Russia, quanto costa la guerra? Il "sito dei prigionieri" e la rivolta delle madri

di ANNA DI LELLIO*

Quanto costa questa guerra alla Russia? Centinaia di esperti sia di economia che di sicurezza stanno facendo i calcoli sull’impatto delle sanzioni piovute sulla Russia da tutto il mondo: impatto sugli oligarchi, sulla gente ordinaria e infine sull’intero “Sistema Putin” di governo. Al costo economico si associa il costo umano ma ci vorrà del tempo per calcolare entrambi. anche se i numeri sono contestati, come avviene in tutte le guerre, è il costo umano sul campo di battaglia che comincia ad apparire come il più grave e potenzialmente destabilizzante per Putin. 

Gli ucraini, che si stanno dimostrando formidabili oppositori non solo sul terreno ma anche nel cyber space, lo sanno bene. Il loro Ministero degli Affari Esteri ha creato il sito https://200rf.com, un rIferimento al Cargo 200, il trasporto dei corpi di soldati morti. Dagli anni '80, cioè dalla guerra dell’Afghanistan, Cargo 200 è un nome noto a tutti in Russia. Anche senza capire quella lingua o l’ucraino, si dovrebbe visitare questo sito per avere un’idea della realtà sul campo, che è certamente filtrata dalla propaganda di guerra, ma non troppo lontana dal vero.




A chi si indirizza la propaganda ucraina? Non all’occidente, ma ai russi, in modo particolare le mamme e le nonne russe. Furono loro che nella primavera del 1990 scesero in piazza per manifestare contro la violenza che uccideva i figli nelle caserme. Il loro movimento, chiamato Comitato delle Madri dei Soldati (oggi Unione dei Comitati), rivelò che in Afghanistan in dieci anni furono uccisi 15 mila soldati russi (si faccia il paragone con i 2500 Americani uccisi nello stesso paese in venti anni). 

Era l’epoca del grande riformatore Gorbachev ma l’esercito russo, mai riformato, era oppresso dal dedovshchina, un sistema di gerarchie di potere informale che permetteva ai soldati più anziani di terrorizzare e uccidere le nuove  reclute con impunità, una sorta di nonnismo impazzito. Se si vuole leggere di più su questo movimento il saggio di Julie Elkner su The Journal of Power Institutions in Post-Soviet Societies è ricco di spunti, informazioni, ed analisi. 

Il movimento delle madri fu la prima contestazione dell’immagine sentimentale ed iconografica, resistente  fino ad allora a qualsiasi critica, dell’esercito russo. Dice la Elkner che questo movimento riuscì, nonstante la campagna repressiva dell’esercito, a scalfire profondamente quell’immagine durante I’epoca di Gorbachev. Non è difficile indovinare che tipo di propaganda esercito e governo impiegarono per screditare e tacitare le madri: “isteriche,” “sbalestrate,” pericolose perché avrebbero “femminizzato” l’esercito prima, tutti gli uomini russi dopo.  La propaganda colpì anche i soldati critici, chiamati “figli di mamma.” 



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Gorbachev non ebbe alcuna chance di espandere la sua glasnost. Yeltsin promise riforme ma non se ne fece niente. Di Putin conosciamo gli intenti restauratori. Il risultato è che l’esercito russo è rimasto irriformato, violento internamente come quello sovietico, e completamente chiuso a qualsiasi cambiamento. Le madri dei soldati non hanno vinto molto, ma continuano a mobilitarsi.

È ancora presto per dire come saranno toccate dalla campagna ucraina di informazione, dato che in Russia la censura non fa filtrare notizie. Possiamo immaginare come sia orribile poter identificare sullo schermo del proprio computer, se possono collegarsi con il sito 200rf tramite VPN, il proprio figlio morto, o ferito o catturato. 

Come si muoveranno le madri? In questi giorni abbiamo visto immagini di proteste per la pace nelle principali città russe, ma la protesta delle madri sarà molto più mirata e bruciante. E troveranno molti ostacoli perché la legge dello scorso ottobre che criminalizza l’azione delle organizzazioni non governative limita fortemente la libertà di espressione.

Avremmo dovuto forse leggere la recente messa al bando di Memorial, organizzazione che raccoglieva documentazione sugli abusi dei diritti umani durante il periodo sovietico ma anche quello attuale, non come la solita uscita autoritaria di Putin ma come un anticipo del rafforzamento della censura di guerra. Ne ha scritto in modo eloquente Masha Gessen sul New Yorker il mese scorso. Ma se c’è qualcosa che la storia ci ha insegnato è che madri e nonne non hanno mai paura di protestare; si ricordi il coraggio delle madres argentine sotto una dittatura fascista sanguinaria. 

I numeri dei morti russi in questa prima settimana della guerra di aggressione contro l’Ucraina sono molto contestati. Fonti ucraine parlano di più di 7 mila. Sulla base di informazioni satellitari, fonti americane ed europee stimano 2mila perdite. Difficile dire quale sia il numero esatto, ma è anche difficile negare l'autenticità delle immagini dei cadaveri dei soldati russi abbandonati per strada, fotograti dai media di tutto il mondo. 

Sappiamo poco anche delle diserzioni, a parte alcuni episodi aneddotici che parlano anche di auto-sabotaggi. I disertori sono l’insulto più forte all’esercito russo, come a tutti gli eserciti in realtà. Perché i soldati disertano? Perché non credono alla loro missione e quindi neanche ai leader che li hanno mandati a combattere e morire.  L’ultima volta che ci fu una diserzione di massa nell’esercito russo fu durante la prima guerra mondiale. Cominciò nel 1914 con qualche decina di migliaia e nel 1917 si arrivò a due milioni di disertori. E la Russia cambiò regime.

 

 

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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