Saluti da Viareggio, il Carnevale più maestoso. In diretta Rai

di FRANCO DE FELICE* 

(foto di Aldo Umicini)

Appuntatevi il programma. La prima sfilata dei carri del Carnevale di Viareggio ci sarà domenica 20 febbraio alle ore 15, l’ultima il 12 marzo alle 17. Il primo marzo, Martedì Grasso, il corso delle 15 sarà trasmesso in diretta Rai sulla Rete Tre. L’inizio è dunque slittato solo di una settimana. L’anno scorso lo slittamento, causa Covid, fu di ben sette mesi, a settembre e con un programma ridimensionato.

Si temeva che anche quest’anno la pandemia potesse rimettere tutto in discussione. Ogni manifestazione carnevalesca sarà sicuramente la più bella di tutte le altre, ma a Viareggio se non si può assistere alla sfilata dei carri la festa perde tutto il suo fascino. Per questo la Fondazione Carnevale prega fino all'ultimo istante per una bella notizia: che l’accesso degli spettatori, ferme restando tutte le precauzioni anti Covid, mascherine e green pass, non sia a numero chiuso come l’anno passato, quando potevano partecipare solo cinquemila spettatori a corso. Vuoi mettere il colpo d’occhio di 100.000 e più persone sugli spalti e sui viali a mare, che significa anche incassi ben più sostanziosi.


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Mancheranno, causa Covid, le feste dei rioni, parte integrante della grande festa di Carnevale, solitamente prese d’assalto dopo aver assistito alle sfilate dei carri. 

In questi ultimi giorni i maestri carristi sono chiusi con i loro staff negli hangar della Cittadella e stanno completando carri e coreografie.


leggi anche:   Alla scoperta di Viareggio mentre sfila il Carnevale


Si cerca in tutti i modi di salvaguardare l’anima del Carnevale di Viareggio, che è un qualcosa di unico nel calendario delle manifestazioni carnevalesche. Innanzitutto per il gigantismo delle costruzioni: col passare degli anni i carri allegorici, dalle modeste carrozze degli inizi (1873) sono diventati le mastodontiche strutture di oggi che spesso sovrastano i palazzi che si affacciano sulla passeggiata a mare, come testimoniamo le foto del viareggino Aldo Umicini che accompagnano questo scritto.  

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L’altra caratteristica è l’attenzione ai temi sociali e politici. Sono carri allegorici ma anche molto didascalici, perché i maestri carristi oltre che abili costruttori si mostrano dotati di una straordinaria capacità politica di cogliere con gli occhi della satira come va il mondo. A tal punto che se qualche politico che va per la maggiore non dovesse essere preso in giro, probabilmente si tratterebbe di una bocciatura. Anche se, stando ai bozzetti dei carri di prima e seconda categoria, delle mascherate di gruppo e delle maschere isolate, sembra che nell’edizione di quest’anno i politici siano stati completamente ignorati. I tempi degli Andreotti, dei Fanfani, dei Craxi, dei Berlinguer, per dire di alcuni leader politici italiani, appaiono lontani. Ci sarà un omaggio a Vasco Rossi per i suoi 70 anni,  sarà fatto oggetto di attenzione il cantante Achille Lauro. Qualche mascherata sarà dedicata a Mattarella, il nuovo Presidente della Repubblica appena rieletto, e a Draghi.

Mancano i politici, ma non i grandi temi politici e sociali. Quelli di quest’anno sono la ripartenza dopo Covid, lockdown, chiusure e limitazioni varie, la sicurezza sul lavoro, la parità di genere. Quasi un programma di governo, una sorta di Pnrr affidato agli occhi creativi dei maestri carristi.


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Personalmente non potevo non imbattermi nel Carnevale di Viareggio e il mondo che gli gira intorno senza venirne coinvolto. Quasi fosse già scritto nel mio destino. Bisogna però partire da ricordi ahimè molto lontani, che risalgono agli anni Settanta e Ottanta, alle sfilate dei carri mascherati nella mia città natale, San Benedetto del Tronto.  Anche lì ho avuto modo di assistere a qualche sfilata di carri allegorici a tema che, finita la festa, venivano riposti in un grosso capannone dietro la curva nord del vecchio stadio Fratelli Ballarin. Allora non lo sapevo né lo immaginavo, ma anni dopo ho scoperto perché erano carri con molte somiglianze con quelli di Viareggio. 


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San Benedetto del Tronto e Viareggio diventarono città gemellate nel 1993. Viareggio deve molto ai pescatori sambenedettesi. Intere famiglie infatti all’inizio del ‘900 si trasferirono in Versilia per poter svolgere l’attività della pesca. C’è un libro di Egisto Passaglia, “Gente di mare”, del 2003, che è un omaggio alle famiglie che hanno fatto la storia della marineria a vela di Viareggio. Il libro è una raccolta di articoli dello stesso Passaglia su personaggi e famiglie di Viareggio ma anche di San Benedetto del Tronto che con il loro coraggio e la loro intraprendenza hanno segnato lo sviluppo economico e sociale della città toscana. Sono cognomi e soprannomi che ancora oggi tutti ricordano, i cui discendenti richiamano immediatamente alle loro radici sambenedettesi.  Sono i famosi “trabaccolari” che prendono il nome dalle barche, i trabaccoli con cui pescavano (imbarcazioni di 10-15 metri con vele latine e la carena quasi piatta utilissima per poterle tirare rapidamente a secco) che agli inizi del ‘900 con gli scafi caricati sui carri merci ferroviari iniziarono a traferirsi sulle coste del Tirreno, in particolare appunto a Viareggio. Fu così che ebbe inizio l’epopea dei Mazza, dei Romani, dei Rosati, dei Palestini che trasformarono il porto  in uno degli approdi pescherecci più importanti del Mediterraneo.

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Fu il sambenedettese poi viareggino Paolo Palestini che nel 1944 convinse il generale americano Mark Clark, comandante della V Armata alleata - ricorda Egisto Passaglia nel libro - a sminare il litorale viareggino e consentire alle barche di riprendere l’attività di pesca.

Una curiosità di carattere gastronomico: chi ha avuto modo di frequentare un ristorante di Viareggio avrà sicuramente assaggiato una “trabaccolara”, il piatto tipico (insieme al cacciucco, che è diverso da quello di Livorno) della cucina locale, oggi noto in tutta Italia. Ebbene, il copyright di questo squisito piatto di pasta col pesce è viareggino, anche se il nome è un chiaro riferimento e omaggio ai “trabaccoli” dei pescatori sambenedettesi arrivati nei primi anni del Novecento. Ma, altra curiosità, nei menù dei ristoranti di San Benedetto del Tronto, dove i piatti a base di pesce rappresentano il meglio dell’offerta culinaria, della trabaccolara non troverete traccia.

Il gemellaggio ufficiale tra le due città era dunque scritto nei fatti, nella storia, nella vita delle due comunità. Anche per quanto riguarda le feste di Carnevale. È scritto anche sul sito online del comune di San Benedetto del Tronto, dove si spiega che i carri delle edizioni degli anni Settanta e Ottanta sono chiaramente ispirati ai carri di Viareggio. Ma mentre il Carnevale sambenedettese non è mai assurto alla notorietà nazionale, quello di Viareggio di strada ne ha fatta molta.


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Trasferito nel 2002 in Toscana per dirigere la redazione regionale della Rai, inconsapevole portatore del Dna del Carnevale per via della storia in comune delle due città, mai avrei immaginato di dovermi occupare con così tanto coinvolgimento personale del Carnevale di Viareggio.  

La storia del rapporto Rai-Carnevale di Viareggio viene da molto lontano.

Pochi forse lo sapranno, ma nel 1954 fu proprio il Carnevale viareggino ad essere stato scelto come grande evento mediatico per la prima diretta televisiva in esterna della neonata Rai. Quattro anni dopo fu oggetto addirittura del primo collegamento Rai in Eurovisione.


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La diretta è tornata in maniera continuativa nel 2006. Il pressing dell’allora presidente della Fondazione Carnevale, Elio Tofanelli, del direttore della stessa fondazione Guido Bimbi, collega già dell’Unità e della Rai, e di Guido Niccolai, responsabile in quegli anni della comunicazione dell’Azienda di promozione turistica della Versilia, risultò decisivo per il buon esito dell’impresa. Fu così che andò in onda la prima diretta televisiva nazionale, di un’ora circa, il 28 febbraio 2006, alle 13, sulla Terza rete. Una scommessa vinta. Il titolo della Nazione di Viareggio: “Che martedì grasso: diretta Tv e pubblico, lo show Rai ha funzionato”. E nelle pagine interne: “Una diretta da sballo”. L’idea fu di riproporre, all’altezza di Piazza Mazzini, lo spiazzo ellittico della Cittadella. Quella prima edizione fu l’unica con i carri non in movimento ma schierati (come una scena da film western, quella in cui i carri si schierano in cerchio per meglio difendersi dagli attacchi degli indiani!). “Un colpo d’occhio – scrisse la Nazione – visto da Piazza Mazzini era quello di un grande anfiteatro di cartapesta con dentro un bel guazzabuglio di suoni, colori e maschere. Insomma, una sana confusione carnevalesca”. Dall’anno successivo i carri tornarono nella loro naturale passerella lungo la Passeggiata a mare. 

Ma è un Carnevale così particolare da meritare una diretta RAI nazionale che si ripete ad ogni edizione dal 2006? La risposta è sì. Le manifestazioni carnevalesche italiane sono tante e tutte meritorie, ogni Carnevale è il più bello di tutti gli altri, ma quello di Viareggio in più è diventato una vera industria del divertimento.

Il Carnevale accompagna la città tutto l’anno. Natale, Capodanno, la Befana, Pasqua, Ferragosto e le altre feste “comandate”, laiche e religiose, sì, va bene, ma è il Carnevale l’unico appuntamento dell’anno che conta. Come se i viareggini avessero i coriandoli che scorrono nelle vene.

Se va bene il Carnevale va bene tutto il resto. Un po' come accade con lo scoppio del carro matto a Pasqua a Firenze, se la missione della Colombina va in porto, sarà una buona annata. 

A Viareggio hanno perfino costruito la fabbrica del Carnevale, la Cittadella. È quel vistoso edificio poco dopo l’uscita dell’autostrada Viareggio nord, prima di entrare in città. Chi arriva in auto non può fare a meno di notarla. Non risulta in Italia un centro tematico dedicato alle maschere così imponente, per dimensioni, spazi, servizi. Due enormi edifici che si affacciano l’uno sull’altro in una piazza a forma ellittica e che ospitano sedici hangar, otto per edificio, dei costruttori dei grandi carri, due Musei, un centro di documentazione. La piazza d’estate diventa arena per spettacoli. 


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(Il maestro Arnaldo Galli)


Da qui sono usciti quelli degli ultimi vent’anni. E si potranno ammirare le meraviglie, veri e propri teatri viaggianti, fatte di cartapesta e di altri materiali più moderni e innovativi, vere opere di ingegneria dello spettacolo, realizzati dai maestri carristi. Alcuni di loro sono diventate star del mondo cinematografico. Il loro decano, il più famoso di tutti, è Arnaldo Galli, scomparso nel 2019, plurivincitore con 20 successi tra i carri di prima categoria. Federico Fellini, dopo una visita ai baracconi di via Cairoli, la precedente sede prima del trasferimento alla Cittadella, affidò a Galli le scenografie del film “I Vitelloni”, nel 1953. Fellini lo richiamò nel 1962 per “Boccaccio ’70”, nel ’76 per “Casanova”, per cui realizzò la polena, che raffigurava un volto che affiorava dalla laguna di Venezia fino al livello della bocca.

Anche gli organizzatori dei mondiali di calcio del 1990 si affidarono ad Arnaldo Galli e altri maestri della cartapesta di Viareggio per realizzare i 24 palloni di 4 metri di diametro con i colori delle nazioni partecipanti da cui nella cerimonia di inaugurazione avrebbero liberato in aria palloncini colorati. 


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La Cittadella fu inaugurata il 15 dicembre 2001. Prima i carri nascevano in vari luoghi della città, ogni luogo era buono per modellare creta, gesso e carta. Nel dopoguerra, furono costruiti i baracconi di via Cairoli, distrutti in un incendio nell’estate del 1960. A tempo di record furono costruiti gli hangar in via Marco Polo che hanno custodito il Carnevale per quarant’anni. Infine, tutti in Cittadella.

Da dove anche quest’anno si ripeterà il rito dell’uscita. E allora vedremo in azione Don Chisciotte “Il sognatore” di Jacopo Allegrucci, “Dotti, medici e sapienti” di Alessandro Avanzini, ”La festa dei folli” di Luca Bertozzi, “La formica e la cicala” di Luigi Bonetti, “E quindi uscimmo a riveder le stelle” di Umberto, Stefano e Michele Cinquini e Silvia Cirri, un chiaro auspicio di tornare alla vita, in strada a ballare, abbracciarsi e sapere chi siamo dopo il lockdown, il distanziamento, la negazione di abbracci; “Homogeneity”, la parità di genere vista da Fabrizio Galli su idea e bozzetto di Valentina Galli; “Reset” di Lebrigre e Roger (ripartiamo da zero, anzi, da sottozero, come immaginano i costruttori); “Il futuro? Un’ipotesi”, di Luciano Tomei, infine “Manipulation” di Roberto Vannucci, la comunicazione che può rivelarsi un pericoloso strumento di manipolazione.


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Nove carri di prima categoria che disegnano il tema del futuro. Saranno i protagonisti delle sei sfilate in programma quest’anno, ma non saranno i soli, perché insieme a loro sfileranno quattro carri di seconda categoria, nove mascherate di gruppo, dieci maschere isolate. Uno straordinario e variopinto teatro viaggiante, lungo due chilometri e mezzo, che il Carnevale di Rio gli fa un baffo.


 *FRANCO DE FELICE  (Del 1949, nativo sambenedettese e con la passione del mare. Studi classici, ingegnere meccanico mancato per colpa del giornalismo. Ho cominciato nel 1975 con l’Unità, da San Benedetto del Tronto ad Ancona, a Bologna a Roma. Ho lasciato l’Unità nel dicembre del 1988 per la Rai, ricominciando di fatto lo stesso percorso, da Ancona a Bologna, poi a Firenze, dove per dodici anni sono stato a capo della redazione toscana. La mia residenza è ancora in provincia di Firenze, ma il cuore è rimasto a San Benedetto del Tronto)
 


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