Quel Primo dell'anno, digiuni a Lima

di GIORGIO OLDRINI*

Il Capodanno del 1977 per me era cominciato qualche giorno prima, quando a casa mia all’Avana (che in realtà era l’abitazione del corrispondente dell’Unità) si presentarono a nome del Centro dei cileni in esilio Eduardo Contreras, ex parlamentare del Pcch e sindaco di Chillàn, Ruben Zapata, ex parlamentare del Pcch, e Mario Gomez Lopez, giornalista molto famoso in Cile. “Per la prima volta dopo il golpe di Pinochet una esule, Marcela Otero, cercherà di tornare in Cile. Chiediamo a te e al corrispondente dell’Humanité Jean Ortiz di seguirla per testimoniare se le succedesse qualcosa. Partirete da Lima la mattina dell’1 gennaio, così vi mescolerete ai turisti di Capodanno”. 

Mario era un giornalista, soprattutto della radio cilena, molto famoso. Aveva inventato un programma per allora innovativo, “Mario Gomez Lopez y su grabadora”, andava in giro per il Paese e per il mondo intervistando con il suo registratore capi di Stato come Mitterrand e Frei, attrici come Sofia Loren, campioni sportivi. Un passato da giocatore di basket, un vocione importante e una risata fragorosa, nei giorni dopo il golpe era riuscito a rifugiarsi nell’ambasciata del Panama sfuggendo, grazie alle sue qualità di giocatore di basket, all’inseguimento dei poliziotti di guardia; e la foto di lui che si divincola e corre verso la Residenza era diventata una di quelle che testimoniarono la drammaticità di quei momenti. Era noto per il suo successo con le donne e dopo che i tre quel giorno all’Avana mi avevano spiegato cosa avrei dovuto fare e chi contattare a Santiago, Mario mi prese da parte. “Devo chiederti un favore personale. Una volta vai a mangiare al ristorante Pirilimpipausha e guarda le cameriere. Poi, quando torni mi racconti come sono. Sai, ho avuto una storia”. “Va bene, ma quale guardo?” “Tutte”.

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(Perù      foto da pixabay)

Jean Ortiz, Marcela e io partimmo subito dopo Natale e facemmo scalo a Lima. Per il reale meraviglioso che avvolge molte delle vicende latinoamericane, lei aveva la madre e il fratello che vivevano nella capitale peruviana, ed anzi lui era un personaggio politico importante. Marcela capì subito che non avrebbe potuto entrare in Cile, Jean e io decidemmo che saremmo comunque partiti l’1 gennaio, come da programma. Restava da passare a Lima la fine dell’anno. “Vi invito a casa di mio fratello, ci sarà anche mia madre” offrì Marcela . E la madre era diventata la moglie di quello che sarebbe stato qualche tempo dopo il candidato alla Presidenza del Perù Villanueva del Campo. “Cosa possiamo portare?” ci chiedemmo Ortiz ed io. Girando per la città ci imbattemmo in un grande negozio di alimentari italiano dal nome evidentemente genovese, Bacigalupo, e comprammo un grande panettone.

La sera ci presentammo a casa del fratello di Marcela, una bella villa con giardino nella parte ricca della città, e alla moglie del padrone di casa presentammo il nostro panettone “E’ un dolce italiano, anzi milanese” spiegai io con un po’ di orgoglio. Ci fecero una gran festa, passammo in salotto e si diede il via a una conversazione molto gradevole e interessante. Il Perù, il Cile, l’Europa. Ortiz ed io cercavamo di capire quando si sarebbe passati in sala da pranzo, ma la discussione continuava serrata e senza interruzioni. Tutti sembravano molto interessati a spiegare le loro idee e a sentire i nostri giudizi. Verso le 23 il fratello di Marcela si alzò e con nostra grande sorpresa disse “Bene, è stato molto interessante, adesso noi andiamo a letto. Buon viaggio domani”.

Ortiz e io uscimmo nella notte di Lima, affamati e anche un po’ furibondi. “Ma neanche il nostro panettone ci hanno offerto”, tornammo in albergo dove tutto era buio. Alla reception chiedemmo se si poteva almeno mangiare. Il portiere ci guardò con compatimento e per pura gentilezza ci preparò un panino.

La mattina ci recammo all’aeroporto. “Confondetevi con i turisti di Capodanno” ci avevano suggerito i cileni esuli del Centro dell’Avana. Su quell’aereo salimmo in 9, Ortiz, io e altri 7 disperati. Ma a Santiago passammo i controlli senza problemi e fummo i primi giornalisti di quotidiani comunisti ad entrare nel Cile del dopo golpe di Pinochet.


 *GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)

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