dal re di Sardegna Carlo Emanuele III di Savoia il permesso di colonizzare l'isola di San Pietro, deserta da tempo. All'epoca si chiamava Isola degli Sparvieri e poi ti spiego perché.
L'attività della pesca del tonno nel "nuovo mondo" comincia subito, anche se con scarsa fortuna, tanto che la prima tonnara, quella dello Spalmatore, viene chiusa cinque anni dopo l'inaugurazione. Però mezzo secolo dopo arriva un record incredibile: intorno all'isola e lungo la vicina costa sarda nella primavera del 1786 vengono catturati addirittura 43.200 tonni. 

Ti racconto questa storia dei tonni con la mente rivolta all'essenza dell'isola, ai suoi paesaggi, alle prime sensazioni che ti trasmette. Qui comanda la natura, anche dove i coloni, ma non solo, avevano messo mano all'ambiente a seconda delle loro esigenze.

Quando sbarchi dal traghetto, l'edificio più appariscente è quello che ospita l'ospedale. O meglio, "Ospedale" è scritto a grandi lettere sulla facciata, ma in realtà a Carloforte l'ospedale non c'è. C'è invece il prestigiosissimo istituto nautico statale che a dire il vero ora si chiama "Istituto Globale" ed è anche linguistico, tecnico, magistrale e istituto comprensivo. Insomma globale di nome e di fatto. Prima del 2002 era soltanto Tecnico Nautico. Ma allora che c'entra quell'insegna da ospedale? E' l'eredità lasciata da una serie tv con Gianni Morandi, che si intitola "L'Isola di San Pietro" in cui il cantante e attore regge la parte di un pediatra molto intraprendente. Ah, Gianni Morandi naturalmente è diventato cittadino onorario di Carloforte. 

Per l'ospedale vero invece si dovrà ancora attendere chissà quanto. In città si può parlare piuttosto di ospedale diffuso. E ora ti spiego. Le case del centro storico sono tutte a due piani, una attaccata all'altra senza soluzione di continuità. Al piano terra c'è la zona giorno, una scala conduce al primo piano, dove si trovano le camere. In casa si accede in genere attraverso una porta-finestra che lascia molti margini alla riservatezza della vita domestica. Al piano terra di alcune di queste casette mi è spesso capitato di vedere soprattutto persone anziane distese su moderni letti ospedalieri, che ricevevano visita da parenti e amici a tutte le ore, semplicemente socchiudendo la porta finestra. 

Pochi metri oltre l'ospedale finto può cominciare il giro dell'isola. La strada principale è lunga circa 30 chilometri, proprio come l'affaccio al mare di Genova, da Nervi a Voltri. Ma se ti aspetti di compiere il periplo percorrendo quella che in principio sembra una litoranea ti sbagli di grosso. La strada che collega le località dell'isola tra loro è una specie di ragnatela il cui centro corrisponde più o meno a quello dell'isola a 211 metri di altitudine. Proprio come a Genova, qui si sale e si scende di continuo, a volte molto ripidamente, e se scendi arrivi inequivocabilmente al mare.
Dall'ospedale-globale si procede dunque verso sud, costeggiando da un lato il mare e dall'altro la salina di Carloforte. Che anche questa è un luogo che non ti aspetti. Qui vivono fenicotteri rosa ormai stanziali. Diffidenti come i cavalieri d'Italia, i fenicotteri si tengono alla larga dalla strada e dalle case che si affacciano su una delle sponde del lago salato. Se ti piacciono gli uccelli acquatici qui ne trovi davvero di tutti i colori. Io nella mia ignoranza ornitologica mi sono limitato a fotografare quelli che mi sembravano più belli. DSC_3506jpg

(foto di Roberto Orlando)

Superata la salina ecco le prime spiagge. Cala Giunco, Girin, Spiaggia Nera, La Bobba, una dopo l'altra. Io preferisco La Bobba: da lì si vedono due faraglioni e quasi quasi sembra di essere a Capri, ma senza casino. Le spiagge più vicine al centro abitato sono frequentate prevalentemente dai carlofortini. La sabbia è quasi bianca e molto confortevole al contatto di schiena, l'acqua è calda, il fondale basso per un tratto lunghissimo: se il mare fosse torbido potresti pensare di essere a Rimini, ma senza stabilimenti balneari, senza sdraio e con pochi ombrelloni. Una volta che sei in ammollo non usciresti più. Però attenzione perché qui siamo quasi in Africa, il sole picchia forte e scottarsi la pelle è questione di pochi minuti. Comunque se corri qualche rischio stai tranquillo che qualcuno ti avverte sempre: "Mia che ti stai scottando i piedi!", mi ha avvisato per esempio una carlofortina sui sessanta in costume intero, quasi divertita dalle bocce rosso fuoco che mi sono rapidamente ritrovato al posto del collo del piede.

Non ci avevo proprio pensato che avrei dovuto usare la crema anche lì, pur restando a lungo in acqua. Anzi è anche peggio, considerata la trasparenza del mare e la sabbia così chiara. Le ho risposto in genovese, ma avrei fatto meglio a non rivelare le mie origini. "Eh, Genova... ci sono stata qualche volta - mi ha risposto la donna - bellissima. Ma il sole qui è un'altra cosa, devi stare attento... ahahah". Una nemesi, sia pure nel rispetto della tradizione: noi genovesi per decenni abbiamo trattato così i cuneesi alle loro prime esperienze balneari. 

Le spiagge però è meglio se le cerchi e le scopri da solo. E' un bel gioco per l'estate. In una c'è un relitto; in un'altra un inspiegabile, enorme residence in cima a una scogliera; in un'altra ancora vanno tutti a vedere il tramonto: c'è un bar con i tavolini all'aperto e insomma chiudere la giornata in quel gioco di luci e sapori alcolici (o analcolici naturalmente) non è un brutto vivere. 
Ma diciamo che questa è la parte mondana dell'isola. Poi c'è quella selvaggia, a levante e a nord. Mare senza compromessi, senso di infinito, meraviglie e soprattutto rarità, naturali o create dall'uomo.

(1 - continua)

2a puntata - FINE

*ROBERTO ORLANDO (Nato a Genova in agosto, giornalista professionista dal 1983. Ultimo capocronista del Lavoro. Dopo uno scombinato tour postrisorgimentale che lo conduce in molte redazioni di Repubblica è rientrato tra i moli della Lanterna. Viaggia, fotografa e scrive. Meno di quanto vorrebbe)


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