Poesie in forma di milonga
di LUISA PECE*
Non sono una critica letteraria, come si potrà arguire leggendo queste considerazioni, opinioni e interpretazioni personalissime su un piccolo libro che ho tra le mani. Piccolo di dimensioni, ma pieno di cose. Sono poesie, o prosa in versi, canzoni senza rima per mantenere meglio il pathos senza sottoporsi a rigide regole di metrica.
Molti sono i fili che compongono la trama di queste pagine. Già il titolo e il primo “componimento”, come si diceva a scuola ai miei tempi, fanno intuire un sottofondo musicale che appare spesso, per esempio la Milonga, appunto, passionale erotica e triste, ma viva e salutare
… Stai bene
Se beviamo, se canto
La milonga per caso.
(La mattina, la febbre, p. 20)
Il fatto è che avevo una voce
E la cantavo.
(Congedo, p. 24)
(foto di Ian Costica)
A un certo punto, un paio di versi mi hanno ricordato un meraviglioso film di Ettore Scola, Ballando ballando (1983) – se siete troppo giovani per averlo visto o se ve lo siete dimenticato, cercatelo, ne vale la pena:
Nella divinità della domenica, nella
Storia del vino e del ghiaccio e del tango.
(Tango, p. 30)
Altri “fil rouge” scorrono poi tra le pagine. La solitudine riappare con una certa costanza, in un caso come solitudine perfetta o, addirittura, perfettissima (*, p.48). Né mancano le “solitudini immorali” dei poeti (Perduto lo pensammo, p. 55) …
(Camminando da solo
Non ho mai abbandonato nessuno,
nessuno mi ha lasciato).
(* p. 46)
Che se m’avessero avvertito
Sugli inconvenienti della solitudine […]
Tutt’altro rimedio avrei chiesto
Al medico dell’universo
(*, p. 45)
La natura è una presenza insistente – temporali, aprile, l’acacia, il glicine, il “lentisco rinato solo perché l’hai toccato” (Montaliana, p. 13), neve, nebbia, pioggia, la tempesta… E un verso che ho trovato bellissimo, triste, la fotografia (forse) di un’infanzia brulla, dai confini stretti, limitati “Crescevamo di fiumi ma senza acqua, senza fiumi” (Non crescevano i tempi, p. 25).
Ciò detto, il personaggio principale è l’amore, sotto forma di sensualità, sofferenza, rimpianto, sogno, ricordo, padri, figli, madri, divinità. Un solo esempio, per lasciare al lettore il piacere di scoprirne altri:
Pioverà di nuovo,
non avremo ripari stavolta.
Dovrò farti da portico,
Farmi arco, rifugio, salvezza.
(*, p. 33)
(Paolo Birolini Milonga Transeuropa edizioni pagg. 64 euro 12,75)
E chiudo in allegria, pur sapendo che in epoca di politically correct forse le ragazze piacentine se la prenderebbero un po’:
Sul corso di Piacenza le fanciulle
Hanno lo sguardo pratico e distante,
hanno mani marrane, gambe brulle
e un grasso tornitore per amante
(Passeggi, p. 8)
P.S. Ringrazio Paolo Birolini perché leggendolo ho anche imparato due parole nuove: ciana e sistro!
*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)
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