Se Putin non si ferma all’Ucraina

di ANNA DI LELLIO*

In giorni nei quali si evita di prevedere cosa succederà e come si concluderà la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina - dato il fallimento delle previsioni precedenti all’invasione - è opportuno consultare una serie di analisi americane che non sembrano destinate  a un deperimento rapido.

Putin non è imperscrutabile, ci dice Angela Stent, ex US National Intelligence per la Russia e l’Eurasia ora con la Brookings Institution, e autrice del libro Putin’s World: Russia Against the West and With the Rest,  in un articolo su Foreign Affairs. Putin ha una chiara “Dottrina” che lo guida, e che si può riassumere in pochi punti.  

Il primo è: costringere l’occidente a trattare la Russia come se fosse l’URSS, un potere da rispettare e temere, con diritti speciali sui paesi vicini e un ruolo importante nelle grandi questioni internazionali. La dottrina prevede che solo pochi stati possano avere questo tipo di autorità e la completa sovranità: Russia, Cina, India, e USA. Gli altri devono piegarsi ai loro voleri. 

Il secondo punto è: difendere i regimi autoritari e indebolire le democrazie. Il terzo è invertire le conseguenze del collasso sovietico, e cambiare i confini stabiliti dopo la fine della guerra fredda.

L’Ucraina è al centro di questa dottrina. Come ha scritto lo stesso Putin nel saggio dello scorso luglio sull’unità storica del popolo ucraino e russo, l’Ucraina deve essere riassoggettata alla sfera russa perchè è un paese democratico aspirante ad unirsi all’occidente, e per giunta ospite di 12 milioni di russi che nel 1991 si ritrovarono lasciati fuori dalla madrepatria. Non a caso questo saggio è stato distribuito tra la truppe alla vigilia dell’invasione.

Ma la Dottrina di Putin indica che il leader russo non si fermerà all’Ucraina. Putin vuole che la Svezia e la Finlandia siano permanentemente neutrali, che la NATO si ritiri dall’allargamento del 1997, e che alla Russia sia dato potere di vero sulle decisioni di politica estera dei paesi confinanti. 


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La Dottrina di Putin è una politica aggressiva nei confronti sia dei paesi “amici,” come gli ex del Patto di Varsavia (l’unica allenza difensiva che ha invaso paesi membri) sia nei confronti dell’Europa, dalla quale Putin vuole cacciare gli USA per sostenere movimenti e regimi autoritari e antiamericani.

Con l’analisi della Stent è in accordo Robert Kagan, anche lui della Brookings, che sul Washignton Post del 21 febbraio avanza pure delle previsioni sullo sviluppo dell’invasione dell’Ucraina, anticipando che l’obiettivo è di occupare il paese per poter dispiegare forze russe lungo le 650 miglia del confine con la Polonia, ma anche i confini orientali della Slovacchia e dell’Ungheria, e il confine settentrionale della Romania. La Moldavia sarà sotto controllo russo, con la creazione di un ponte di terra di collegamento con la Transnistria.

Questi sviluppi rappresenterebbero una immediata minaccia agli stati Baltici e alla Lituania, attraverso l’avamposto russo di  Kaliningrad. Parte della Russia, alla quale però la Russia può accedere solo attraverso la Polonia e la Lituania, Kaliningrad è il quartier generale russo della flotta baltica. Dobbiamo aspettarci che Putin chieda il corridoio di Kaliningrad forse in cambio di un cessate il fuoco. 

La speranza che il conflitto si fermi in Ucraina, dice Kagan, non è realistica. E le prospettive sono molto pericolose. Se la resistenza degli Ucraini sarà sostenuta dall’occidente, come giá sta avvenendo, questo potrà diventare un pretesto per aggressioni russe contro la NATO. E la Cina, oggi bastione di stabilità, potrebbe lanciarsi in azioni aggressive contro Taiwan e i mari del Sud della Cina, approfittando della distrazione occidentale in Ucraina. 

Come negli anni trenta, quando la Germania e il Giappone, paesi non amici, trovarono una. alleanza opportunistica, la Russia e la Cina potrebbero convergere nel loro interesse comune a sconvolgere l’ordine internazionale. 

Per seguire lo scacchiere su cui si muove Putin è interessante leggere le analisi di Pavel K. Baev, non-resident fellow alla Brookings e ricercatore al Peace Research Institute di Oslo (PRIO), un esperto di Russia e in particolare delle sue politiche militari. Il suo blog, https://www.facebook.com/arcticpolitics, è da leggere perchè monitora i movimenti di Putin nel mare di Barents, dove la massiccia presenza russa non ha finora rappresentato una minaccia alla Norvegia ma si sente l’assenza della portaerei USS “Harry S. Truman”, che oggi dovrebbe essere lì a fare esercizi con i norvegesi e non bloccata nel Mediterraneo. 

Baev sostiene che poichè la guerra non sta andando come previsto, non avendo Putin calcolato bene la resistenza ucraina, l’unità occidentale e il possibile dissenso interno, è probabile che si lanci in un’ escalation del conflitto. Da una posizione più conservatrice, Hal Brands dell’American Enterprise Institute ipotizza su Bloomberg scenari molto simili, con grande preoccupazione per la posizione della Cina, che ha sostenuto la propaganda russa di una responsabilità dell’aggressività della NATO in quella invece che è chiaramente un’aggressione russa. 


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Il coraggio di cinque storici cinesi che hanno contestato questa falsa narrativa, purtroppo adottata anche in occidente,  e condannato l’invasione, merita attenzione. Apparsa solo per poco più di un’ora su internet e poi subito censurata, la lettera aperta degli storici cinesi aumenta l’allarme su cosa potrà succedere se Putin non verrà fermato. Studioso della Prima Guerra Mondiale, Xu Guoqi è particolarmente esplicito sui pericoli di una escalation provocata da distrazione, incomprensione o opportunismo. Si rivolge alla leadership cinese ma l’allarme vale per tutti.

Fino a qui la strategia politica. E quella militare? Una dimensione della guerra che è stata un po' trascurata finora è che nonostante il grande dispiegamento di forze in Ucraina la Russia è molto debole militarmente, come spiega Andrei Miroiu, professore alla National University of Political Studies and Public Administration di Bucharest e autore di Political Theory of Armed Groups. Armed Groups and Social Order, Cham (Springer, 2020). in un eccellente blog della New School.

A parte, come ovvio, l’arsenale nucleare, la Russia ha un esercito mal equipaggiato, mal addestrato, e incapace logisticamente di condurre una guerra veloce e vittoriosa contro un avversario di qualche sostanza. Ha certo avuto successo in Crimea in 2014 e in Siria dal 2015, ma solo perché lì non ha trovato opposizione (l’opera di mercenari russi nella Repubblica Centrale Africana e in Libia non è rilevante nel caso dell’Ucraina).

Secondo Miroiu, Putin è andato in guerra senza avere idea di come condurla con successo, un po’ come gli USA in Iraq nel 2003. I 190 mila soldati impiegati in Ucraina sembrano molti, ma includono anche truppe, come la marina, l’aeronautica e la logistica, che non possono essere usate per il controllo del territorio. Divisa in quattro punti di attacco, questa grande forza è stata frammentata in modo da non garantire il successo.

L'altro grande errore è stato quello di non ottenere subito il completo controllo dello spazio aereo ucraino, esponendo le colonne di truppe russe sia agli attacchi aerei che a quelli di terra. Insomma, la Russia non ha imparato che distruggere la forze e la difesa aeree del nemico è un imperativo strategico elementare.

Dal punto di vista storico, Miroiu ci ricorda che la Russia non ha mai vinto un conflitto convenzionale contro un nemico che considerava inferiore: è stata sconfitta nel 1904-1905  contro il Giappone, nel 1920 nel tentativo bolscevico di conquistare la Polonia, all’inizio della “guerra d’inverno” sovietica contro la Finlandia nel 1939, e poi in Afghanistan nel 1980.

Dobbiamo solo augurarci quindi che come in questi precedenti storici la Russia sarà sconfitta e il regime russo cambierà. Nel frattempo però, nell’assenza del Blitzkrieg che sognava, Putin cercherà di fare dell’Ucraina terra bruciata.

 

 

 

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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