San Gregorio Armeno, presepe e pizza nelle lande del Covid

di TINA PANE*

Piove. Piove senza tregua sulla settimana dell’Immacolata e tira anche un vento forte, anomalo, che scuote in egual modo alberi e animi. A Napoli 

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ma anche altrove, l’ 8 dicembre si entra ufficialmente nel periodo di Natale, e si allestisce l’albero e il presepe. A San Gregorio Armeno, un cardine che unisce il decumano maggiore (via dei Tribunali) a quello inferiore (la cosiddetta Spaccanapoli),

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le botteghe dei maestri presepisti sono pronte per accogliere i clienti, i curiosi, i turisti, però sono vuote.

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La pandemia ha desertificato questa stretta viuzza (dove negli anni passati veniva addirittura istituito il senso obbligatorio di marcia per i pedoni)

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 e anche il resto del centro storico

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dove negli ultimi dieci anni in ogni buco erano fiorite attività commerciali e di ricettività. Sotto questa pioggia battente, che è cominciata proprio nella domenica in cui la Campania è stata declassata da zona rossa ad arancione, i negozi, finalmente tutti riaperti, sono tristemente vuoti.

Per cercare di dare una scossa alla situazione, nella basilica di Santa Chiara 

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è stato allestito un presepe che nasce dalla collaborazione istituzionale dei maestri presepisti e dei maestri pizzaiuoli,

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con il sostegno della Regione e la partecipazione di varie realtà attive sul territorio. La struttura portante è realizzata in legno e sughero, come da tradizione, ma le coperture sono fatte di impasto per le pizze, debitamente trattato con prodotti antiparassitari e di consolidamento. Intorno a quest’opera c’è stata una tre giorni di iniziative che hanno celebrato il terzo anniversario del riconoscimento Unesco dell’arte del pizzaiuolo napoletano come bene immateriale dell’umanità e il decimo di quella della dieta mediterranea.

È un presepe di grosse dimensioni

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 su base circolare e molto sviluppato verso l’alto, che mette in scena come da tradizione i due momenti del sacro e del profano. Anche in questo caso la natività nella stalla

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 cede l’attenzione alla scena del popolo, delle botteghe e dei mestieri. 

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Perché i pastori veri e propri sono solo quelli muniti di qualche pecorella a cui l’angelo annuncia la buona novella, mentre tutti gli altri personaggi sono panettieri, pizzaioli, lavandaie, pettinatrici, pescivendoli, macellai, carrettieri… soggetti che più di un angelo o di un re magio offrono spunto alla creatività degli artigiani.

Di creatività i maestri presepisti napoletani ne hanno sempre dimostrata tanta, e anche in quest’anno orribile non si sono smentiti. Sui loro bancarielli a San Gregorio Armeno, oltre a pastori di fine fattura, realizzati con materiali di prima scelta da mani esperte, troviamo i personaggi della politica e dello spettacolo

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e i numi tutelari della napoletanità, da Eduardo a Pino Daniele.

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Troviamo anche calamite, cornicielli portafortuna, bambinielli di varie dimensioni, pulcinella, angioletti, decorazioni per l’albero e tutto un armamentario di oggetti decisamente kitsch e a buon mercato la cui vendita si affianca a quella degli articoli di prima fascia e aiuta, durante tutto l’anno, l’incasso.

Ma non basta, quest’anno non basta, gli artigiani del presepe dopo tanti mesi di chiusura e tanta operosità nei loro laboratori chiedono aiuto per andare avanti. Sperano che la “coesione sociale” realizzata coi colleghi pizzaiuoli richiami attenzione sulla loro attività. E visto che di turisti manco l’ombra, sperano nei loro concittadini, negli acquisti di presepi

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già completi o da realizzare con le proprie mani - e qualche buon consiglio - comprando la capanna e il muschio, il mulino con l’acqua e le lucine, la Madonna, San Giuseppe, i pastori e qualche altro personaggio.

Loro, gli artigiani che hanno messo la mascherina ai Re Magi 

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e le ali a Maradona, 

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si appellano ai Napoletani, depositari della tradizione della Natività, tra teatro e devozione. Dicono: Ve piace ‘o presepe? E allora accattatavillo!


* TINA PANE (Napoli, 1962. Una laurea, un tesserino da pubblicista e un esodo incentivato da un lavoro per caso durato 30 anni. Ora libera: di camminare, fotografare, programmare viaggi anche brevissimi e vicini, scrivere di cose belle e di memorie)

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