Tonino Guerra e Pennabilli, il Tibet in Appennino

di GIORGIO OLDRINI*

“Pennabilli per me, quando ero piccolo, era come l’Himalaya” raccontava Tonino Guerra. Certo allora era un bambino, non era ancora un poeta dialettale, uno scrittore, lo sceneggiatore di Fellini e Antonioni, dei fratelli Taviani e di Tarkosky, di Anghelopulos e di Petri, non aveva ancora cominciato e dipingere e a lavorare il legno o il vetro, a riempire le sue città di racconti e di memorie. Tonino era figlio di un rivenditore di legna e di frutta con il magazzino a Santarcangelo di Romagna, e di una analfabeta, Penelope, che noi in famiglia abbiamo sempre conosciuto come “la Penelina”. Tonino raccontava che le aveva insegnato a leggere e a scrivere, anche se la maestra in famiglia era la sorella, Maria. Erano cugini di mia mamma Italia, che di Maria era l’amica intima, anche se spesso discutevano, mia mamma comunista, la Maria democristiana, mia madre cui piaceva a metà mattina andare a bere un caffè in piazza e la cugina che sosteneva che una donna perbene non deve mai entrare in un bar.

pennabilli-1446076_960_720jpg(Pennabilli                            foto Pixabay)

Il padre di Tonino da Santarcangelo risaliva la Valle del Marecchia fino a Pennabilli per vendere i suoi legni e la sua frutta, prima con il carro trainato dai cavalli, poi, alla fine degli anni ’30, con un camion. In famiglia si raccontava sottovoce che un giorno sbagliò una curva e precipitò col “mutour” in una scarpata. Risalì sulla strada arrabbiato e spaventato e disse “Il camion lo lasciò lì e torno al carretto coi cavalli. Per me i camion non hanno futuro”.

Tonino era stato deportato in un lager nazista, poi era tornato a Santarcangelo. Quindi, quando aveva cominciato a lavorare per il cinema,  era andato a vivere a Roma e spesso passava lunghi periodi in Russia, dove aveva preso la seconda moglie, Lora. Poi, a 70 anni era tornato a scalare l’Himalaya della sua infanzia e a vivere a Pennabilli, in una bella casa con un grande giardino e con mille gatti. Cercava un luogo dove passare il resto della sua vita e, come scrisse, “ chi visita queste zone entra in un universo straordinario amato da Dante e da Giotto, da Buonconte da Montefeltro e da Ezra Pound, il quale era venuto a Pennabilli per vedere la culla dei Malatesta, che proprio di questo paese erano originari”.

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(Pennabilli, strada delle meridiane     foto museo Luoghi dell'anima)

Aveva risalito, come tante volte aveva fatto con suo padre, la Valle del Marecchia con quella stravagante sequenza di piccole stazioni ferroviarie che accompagnano una linea, la Rimini- Novafeltria, che non esiste più dagli anni ’60. Aveva sfiorato San Leo con il ricordo dell’ultima, disumana cella in cui fu tenuto prigioniero fino alla morte Cagliostro. Ed aveva trovato non solo casa, ma uno scopo per rendere poetica Pennabilli. “Da questo luogo mi sto battendo per far sentire la voce dell'infanzia del mondo, dell'uomo antichissimo che emerge quando il greto del fiume Marecchia resta secco e il sole spacca le argille sbiancandole. Una straordinaria realtà poetica, che si trova per metà fuori e per metà dentro di me” aveva scritto.

Aveva creato un movimento culturale che ha la sua sede nella “via dei pensieri sospesi” e che ha riempito questo borgo abbarbicato sull’Appennino tra Romagna, Toscana e Marche di sorprese poetiche. Sui muri piccole targhe eleganti, come a Santarcangelo, ricordano i personaggi del luogo. “In questa casa visse oltre i 100 anni Scaciarel, il creatore dei lampioncini a organetto dondolanti alle finestre durante le processioni”. Oppure frasi della poetica di Guerra. “L’aria è quella cosa leggera che sta tutto attorno alla tua testa e diventa più chiara quando ridi”. Spesso con un tocco di ironia. “Non è vero che uno più uno fa sempre due. Per esempio una goccia più una goccia fa una goccia più grande”.rifugio delle madonnejpg

(Pennabilli, il rifugio delle Madonne abbandonate   foto museo Luoghi dell'anima)

Ecco la riconquista di una antica tradizione. “La Val Marecchia, dove sorge Pennabilli, è bellissima. Ma il paesaggio più importante da salvare in questa valle è l'uomo, l'uomo con la sua mente inquinata che non si accorge di distruggere un mondo antico; l'uomo che scarica i veleni nelle acque dei fiumi; l'uomo che taglia le piante secolari e che crede di essere padrone di tutto. Insomma, se non cambiamo la sua mentalità tutto andrà in rovina: le bellezze naturali come gli splendidi paesini medievali di Montefeltro. Dobbiamo far capire che il paesaggio è un bene di tutti e che come tale va preservato. Niente tapparelle e porte di alluminio! Tutti i vecchi muri dei nostri paesi erano di sasso e di pietre. Perché dunque ricoprirli con strati di intonaco bianco mal tinteggiato, togliendo alla collina quell'aspetto selvaggio?” spiegava.

Ma aggiungeva al borgo originario realizzazioni arcane, aiutato da artisti di tante parti del mondo.

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(Pennabilli, l'Orto dei frutti dimenticati                    foto museo Luoghi dell'anima)

Dalla piazza parte la via delle Meridiane. Sui muri delle case Mario Arnaldi ha dipinto una serie di questi antichi misuratori del tempo. Uno dipinto ritrae San Sebastiano trafitto dalle frecce, ma una è vera e segna l’ora. Più in là l’Orto dei frutti dimenticati, una sorta di museo vivaio dove vengono coltivate piante in via di estinzione. Il melo limoncello, il pero cotogno, il susino biroccolo, il fico verdino, il ciliegio visciola, il giuggiolo. Ma all’ingresso ecco il Rifugio della Madonne abbandonate, quadri di Maria raccolti e preservati qui. E all’interno la fontana a forma di foglia e la Meridiana dell’incontro. Una scultura del polacco Krysztof Bednarsky che ha realizzato due colombi in bronzo che proiettano la loro ombra su una piattaforma di pietra chiara che dice quale è l’ora, ma che in certi momenti del giorno con un gioco sapiente disegnano una immagine dell’incontro tra Federico Fellini e la moglie Giulietta Masina, che di Tonino erano grandi amici.

All’interno di quella che un tempo era la Cappella dei caduti vi è il museo più piccolo del mondo, con un unico quadro del pittore Luigi Poiaghi che si ispira alla poesia di Tonino “L’Angelo con i baffi”.. Quando si entra nel piccolo edificio si alza un canto di uccelli. Perché la storia che Guerra ha raccontato dice che “C’era un angelo coi baffi/ Che non era capace di fare niente/ E invece di volare intorno al Signore / Veniva giù nel Marecchia/ Dentro la casa di un cacciatore/ Che teneva gli uccelli impagliati/ In piedi sul pavimento di un camerone. /E l’angelo gli buttava del granoturco / Per vedere se lo mangiavano./ E dai e dai/ Con tutti i santi che ridevano dei suoi sbagli/ Una mattina gli uccelli impagliati/ Hanno aperto le ali e hanno preso il volo /Fuori dalla finestra, dentro l’aria del cielo/ E cantavano come non mai”.

C’è poi un angolo di Tibet a Pennabilli perché il missionario padre Orazio Olivieri partì da questo villaggio a metà del 1700 e andò a Lhasa dove fondò un centro cattolico con una grande campana in segno di pace. E nel 1994 Tonino Guerra invitò il Dalai Lama in paese e con una grande cerimonia venne inaugurata una identica campana che venne fatta suonare, come una eco di quella di Lhasa.TONINO GUERRAjpeg

(Tonino Guerra      foto Comune di Sant'Arcangelo di Romagna)

C’è un piccolo, bellissimo teatro a Pennabilli, Vittoria, una sorta di Scala in miniatura, capace di una sessantina di posti ma con tutti i palchi e la platea. Per gli 80 anni di Tonino vennero organizzate feste e tra le altre celebrazioni arrivò da Mosca un gruppo di ballerini del Bolscioi per esibirsi nel Teatro Vittoria. La notizia suscitò grande emozione nel paese e un gruppo di donne decise di andare a pulire il locale. Qualcuna ebbe l’idea di mettere anche la cera. Sul pavimento della platea e persino sul palcoscenico. Il primo ballerino che arrivò rischiò di rompersi una gamba, e in tutta fretta vennero gettati litri di Coca cola sul tavolato per ottenere l’effetto contrario. La festa fu un grande successo.

Ho un ulteriore motivo particolare per apprezzare Tonino. Ho fatto il sindaco di Sesto San Giovanni per 10 anni. Mi ha sempre commosso leggere che quando morì giovanissima la sindaca di Santarcangelo Cristina Garattoni, lui le scrisse un epitaffio “Cristina ti abbiamo voluto bene, perché hai guardato con amore i muri e la gente della tua città”. La poesia può riguardare anche un sindaco.

*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)


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