RECENSIONE - "Cara pace", squarciare la corazza per rileggere il passato

di MADDALENA TULANTI* 

Sì, forse per raggiungere una “Cara Pace” è necessario che a un certo punto della vita si debba squarciare o almeno fendere in qualche punto il “carapace” che ci ha sempre difeso. E’ quello che fa, non sappiamo quanto programmandolo a tavolino, la protagonista narrante dell’ultimo libro di Lisa Ginzburg,  “Cara pace”, appunto, uno dei dodici candidati al premio Strega di quest’anno. Figlia dello storico Carlo, Lisa Ginzburg è al sesto importante romanzo. Ha studiato alla Normale di Pisa e si è specializzata in mistica francese del Seicento.

Edito dal Ponte alle Grazie, il titolo appare curioso e sibillino fino a quando non viene fuori che suona con il termine  “carapace” tutto attaccato, quello che ha protetto per una vita intera Maddalena, la voce narrante del romanzo. Quattro capitoli distribuiti in 213 pagine che si leggono  di un fiato ma con l’ansia di arrivare fino alla fine.  Suggestivi e velati anche i titoli dei capitoli: “Le correnti”, “le addizioni”, “le partenze”, “le occasioni”.  E pure in questo caso ogni cosa sarà chiara solo al termine della lettura di ciascuno. La scrittura invece è talmente limpida che il lettore immediatamente cerca di entrare nei panni dell’uno o dell’altro personaggio, scegliendo alla fine quello che più gli assomiglia.


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Le protagoniste  del romanzo sono quattro donne, due in primo piano, sul palcoscenico, le altre due dietro le quinte. Maddalena e Nina sono le attrici principali, sorelle maggiore e minore, rimaste “orfane con i genitori vivi”, come spesso dice la più piccola. Nel senso che la madre Gloria, terza donna del romanzo, le ha abbandonate per seguire un nuovo amore; mentre il padre, Seba, travolto dal dolore della perdita della moglie, si è rifugiato nel lavoro, lasciandole prima alle cure di varie baby sitter poi a quelle di una sola, Mylène, la quarta donna del gruppo.

Maddalena delle sorelle è quella col “carapace”, la timida, la sobria, la riservata, quella che tiene tutti i sentimenti nascosti e composti. Nina, di poco più piccola, è invece “nuda”, con i sentimenti esposti, capricciosa, difficile e - perché bellissima, con magnifici occhi verdi - concentrata solo su se stessa.

E’ Maddalena, detta Maddi,  a tenere il filo del racconto “fra i calcinacci della famiglia”, come ha scritto splendidamente Domenico Starnone. Pur essendo di poco più grande è sempre stata il punto di riferimento della sorellina, “l’unica adulta” della famiglia, come una volta le dice proprio Nina. Ed è una grande verità, perché gli adulti in questa storia sono davvero degli adolescenti, irritanti e irresponsabili.


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La madre perché, nonostante le due figliolette siano ancora molto piccole e bisognose di cura - hanno più o meno dieci anni - si lascia travolgere da un amore tardivo fino alle estreme conseguenze, abbandonandole appunto. L’altro adulto, il padre, appare un inetto: non solo non riesce a tenersi la moglie, e ci sta, ma sacrifica il benessere delle ragazzine sull’altare dell’orgoglio e della vendetta, impedendo alla madre di prenderle con sè senza però farsi carico della loro vita. Cosicché nella pratica anche lui le abbandona, crogiolandosi nel dolore e nell’offesa. Due brutte persone, alla fine.  A un giudizio estremo, nessuno dei due, né Gloria né Seba, provoca empatia. Perché non si può negare che non c’è ricerca della propria felicità che tenga, di fronte alla responsabilità di essere genitore, dinanzi al compito di formare, educare e rendere almeno sereni, se non felici,  chi non ha scelto di venire al mondo.

Ecco perché risulta molto più simpatica la quarta donna, Mylène, che nonostante le ragazze non siano figlie sue cerca di dar loro binari lungo i quali seguire una via diritta. Anche se i binari possono apparire un po’ bizzarri: tipo l’obbligo di praticare sport, la corsa nello specifico, che a suo parere è un rimedio straordinario per lenire ogni dolore. Anche il filosofo Kirkegaard, d'altra parte,  diceva che nessuna rabbia o cruccio o pensiero molesto riesce a resistere a una lunga passeggiata. E Lisa Ginzburg , studiosa di filosofia e lettere, deve saperlo.

Tornando al romanzo, le due bambine diventate ragazze e poi donne, l’una vivendo a Parigi, Maddalena, l’altra a New York, Nina, costruiscono famiglie in apparenza resistenti e forti, ma continuano a cercare solo l’una nell’altra quel guscio che è stato loro negato da piccole.

E sempre secondo lo stesso schema: Maddi protegge e Nina cerca protezione.

Fino a che un bel giorno tutto viene rivoltato e senza una vera e propria ragione. Accade che Maddalena senta il bisogno di tornare a Roma  per ripercorrere le tracce della sua vita. Per rimettere sotto la luce il passato, che, come dice un bellissimo proverbio russo scelto come dedica dalla scrittrice, “è un faro, non un porto”. E a Roma il passato viene infatti illuminato, i lutti forse anche elaborati, e il “carapace” crepato:  ora è possibile una “cara pace”.


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"Cara pace"    di Lisa Ginzburg                        ed. Ponte alle Grazie            pagg. 256       euro  16

Si chiede sempre agli autori di un romanzo quanto ci sia di autobiografico nelle storie che raccontano. Lisa Ginzburg è stata chiara per quel che riguarda questo ultimo romanzo: la nostalgia per Roma, città che ha lasciato da anni per vivere a Parigi, è quella che più si avvicina alla sua personale esperienza.

 Per il resto gli scrittori inventano sempre, pur prendendo sempre dalla vita, la propria e quella degli altri.

E’ inevitabile, dopo tutto  anche essi sono essere umani .  


*MADDALENA TULANTI (Napoletana, ha fondato nel 2000 e diretto fino al 2015 il Corriere del Mezzogiorno Puglia, dorso locale del Corriere della Sera, dopo essere stata capo redattore e corrispondente da Mosca per L’Unità. Oggi è editorialista di Telebari, la prima tv della città di Bari dove vive quando non si occupa dei suoi ulivi a Ostuni. Laureata in Russo con il massimo dei voti presso l’Orientale di Napoli è appassionata di politica internazionale e di geografia e lettrice avida e curiosa di ogni genere letterario. E’ separata, non ha figli, ha tre gatti e una splendida e geniale nipote)

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