Recensione - Panini, i sogni nelle bustine

di ANDREA ALOI*

F.lli Panini - via C. Maraldo 32, Modena. Questa è una storia d’ingegni veri, intuizioni e coraggio, di un miracolo italiano targato Emilia che ha conquistato il mondo. Basta la parola, perché dici “Panini” e già sorridi alle figurine dei calciatori che erano i tuoi dollari da bambino, la moneta da tutti accettata, ti rivedi all’edicola per il fatidico acquisto speranzoso delle bustine, ci troverò finalmente Schiaffino in maglia Roma? E Frustalupi nel classico cilestrino laziale? Una privata mitologia piccina che il ricordo ispessisce, corredandola con gli aromi soavi della coccoina, e giù a incollare spennellando e l’album che man mano diventava spesso così, un faldone di sogni, speziato dal piacere di collezionare, di scambiare. Ma pure con le moderne “figu" adesive si trepidava e si sfogliava e commentava (l’ho ben visto mio figlio alle prese con l’album dei Mondiali 1994). E poi, non usiamo il tempo passato, che l’avventura mica è finita e nelle redazioni sportive l’annuale Almanacco del Calcio rimane una bibbia indispensabile. Fa testo, c’è scritto sul Panini e stop.

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(La copertina del primo album Panini)

Fin qui si sta tra i bagliori della memoria e in tanti (troppi) si sono già nostalgicamente esercitati. Leo Turrini - penna educata e brillante, giornalista di Resto del Carlino, Nazione e Giorno, esperto e cultore di F1, autore di libri su Lucio Battisti, Enzo Ferrari, l’Inter, Alberto Tomba - è andato oltre. Col suo “Panini. Storia di una famiglia e di tante figurine” (edizioni Minerva) si viaggia di gusto tra guerre ed exploit, peripezie e strepitose risalite di una stirpe segnata da intelletto sveglio e forte, indomabile spirito di squadra. Sono pagine generose, dove il contesto politico, sociale industriale ha la sua bella, circostanziata parte, dagli anni del Ventennio al “risorgimento” postbellico, accanto ai mille guizzi di una vicenda strepitosamente unica e affascinante, in cui Turrini, nato a Sassuolo, sguazza empaticamente a mille.

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Radici nei campi, il capostipite Antonio Panini viene da Pozza di Maranello, è un contadino meccanizzato con tanto di trattore e siccome dai guai può nascere del buono, visto che in guerra (la Prima, quella dell’“inutile strage”) ci deve andare, sceglie di diventare aviatore. Viti, bulloni, motori. Pane per lui come per Enzo Ferrari, il principe e cavaliere di Modena e dell’Emilia Romagna tutta, terra di rombi, benefiche follie e meccanica fine. Antonio dopo il congedo prende un brevetto per conduttore di caldaie a vapore e lavora all’Accademia Militare. Conosce e sposa Olga Cuoghi, figlia di casari, amante della lettura e questo non è un dettaglio da poco. Avranno otto figli, Veronica, Norma, Maria Luisa, Edda, Giuseppe, Benito, Umberto e Franco. Quasi una squadra intera da aggiungere all’album.

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Antonio Panini muore nel novembre del ’41. La guerra si fa sempre più sentire, Giuseppe ha trovato un lavoretto in officina e si va avanti stringendo la classica cinghia. Olga ha notato da tempo che l’edicola all’angolo di corso Duomo è chiusa, s’informa, rilevarla costa non poco ma i soldi li recupera e il 6 gennaio 1945 apre il chiosco, tra giornali, riviste, vecchi libri, il poco che il momento drammatico consente. È un giorno di neve e l’atmosfera, con quel buon friccico al cuore dell’attività che parte, regalerebbe un’atmosfera alla Frank Capra se non fioccassero anche bombe, tra i sussulti ultimi e velenosi del nazifascismo. In edicola aiutano Franco, Benito e Veronica, Umberto l’apre tutte le mattine alle 6 poi va in fabbrica: è meccanico alla Maserati. E già qui ci sarebbe da metter mano al cappello, che famiglia!

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(Il chiosco della famiglia Panini)

Il dopoguerra porta nuovi giornali, mille iniziative editoriali: la chiamano libertà. Arrivano gli anni Cinquanta e, con una discreta colonizzazione dell’immaginario da parte della cultura Americana, i primi fumetti made in Italy di Tex Willer. Le avventure di “Aquila della notte” vanno a ruba, come le gesta in bianco e nero di Blek Macigno e di Capitan Miki. L’occhiuta censura clerico-democristiana ritiene quelle pubblicazioni pericolose per le menti dei teneri virgulti, meglio non esporle. Ed ecco subito il genio “paniniano” all’opera: i fumetti vengono venduti in “buste a sorpresa”. Successone. Decolla pure e bene un’altra iniziativa: perché il collezionismo deve essere riservato ai ricchi? I Panini recuperano buste affrancate di tutto il mondo, “salvano” i francobolli e li vendono, in bustine, ovvio: 20 francobolli per 50 lire. Giuseppe non si accontenta, nel ’56 ci prova anche con un album-collezione di piante e fiori. Un flop, però di lì a poco la svolta.pagineJPG

Una casa editrice milanese, la Nannina, manda nelle edicole figurine dedicate al calcio, è il campionato 1960-61. La raccolta si chiama “Gol”, in copertina c’è la vignetta tristanzuola di un arbitro con l’aria fessa. Idea eccellente, venduta male. Giuseppe coglie la palla al volo e insacca. Il primo vero album Panini (“Grande raccolta figurine calciatori-campionato italiano di calcio”) va in edicola nell’autunno del ’61, in copertina un imponente Nils Liedholm che colpisce di testa. L’immagine è folgorante e il campione svedese del Milan ha appena mollato col pallone, così i tifosi di Inter o Juventus non se la prenderanno. Nelle buste, riempite a mano, un tesoro: figurine a colori, una novità succulenta che i Panini offrono orgogliosi dopo aver scovato a Parma una fotolito in grado di destreggiarsi nella foresta cromatica della Serie A, a partire dal nerazzurro Bruno Bolchi, leggendaria figurina numero 1. Con un plus da applausi, nelle buste i bambini troveranno anche le immagini dei giocatori del Grande Torino, un memore inchino ai caduti di Superga, a Bacigalupo, Maroso, Gabetto, Menti, Loik, Ossola, Valentino Mazzola e compagnia eroica che tutta l’Italia applaude.Enzo Ferrari a Modena con la mitica Panini di PallavoloJPG

(Enzo Ferrari e la mitica Panini di pallavolo)

Dal ’65 sulla copertina degli album campeggia la celeberrima, iconica rovesciata dello juventino Parola, però resa ecumenica da maglietta rossa, pantaloncini bianchi e calzettoni neri e gialli. Le buste si vendono a milioni, presto Umberto, rientrato dal Sudamerica, offre un contributo eccellente alla causa inventando la Fifimatic, pionieristica macchina per imbustare. Parliamo di boom, vanno forte le collezioni di “Bandiere da tutto il mondo”, di “Animali di tutto il mondo” di “Sprint” dedicata ai campioni del ciclismo. Le buste Panini ormai invadono l’Europa e nel Belgio bilingue, a scanso di proteste, i dati dei corridori vengono scritti non solo sotto, ma anche sopra le figurine: sopra fiammingo, sotto vallone. Che lenze i Panini. E “Le avventure di Pinocchio”? Il Programma Nazionale della Rai le trasmette in bianco e nero, i Panini in busta mettono le immagini salienti dello sceneggiato a colori. Il “Sandokan” di Kabir Bedi in figurine è un altro, l’ennesimo, successo.

E dopo? Affidatevi al libro di Turrini, la favola dei magici Panini è una busta pronta a regalare mille sorprese.

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"Storia di una famiglia e di tante figurine" di Leo Turrini
edizioni Minerva pagine   317  euro       17,10


*ANDREA ALOI (Torinese impenitente, ha lavorato a Milano, Roma e Bologna, dove vive. Giornalista all’Unità dal ‘76, ha fondato nell’ '89 con Michele Serra e Piergiorgio Paterlini la rivista satirica “Cuore”. È stato direttore del Guerin Sportivo e ha scritto qualche libro) 

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