Propaganda sconfitta e aviazione in difficoltà, tutti i punti deboli di Putin e dei suoi generali

di ANNA DI LELLIO*

I russi hanno appena diffuso la falsa notizia che in Ucraina gli USA starebbero costruendo armi chimiche e biologiche per farne uso e poi darne la responsabilità alla Russia. La portavoce del presidente americano  Biden Jen Psaki li ha subito smascherati: non è vero niente, sono i russi che si preparano ad usare armi chimiche e diffondono falsità per accusare gli altri di quello che è un crimine di guerra. 

L’amministrazione Biden ha giocato d'anticipo fin dall’inizio, nello smantellare la propaganda russa; e l’analista militare della American Enterprise Institute Fred Kagan ha perfino avanzato l’ipotesi che la tirata di Putin contro il capo del KGB, rimproverato davanti alle telecamere del mondo come uno scolaretto, sia appunto dovuta all’ incapacità dell’intelligence russa di fabbricare provocazioni che diano sostanza alle chiacchiere propagandistiche.

La domanda rimane. Le userà Putin le armi chimiche, come in Syria? Forse si, o forse no. Forse sta agitando questa orribile minaccia per far apparire meno gravi gli assedi alle città ucraine e i colpi di cannone contro i civili. O forse sta cercando di distrarre l’opinione pubblica mondiale ed interna dall’inspiegabile lentezza della sua invasione dell’Ucraina. Insomma, cosa sta succedendo ai suoi piani militari? 

Un’interessante valutazione della situazione fino ad oggi viene dagli esperti militari Fred Kagan, George Barros, e Kateryna Stepanenko, dell’Institute for the Study of War. Intanto c’è la cosiddetta battaglia di Kyiv. Scriviamolo così il nome della città, come lo scrivono gli ucraini e come hanno chiesto gli accademici ucraini con i quali sono in contatto. L’assalto sulla città dovrebbe cominciare tra poco, anche se su scala minore e in maniera più mirata di quella che ci si attendeva. La tensione in città è altissima, ma anche la calma. In una email di ieri, la giovane critica letteraria Mariia Shuvalova si è scusata di avermi risposto con ritardo perché "dovevo cercare un giubbotto antiproiettile per mio fratello,” e poi ha continuato la conversazione sulla letteratura ucraina di guerra. 

Ma tornando agli analisti americani, l’equivalente di una brigade russa rinforzata pare stia tentando di avanzare su Kyiv dalla sua periferia occidentale, ma fa pochi progressi. Operazioni più piccole continuano a consolidare lentamente e gradualmente l’accerchiamento della capitale dal sudovest. L’approccio a Kyiv dall’est è sospeso per il momento, molto probabilmente perché i russi sono concentrati a mettere in sicurezza le lunghe linee di comunicazione che passano in quest’area collegando le basi russe vicine a Sumy e Chernihiv, sotto attacco da parte degli ucraini. La battaglia di Kyiv sarà molto lunga, a meno che i russi non decidano di lanciare un attacco piú coerente e concentrato di quelli che hanno dimostrato di saper fare. 

Sul resto del grande campo di battaglia ucraino, le previsioni sono che i russi probabilmente non prenderanno Kharkiv, ma si limiteranno ad assediarla e poi andranno oltre. In Donetsk e Luhansk ancora non hanno il controllo delle regioni nella loro interezza. Mariupol rimane sotto assedio e bombardamenti. L'esercito di Putin si prepara ad attaccare Zaporizhya ma non ha ancora cominciato. Le forze russe che ora sono a Kherson sembra che vogliano circondare Mykolayiv, ma non hanno ancora attraversato il fiume Bug. E l’attacco ad Odesa (come si scrive in ucraino) non comincerà fino a che i russi non stabiliranno il controllo sul corridoio  che li collega con la Crimea. Si veda la mappa qui sotto.


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Ma perché è tutto così lento, vista la superiorità dell’esercito russo? Justin Bronk, esperto di tecnologia e aviazione militare, offre una prima risposta sul sito del think tank britannico RUSI (Royal United Services Institute). All’inizio si poteva pensare  a fattori diversi per spiegare l’inattività delle forze russe, ma la continua assenza dell’aviazione oggi solleva questioni serie sulle capacità militari dei russi. I jet russi finora hanno fatto molte poche uscite sui cieli ucraini, da soli o in coppia, volando sempre molto bassi e di notte per evitare la contraerea ucraina. 

Bronk è uno che conosce l’aviazione russa, e anzi ne ammira la modernizzazione, iniziata nel 2010. Diamo qualche cifra e nome per i curiosi: la Russia ha acquistato 350 jet moderni, tra i quali dei Sukhoi Su-35S,  Su-30SM e  Su-34. Hanno rimesso a nuovo circa 110 Mikoyan Mig-31BM/BSM e un numero più piccolo di Su-25SM (3). Hanno 300 aerei da combattimento stazionati molto vicino all’Ucraina. Sembrava insomma che fossero intenzionati ad usarli, come hanno fatto abbondantemente in Syria con conseguenze devastanti. E invece no. 

Li tengono lì come riserva, come deterrente ad un attacco NATO? Non avrebbe molto senso, dato che dimostrando una certa incapacità a conquistare velocemente un paese così inferiore in termini di forze armate hanno già indebolito la propria posizione vis-à-vis la NATO.

Non li stanno usando per non danneggiare le infrastrutture di un paese che intendono controllare dopo la guerra? Anche questa spiegazione non ha senso, vista la distruzione già causata dall’artiglieria. Oppure temono di perdere aerei costosi e piloti superspecializzati? Neanche questa spiegazione sembra valida, dato che stanno comunque perdendo molto, in termini di uomini, mezzi, e reputazione, e continuano a perdere molto con il prolungarsi della guerra.

La spiegazione, secondo Bronk, sarebbe che i russi non hanno la capacità istituzionale di programmare e attuare operazioni complesse aeree su grande scala. In Syria hanno fatto molta esperienza (di volo e distruzione), ma hanno sempre volato in piccole formazioni. I loro comandanti hanno pochissima esperienza di operazioni aeree complesse che coinvolgono decine o centinaia di aerei in una situazione di conflitto.  Molti esperti non hanno pensato  a questa possibilità perché in occidente negli ultimi venti anni le operazioni complesse sono la norma: dai Balcani all’Iraq, la Libya, Afghanistan e la Syria. Chi vuole sapere di più sull’argomento può leggere l’intera analisi di Bronk. Resta il fatto che di queste macchine nuove meravigliose che hanno acquistato è molto probabile che i russi non sappiano che farsene. 

Ma la lentezza dell’avanzata russa non si deve solo all’incapacità dell’apparato militare. Gli errori di tattica sono accompagnati da un grande errore di strategia, molto probabilmente dovuto al fatto che come molti leader autoritari Putin ha creduto alla sua stessa propaganda. Se davvero aveva pensato di poter entrare in Ucraina con i carri armati ed essere accolto come un salvatore si è sbagliato di grosso perché non aveva previsto non solo la forza e la determinazione della resistenza ucraina; non aveva previsto la tenuta delle istituzioni ucraine. Qui si trova la più grande sconfitta della propaganda russa, che ha passato anni ad insistere che l’Ucraina era un “failed state,” uno stato al collasso, incapace di funzionare. 

Recentemente la società Meta ha identificato e bloccato due campagne propagandistiche russe. Una di queste consisteva in una rete di circa 40 account, pagine e gruppi su Facebook e Instagram, operati dalla Russia e dall’Ucraina, che usavano profili falsi, incluse foto generate da computer, per mascherarsi da media indipendenti e postare storie sull’Ucraina come failed state.

La sinistra europea e non solo europea, ha creduto e continua a credere a questa falsità, e quel che è peggio a propagandarla, contro ogni evidenza. Katrina van den Heuvel, direttore di The Nation, rivista iconica della sinistra americana, lo ha ripetuto ancora una volta sul Washington Post il 15 febbraio scorso: “In realtà, l’Ucraina è la cosa più vicina ad un failed state che abbiamo in Europa.” Ci penso ogni volta che vedo un’intervista non solo con il presidente Zelensky e membri del suo governo, ma con i sindaci di città sotto le bombe, con i membri della difesa territoriale, o con i civili che organizzano la resistenza. Se c’è qualcuno che non è in contatto con la realtà, non è solo Putin.

 

*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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