Più libri più liberi - Day 4) Insegnare e imparare, beata gioventù


foto e testo di LUIGI EPOMICENO*

Già ieri, ma anche oggi, la Nuvola è stata presa d’assalto da ragazzi di varie età. A naso direi da 8 a 16 anni. Se durante i primi due giorni della rassegna (sabato e domenica) i ragazzi e i bambini erano accompagnati dai genitori, ora li vedo in file organizzate. Ci devono essere insegnanti in giro.

“Prof, dove andiamo?” sento urlare da un ragazzotto. Sneakers stile Michael Jordan, jeans neri con catenella penzolante, giubbotto nero con qualche bandierina cucita, capelli corti brillantinati (termine sicuramente da “boomer” forse da aggiornare con “gellati”) con rasatura fino a metà tempia e trequarti di nuca.

Trovo la “prof.”

Di giovanile aspetto, sicuramente da premiare almeno per la volontà di tentare di indirizzare gli alunni verso un percorso di libertà (intellettuale).

Ma perché portare una classe intera “in gita” ad una fiera? Di libri, persino?

In una breve parentesi di insegnante di liceo, assistetti a uno scambio tra insegnanti su dove portare i ragazzi in gita quell’anno. La discussione era più del genere “dove andiamo in vacanza quest’anno” che non “quale località potrebbe essere interessante per i ragazzi?”

Ho cercato di capire cosa della fiera potesse attirare la “prof.” Anzi, le “prof” visto che nel frattempo ne ho incrociate almeno una ventina con comitive chiassose a seguito. Come dicevo, di ragazzi ce ne sono tanti.

Nel frattempo mi taglia la strada un gruppetto di bimbi. Tutti con cappello arancione in testa. Per non perdersi e riconoscersi al volo. La maestra davanti li guidava, quella dietro si assicurava che rimanessero tutti in fila. La prima sapeva bene dove andare. Era la “decision maker”, colei la quale decide se e dove spendere. A fine mattinata li vedo di nuovo, mentre, sempre in fila, uscivano dal palazzo. Ognuno con una busta di libri.

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Il canale scuola si sviluppa con la qualità. Un libro per bambini è racconto e immagine. Deve creare empatia e consentire di immedesimarsi nel protagonista. Per magia, si trasferiscono valori e avviene una prima maturazione e formazione dell’individuo. L’aggancio con gli insegnanti non può che avvenire per fiducia (malafede a parte) nel prodotto. Era evidente che quella maestra non andava a caso e aveva già fatto la sua scelta di dove andare. Nell’interesse della formazione dei bimbi a lei affidati.

Sono cresciuto anche io con i comics. All’epoca (si parla degli anni 60) si erano già affacciati i giapponesi. Dopo tanti anni ho notato che le facce non sono cambiate affatto.

Gli stand di fumetti sono stati presi d’assalto da tutti, maschi e femmine, piccoli e grandi. Le immagini sempre le stesse. Probabilmente anche le storie.

Mentre giro per cambiare corsia mi trovo due stand con libri per bambini uno di fronte all’altro. Stesse dimensioni, stesso tipo di libri. Vengo superato da una fila di bimbi, anche essa guidata da una maestra che tira dritto e si ferma allo stand a sinistra. La fila si raggruppa e parte un baccano di gioia appena gli addetti dietro i banconi iniziano a distribuire sacchetti pieni di gadget.

Altre grida di gioia sono arrivate a fine giornata dai cassieri. Allo stand di fronte è stata invece una giornata di lutto. Pochissime vendite, poca visibilità. Probabilmente il prossimo anno cambieranno strategia e forse anche posizione.

Camminando mi ha incuriosito un libro che non mi sarei aspettato, una Divina Commedia raccontata e illustrata con disegni da giornaletto. Un prodotto generato dalla pandemia e dalla DAD. Un autore apparentemente gradito tra gli utilizzatori di Zoom, MEET e Skype e che ha sicuramente supportato gli insegnanti di letteratura nella loro missione didattica “in assenza”.


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L’editoria didattica (e non solo) quindi funziona puntando su chi ha le leve di comando per la spesa. Gli insegnanti (acquisti di gruppo), i genitori (acquisti in famiglia) e poi loro: il bimbo o la bimba che compra, o si fa comprare, in base alla copertina, i colori delle immagini, il gradimento delle illustrazioni, il sentito dire. L’insegnante che ha puntato sulla Commedia illustrata avrà deciso in base a quanto quel testo ha reso in termini di accettazione delle lezioni da parte degli alunni e di quanto alla fine hanno imparato. Stessa cosa per la maestra. Immagino che i genitori facciano lo stesso.

Il bimbo/bimba lasciato solo per l’acquisto la pensa diversamente.

Continuo per le corsie. Altra scoperta. I Manga.

Ancora una volta i fumetti, anzi comics, giapponesi. Nessun problema, penso tra me e me. Evidentemente se ancora dominano il mercato ci sarà pure un motivo.

Prendo in mano un Manga (che vuol dire fumetto in giapponese). Lo apro come si fa per sfogliare un testo qualunque. Scopro che in copertina ci sono le istruzioni per leggerlo. Come se fossimo a Tokyo, si parte dalla quarta di copertina e si procede nel verso che per noi sarebbe all’indietro. Anche le vignette si leggono da destra verso sinistra.


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I nomi sono davvero di fantasia. Protagonisti come Edenszero, Fairy Tail, Lucy Heartphilia, Natsu, Gray Fullbuster, Salamander, Sorcerer. Con sorpresa, noto che il testo in risalto per indicare un rumore o azione ha cambiato lingua. La palla che rotola viene indicata con ROLL, la masticazione con CRUNCH, l’applauso con CLAP, la corsetta con RUN, la spinta con PUSH. Mi vengono in mente i diari di Jacovitti e i salami che spuntavano dal pavimento. Altri tempi.

Ripenso agli audiolibri, podcast, televisione e cinema. La convergenza in atto probabilmente è appena all’inizio. Non so se bisogna preoccuparsi oppure no. I comics che i ragazzi sfogliavano erano un remake di video game: stesse facce, stessi corpi, stesse scene. Lotte, morti, muscoli, spade e alabarde. Per non trascurare i morti viventi mangia cuori.

Percorso di crescita alquanto difficile in questi tempi. Da piccoli si leggono favole con elefanti che parlano e cani che guidano, poi si passa (se maschi) a energumeni muscolosi che saltano da grattacielo a grattacielo e fermano proiettili con i denti.

A una certa età si arriva a un bivio: c’è chi abbandona la fantasia e abbraccia la realtà, e chi ancora crede…nelle favole.

Più libri, più liberi?

Bisogna approfondire.

 

*LUIGI EPOMICENO (Nato nel 1957. Sono mezzo americano e mezzo italiano, pugliese di origine, forse greco di stirpe, romano di adozione, con soste prolungate a Firenze, Milano, Genova, Chicago e Londra e continue a Parigi, Marsiglia, Madrid, New York, Amsterdam, Eindhoven, Dusseldorf, Monaco di Baviera, Praga, Amburgo, Bruxelles e Lisbona. Ho girato tutta la Grecia, l’Albania, la Francia, la Spagna, la Turchia e gli USA e ho messo piede in tanti altri posti che neanche ricordo, da Seul a Iguazù, dal Canada al Marocco passando per le isole Lofoten. Ora sono in un altro mondo. Un mondo nel Mondo. Da quasi un anno e mezzo sono il Direttore Generale del Bioparco di Roma. Prima ho fatto tante altre cose. Alcune divertenti, altre meno)


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