TERRE E CAMPIONI - I salami di Bottecchia, uno per ogni vittoria in bici
di GIOVANNI BATTISTUZZI*
Era mica semplice in quegli anni mettere assieme il pranzo con la cena. Soprattutto se si costruivano case altrui per poco più un tozzo di pane. Era il primo Dopoguerra e lavoro ce n’era poco e domanda di lavorare molta, pure troppa. E così toccava immaginarsi il presente per sperare di avere un futuro. Quando Ottavio Bottecchia decise che per fuggire alla miseria una bicicletta poteva andare bene, “il vecio Tognon, che era tipo di poche parole e quasi mai gentili, gli disse che se fosse riuscito a cavare un ragno dal buco a pedalare gli avrebbe regalato un maiale. A rate”, ricorda Arcangelo Tognon, 99 anni passati tra le bestie e i campi che furono del vecio Toniut, Antonio, suo nonno. “Io l’Ottavio me lo ricordo sì e no, però mio nonno e poi mio padre me ne hanno parlato così a lungo che l’ho sempre ricordato come uno di famiglia”.
Le rate per il vecio Tognon erano i salami. Uno a vittoria. E se fosse arrivato il Giro d’Italia quanti ne voleva. Il Giro non riuscì a vincerlo mai, il Tour de France sì, ma non valeva. “Il patto l’avevano fatto per il Giro, mica era lo stesso vincere in Francia e in Italia”.
Il primo salame il vecio Tognon lo dovette dare nel 1920, al termine del Giro del Piave. “Mio padre mi disse che quel giorno il nonno era talmente incazzato che si ripromise di non passare mai vicino al fiume, il che non era poi troppo difficile, visto che c’erano una ventina di chilometri tra noi e il greto. Bestemmiò, si narra, per almeno tre ore, poi andò in chiesa a chiedere perdono al Signore per tutti quei porchi che aveva tirato”, dice Arcangelo.
I salami del vecio Tognon erano particolarmente buoni. Lo dice il nipote, lo sostiene pure don Aldo, per anni parroco nel veronese, ma originario anche lui di San Martino di Colle Umberto. “Ci teneva ai maiali, li nutriva bene, come vanno nutriti i maiali. E poi di coltello era fenomenale. Aveva solo un difetto, era tirchio da fare spavento e neppure io che ero suo nipote, figlio di sua sorella, insomma uno di famiglia ne ho mangiati mica tanti. L’Ottavio sicuramente ne ha presi più di me”.
Non tutti quelli che gli spettavano però. “Mio nonno non volle dargli due che probabilmente invece gli sarebbe spettati: i successi non erano stati riportati sul giornale. Non che il vecio sapesse leggere sia chiaro, ma i titoli se li faceva balbettare da quello studiato dell’osteria, che per disgrazia tartajea. Se non c’era scritto, la gara non era stata vinta”, sottolinea Arcangelo Tognon.
Ottavio Bottecchia i salami finì di riceverli del
tutto quando si trasferì in Friuli: “Ad avviso di mio nonno infatti il patto
era sciolto perché era stato fatto con un veneto non con un furlano. E
soprattutto perché da quando correva con i francesi l’Ottavio c’aveva più lire
di tutte le famiglie di San Martino e di Colle”, ricorda Arcangelo Tognon. “Una
volta, mi pare dopo il suo secondo Tour vinto, l’Ottavio ritornò in paese con
una mezza dozzina di salami friulani avvolti dalla carta di giornale come fossero
un mazzo di fiori. Li diede a mio nonno dicendo che questo era il suo regalo
per aver creduto in lui. Il vecio inaspettatamente se la rise, cosa che mio padre
disse di avergli visto fare forse due volte in vita sua”.
*GIOVANNI BATTISTUZZI (Nato nel giorno più freddo del secolo scorso a Conegliano, là dove la pianura veneta finisce e inizia il Prosecco. E anche le colline. Lavora al Foglio dal 2014. Scrive di sport e si occupa di tutto ciò di cui si dovrebbe occupare un social media manager. Due libri in libreria: Girodiruota - Stampa alternativa, 2014 - , lo stesso titolo del blog che tiene sul sito del suo giornale, e Alfabeto Fausto Coppi - Ediciclo editore, 2019 - , scritto con Gino Cervi e illustrato da Riccardo Guasco. Ogni tanto scrive racconti. Sempre in libreria trovate: Il Marsigliese in Fausto Coppi, una vita in più - Bolis, 2021 -, Sboccia la rivoluzione in Per rabbia o per amore - 66th and 2nd, 2020- , La fata bicicletta in Con la penna e senza scarpe - Armando editore, 2019 -)
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