The New Yorker, picchetti e proteste contro il Diavolo che veste Prada ma paga poco


di REDAZIONE

Tutto il mondo è paese, com'è noto.  Così, dentro la crisi dell'editoria internazionale,  scende in piazza anche il New Yorker,  periodico statunitense di società e cultura patinato e autorevole, famoso per i grandi nomi e le storiche illustrazioni, nonchè  sofisticato e cosmopolita. Picchetti e striscioni, retti da giornalisti e amministrativi,  sono arrivati fino al Greenwich Village, sotto la casa di Anna Wintour, mitica direttrice editoriale di Vogue nonchè personaggio fra i più potenti nel gruppo Condè Nast che detiene la rivista. Lo striscione di protesta diceva: "Il Diavolo veste Prada ma per i lavoratori nada", ovvia citazione dal film che ha eternato la Wintour attraverso una interpretazione magistrale di Meryl Streep.



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Le ragioni dello sciopero sono spiegate in un sito aperto ad hoc dal sindacato,  The New Yorker Union. Si comincia con paghe e salari, che vengono definiti "bassi" e stagnanti da oltre vent'anni mentre il costo della vita galoppa. Si prosegue con i costi delle assicurazioni sanitarie, progressivamente scaricati dall'azienda addosso ai lavoratori, e con i "sacrifici personali" che "garantiti" e free lance sono costretti a affrontare per mantenere l'altissimo standard della rivista.


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All'azienda vengono contestati la crescita degli straordinari "non pagati" sull'online e il divieto alle maestranze di esercitare attività extralavorative anche quando non collidono con l'esclusiva: last but not least, i manager di Condè Nast vengono accusati di una sostanziale sordità a ogni richiesta di trattativa.


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Così, dopo due anni di conflitto strisciante, il calore della guerra si è innalzato di colpo. Non siamo ancora allo sciopero, ma è in preparazione un boicottaggio digitale, e i picchetti spuntano in tutta Manhattan. Fino a arrivare sotto casa Wintour: ma la signora non c'era, ha passato la pandemia agli Hamptons.