Ponti di Lucerna, cuore della Svizzera

di MARCELLA CIARNELLI*

Per molti anni in Svizzera ci sono capitata per lavoro. Per lo più a Ginevra, per seguire convegni o visite ufficiali alle Nazioni unite, alla Croce Rossa o al Cern, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, ora diretta da un’italiana, Fabiola Gianotti. Al primo impatto tutti i luoghi comuni su questo paese nostro confinante, grande circa il doppio della Lombardia ma con meno abitanti, mi sono stati confermati. Ordine, pulizia, ovunque le sedi discrete ma imponenti di banche e fortini dell’economia mondiale. Enormi negozi di orologi, veri supermercati delle grandi marche. E poi cioccolata a go go. Sfusa, a pacchetti, bon bon, cioccolatini al sapore di qualunque cosa vi venga in mente. Sfoglie e tocchi. Blocchi. Schegge. 

Visite interessanti, tali da suscitare la voglia di andare a scoprire cosa ci fosse oltre. Di arrivare a vedere l’altro Paese, quello dei ventisei cantoni così diversi per origine e lingue. Quelle ufficiali, c’è scritto anche nella Costituzione, sono quattro: tedesco, francese, lingua romancia e italiano. I primi tre cantoni si allearono nel 1291, dando vita a uno degli stati più antichi del mondo. Ora sono 26 e danno vita a una repubblica federale democratica il cui motto è “uno per tutti, tutti per uno”. Il sistema prevede, attraverso i referendum, la partecipazione attiva dei cittadini. Dal 1848 ci sono state 312 consultazioni popolari. Il lungolago e lhotel des alpes     foto Paola cadorinjpeg

(Lungolago e Hotel des Alpes          foto di Paola Cadorin)         

Per conoscere al meglio il cuore di un Paese cosa c’è di meglio della città che ne è il cuore stesso per collocazione geografica e non solo? Vale a dire Lucerna, che divenne autonoma prima del 1200 (ma si hanno tracce fin dal 750). Per la sua storia avrebbe meritato di essere capitale, ma si trovò a pagare a favore di Berna lo scotto di aver votato a maggioranza, nel 1848, contro la Costituzione federale. Lucerna è la città dei ponti e delle piazze. Dei palazzi decorati e delle fontane policrome. Del lungolago colorato da innumerevoli bar e ristoranti (da non perdere il fish - rigorosamente di lago - and chips dell’hotel Des Alpes). 

Le vicende familiari a volte favoriscono lo svelarsi di una curiosità. A me è capitato così. Ed eccomi a passeggiare sul ponte della Cappella, 170 metri di lunghezza, con vista sulla Torre dell’acqua, entrambi cominciati nel 1300 e terminati trent’anni dopo. Il ponte di legno più antico d’Europa conserva o, meglio, conservava una serie di tavole triangolari con un ciclo di dipinti aggiunti nel diciassettesimo secolo. Gran parte sono stati distrutti nell’incendio del 18 agosto 1993. Dopo otto mesi il ponte fu di nuovo agibile e numerosi dipinti sono stati riprodotti o sostituiti. Eh, la Svizzera… 

Ponte  della cappella e Torre dellacqua     foto di Paola Cadorinjpeg

(Ponte della Cappella e Torre dell'acqua        foto di Paola Cadorin)           

Quest’anno i quasi trentasei, consueti, milioni di pernottamenti sarà difficile raggiungerli. I negozi lussuosi di orologi sono in gran parte chiusi.  Il virus ha fermato i turisti normali e le comitive ricche degli stranieri, giapponesi, cinesi e americani in prima linea, che uscivano da quei negozi con pacchi e pacchetti e che acquistavano Rolex come fossero Swatch, per poi risalire sul bus di lusso e concedersi - perché un po’ di cultura ci sta bene anche se addosso, a cominciare dagli occhiali, si esibiscono solo grandi firme - una visita alle Mura del Musegg, lunghe 800 metri e intercalate da nove torri, o al Leone morente dello scultore danese Thorwaldsen realizzato nel 1821 in memoria delle guardie svizzere che persero la vita durante i disordini alle Tuileries il 10 agosto del 1792 mentre cercavano di difendere il re di Francia. In quel luogo c’è la memoria della storia di un popolo poverissimo costretto a divenire mercenario per sopravvivere. Al servizio di re e potenti fino ad arrivare ad essere le guardie del Papa. Ed ora rifugio discreto di ricchi e dei loro patrimoni. Il leone morente     foto di Paola Cadorinjpeg

(Il leone morente        foto di Paola Cadorin)

La scultura del leone morente, una volta terminata,  rivelò una vendetta dello scultore cui non era stato corrisposto il compenso pattuito. Bastò per la vendetta un cambiamento sostanziale alla forma della nicchia che accoglie l’animale, che fu modellata sulle sembianze di un maiale. Bisogna guardare con attenzione per scoprire il disprezzo dell’autore nei confronti del committente inadempiente, sintetizzato nella sagoma suina.

 Imperdibile a Lucerna è la collezione Rosengart. E’ un museo che consente di ammirare quadri importanti ma anche di  scrutare nell’amicizia dei proprietari con Picasso ed altri grandi autori. Dell'artista spagnolo si possono ammirare oltre che le opere, 32 dipinti della maturità e un centinaio di acquerelli e disegni, anche tante fotografie di amicizia e famiglia con colui che ne ha fatto poi donazione alla città, Siegfried Rosengart, commerciante d’arte. Nella collezione sono esposti anche opere di Monet, Cézanne, Mirò, Chagall, Matisse, Renoir assieme ad altri importanti autori, e 125 tra acquarelli, disegni e dipinti di Paul Klee. Opere “scelte con il cuore”, selezionate “secondo criteri soggettivi ma che rispecchiano le predilezioni dei collezionisti”. Il lago dei quattro cantoni dal Pilatusjpg

(Il lago dei quattro cantoni dal Pilatus       foto di Paola Cadorin)

La Svizzera è la nazione dei 1.500 laghi su cui c’è sempre un piccolo traghetto che ti fa cambiare prospettiva. Anche su quello dei quattro Cantoni, dalla linea disomogenea, contorta, ricca di anse e di fiordi, su cui si affaccia il praticello del Grütli, luogo in cui la tradizione vuole che sia stata fondata la confederazione elvetica, tant’è che ogni primo di agosto lì se ne celebra la commemorazione. Per osservare al meglio questo enorme specchio d’acqua, che è noto anche come il lago di Lucerna,  vale la pena di uscire dalla città e arrampicarsi con una ferrovia a cremagliera, la più ripida del mondo, sul massiccio montuoso del Pilatus che fu scalato per la prima volta nel 1518 da un coraggioso e resistente Joachim Vadiano. Un picco che sale fino a 2.128 metri. Da qui lo sguardo arriva ai massicci montuosi circostanti. Il nome Pilatus sembra essere collegato alla sepoltura di Ponzio Pilato ma anche a favole e narrazioni antiche di cui sono protagonisti animali selvatici e draghi. Il lago di sarnen      Cadorinjpeg

(Il lago di Sarnen        di Paola Cadorin)

Il lago tortuoso, si racconta, era collegato, ora non lo è più, al lago di Sarnen, cittadina ridente e tranquilla a qualche chilometro da Lucerna dove è possibile, al Kaffee 13/15, gustare un quasi caffè italiano, evento straordinario da queste parti.

La cittadina divide la sponda di sinistra con Sachseln,  luogo molto noto e vissuto dal turismo religioso dato che vi visse Bruder Klaus, Nicolao della Flüe, nato nel 1417 e qui morto nel 1487. Fu un mistico medioevale canonizzato nel 1947, le cui spoglie sono accolte nella chiesa parrocchiale costruita tra il 1672 e il 1684.  Avventuroso e contadino, magistrato e deputato della Dieta federale, Nicolao è stato un santo scomodo. Si sposò e la moglie lo sostenne in tutte le sue scelte, ebbe dieci figli poi scelse l’eremitaggio dopo una breve attrazione per il mondo fuori dalla sua terra. E’ il santo patrono della Svizzera. Riconosciuto anche nei cantoni protestanti.

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(La piazza di Sachseln       di Paola Cadorin)

 Abbiamo detto prima di finanza e banche, montagne altissime e tanti laghi. La cioccolata e gli orologi. Tutto ad assecondare l’idea che la Svizzera trasmette di sé, tra mucche che ruminano sui prati verdissimi e cigni che ti scrutano anche da molto vicino. Ecco le immagini, patrimonio di tutti, di questo paese neutrale che è il cuore dell’Europa geografica senza fare parte di quella politica e che rivendica e difende la  sua eterogeneità. 

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(Istruzioni per la raccolta del vetro                         di Paola Cadorin)

Ma la Svizzera è affascinante anche per chi come noi arriva dall’Italia e da certe città in particolare, Roma in testa, e resta fulminato dalla cura e la pulizia delle strade e dei giardini e dall'organizzazione della raccolta dei rifiuti. Qui i cani ci sono, ma non lasciano tracce. Qui esistono centri di raccolta dei rifiuti che sono monumenti al rispetto dell’ambiente e al futuro. I residui degli umani sono divisi non solo per umido, plastica e vetro. Troppo facile. Ci sono plastiche e plastiche. Carte e cartoncini. Scatoloni e erba dei prati. Le capsule del caffè. Le bottiglie di vetro vengono addirittura raccolte divise in marroni, verdi e bianche. E basta così. Che sofferenza...


*MARCELLA CIARNELLI (Romana di ritorno, napoletana per sempre. Giornalista per passione sempre all’Unità. Una vita a seguire le istituzioni più alte fino al Quirinale senza perdere la curiosità per ogni altro avvenimento. Tante passioni: il cinema, il teatro, i libri, il mare, i viaggi, la cucina, gli umani nelle loro manifestazioni più diverse…e la squadra del Napoli)

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