Tre donne, tre musei 3) Lady Florence Philips, l’arte come speranza sociale

di MANUELA CASSARA'*

Premessa doverosa: non sono una critica d’arte, e se qualcuno alzerà un dotto sopracciglio su certe mie valutazioni soggettive, per le quali mi assumo la totale responsabilità di libera pensatrice, avrà molto probabilmente ragione. Ho messo insieme le storie di tre donne, Georgia O' Keeffe, Isabella Stewart-Gardner e lady Florence Philips; un’artista, una collezionista, una filantropa, perché ossessionate, in maniera diversa, dall’arte, accomunate, va sottolineato, da un notevole benessere sociale ed economico, anche se avrebbero potuto godersela, quella ricchezza, in altri modi. Spiriti liberi, intraprendenti, indipendenti, e per forza di cose ego riferite. Tre donne nate nell’Ottocento, che ci hanno lasciato, con le loro opere, dipinte, collezionate, trasmesse ai posteri, un perenne messaggio di bellezza.

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Siamo andati a Siena, sfidando questo Covid rampante, con il pretesto di vedere quella che sarebbe stata l’ennesima mostra sugli Impressionisti. Non ci aspettavamo nulla di più, se non di rivedere qualche capolavoro più o meno conosciuto, ma ci incuriosiva soprattutto il mix eclettico di opere che spaziavano dai preimpressionisti a Picasso, a Beacon, a Andy Wharol. 

Alla fine, girate con calma le stanze deserte, cosa che ci aveva dato la possibilità di ammirare le opere a distanza ravvicinata senza il consueto sbirciare tra una spalla e una spallata, ho dovuto riconoscere che la protagonista indiscussa, più che le opere, peraltro affascinanti, era lei:  Lady Florence Phillips, la fondatrice della Johannesburg Art Gallery, collezionista non tanto o non solo per piacer suo, come invece Isabella-Stewart Gardner, quanto per amor di popolo.

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(George Pemba                                  foto di Manuela Cassarà)

Florence nasce nel 1863 a Cape Town, lontana da tutto e da quanto, specie all’epoca, significasse cultura e arte, ovvero l’Europa. Ragazza di buona famiglia alto borghese, figlia di un naturalista, Dorothea Sara Florence Alexandra, detta Florence, non era una gran bellezza (e nemmeno un ritratto di Giovanni Boldini riesce nel compito di renderla tale) ma doveva essere anche lei uno spirito libero. Così si sposa al di sotto del suo stato con Lionel Philips, nato e cresciuto in Inghilterra, figlio di semplici mercanti, cosa che deve averlo predisposto geneticamente all’imprenditorialità. Venuto a sapere delle risorse diamantifere nel Kimberley, Philips fa le valigie per il Sud Africa, dove fa presto fortuna. Purtroppo la sua ambizione lo porta a strafare. Come Presidente della Chamber of Mines, un consorzio di proprietari di miniere, si schiera contro il Governo della Repubblica del Transvaal.

Qui il discorso diventerebbe complesso, si dovrebbero aprire troppe parentesi sul colonialismo inglese, su quello tedesco, sui diritti dei lavoratori, sulle loro condizioni di vita e di lavoro, per cui non ci penso nemmeno. Diciamo solo che non fu una buona mossa, quella di Mr. Philips. Una sommossa andata a male e Philips è dapprima condannato a morte, poi messo in prigione per sei mesi, poi liberato sulla promessa, non mantenuta, di non impicciarsi più della cosa, dopodiché esiliato a Londra, seguito da Florence, moglie fedele, che fino a quel momento aveva goduto del suo status  privilegiato, andandosene in giro per il mondo. A Londra gli orizzonti culturali di Florence si allargano ulteriormente. E con l’aiuto e l’esperienza di Sir Hugh Percy Lane, suo mentore,  inizia a collezionare opere di notevole valore.

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(Gladys Mgudlandlu         foto di Manuela Cassarà)

In Inghilterra le contraddizioni vittoriane, il moralismo religioso da un lato e la carnalità romantica dei pre Raffaelliti dall’altro, e in Francia le nuove correnti pittoriche, il fauvismo, l’impressionismo, il puntinismo, stavano svecchiando l’arte, venivano via relativamente con poco, ed erano una manna per i collezionisti dall’occhio attento. Florence comincia ad appassionarsi, maturando la convinzione che l’arte possa essere strumento di aiuto sociale, in particolare per quelle fasce della popolazione più bisognose. Considerato che il marito trattava diamanti, sembra quasi una forma di riscatto morale, una specie di contrappasso etico.

Alla fine della guerra Boera, a un Lionel tornato in auge viene chiesto di ritornare in Sud Africa. E Philips, che sembra avere sette vite come i gatti, dopo altre vicissitudini tra cui un attentato, è persino eletto baronetto. Mrs Philips diventa così Lady Philips. Tornata a Johannesburg con tutti gli onori, vuole realizzare qualcosa d’importante per il Sudafrica: una galleria pubblica di livello internazionale, la JAG, che tale è rimasta a tutt’oggi, il principale museo d’arte del continente africano. Per realizzare il suo sogno, la battagliera Florence ci mette del suo vendendo i gioielli, tra cui un notevole diamante azzurro dono del marito, poi riesce a coinvolgere i facoltosi amici collezionisti, convincendoli a fare cospicue donazioni di soldi e di opere. Nel 1910, il sogno diventa realtà; Florence inaugura il tanto desiderato museo, sotto la direzione di Hugh Lane, con la speranza che lo studio e la conoscenza di questi capolavori facciano da innesco allo sviluppo di una Scuola d’Arte Sudafricana.

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(William Kentridge                       foto di Manuela Cassarà)

Ed è proprio questa piccola, ultima parte, dedicata al Sudafrica, quella più rappresentativa e per me più emozionale: due stanze alla fine del percorso, non tanto e non solo per le opere, tra cui tre del poliedrico artista sudafricano bianco, il contemporaneo William Kentridge, noto per il suo approccio poetico-politico alla controversa realtà del suo Paese, quanto perché rappresentano quell’arte sudafricana che l’apartheid aveva ignorato ed emarginato, e per la quale Florence, morta nel 1940, si era invece battuta per  divulgare, promuovere e conservare.

*MANUELA CASSARA’ (Roma 1949, giornalista, ha lavorato unicamente nella moda, scrivendo per settimanali di settore e mensili femminili, per poi dedicarsi al marketing, alla comunicazione e all’ immagine per alcuni importanti marchi. Giramondo fin da ragazza, ama raccontare le sue impressioni e ricordi agli amici e sui social. Sposata con Giovanni Viviani, sui viaggi si sono trovati. Ma in verità  anche sul resto) 

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