Palazzo del Principe a Genova, il mondo negli arazzi

testo di DONATA BONOMETTI*

foto di ROBERTO ORLANDO* 


Vedere Alessandro Magno chiuso dentro una portantina, che ascende al cielo grazie un complicato marchingegno che vi andremo a descrivere, è come entrare di persona in un film di Disney, attraverso un arazzo del Quattrocento. Il mezzo di trasporto del Macedone Conquistatore è sollevato in aria grazie al fatto che quattro grifoni, incatenati alla gabbia, cercano di azzannare le cosce di prosciutto issate sulla portantina: sbattendo le ali e alitando in preda alla gola e alla fame spingono verso l'alto portantina e Alessandro. Che in questo modo un po', diciamolo, prosaico, raggiunge il Paradiso.


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Uno sceneggiato in piena regola, un film tra la fantascienza e la comicità, preceduto, all'interno di un altro arazzo affiancato, da un'altra vignetta: il cavallo Bucefalo cattivo come pochi, con l'occhio cerchiato dall'ira, che di colpo si fa mansueto, perché domato da un giovane Alessandro. Sembra più che altro che gli abbia somministrato delle benzodiazepine. Sempre nel dipanarsi sull'arazzo di questa specie di fiction, ecco il nostro eroe che all'interno di una botte di vetro si fa calare in fondo al mare, con in mano due fiaccole...


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Facciamo un passo indietro. Abbiamo varcato l'ingresso della Villa del Principe, a Genova, costruita agli inizi del Cinquecento per volere di Andrea Doria, il mitico ammiraglio che diede così vita ad una corte rinascimentale, invitando i migliori artisti a decorare la sua sontuosa dimora, dotata di uno splendido giardino oggi ricostruito secondo le essenze originarie. Per quasi cinque secoli la Villa fu abitata da generazioni del casato Doria Pamphilj i cui ultimi discendenti sono ancora proprietari. La Villa è stata aperta al pubblico ed è diventata museo da oltre venti anni.


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Le opere d'arte sono eclatanti e ovviamente degne di essere menzionate così vi renderete conto di quanto una visita valga la pena. Dagli arredi cinquecenteschi in ambienti straordinari di stucchi e affreschi ai pezzi archeologici d'epoca romana, dal ciclo di affreschi di Perin del Vaga del cenacolo raffaellesco alle tele del Pordenone e del Beccafumi con un ritratto di Andrea Doria, con il suo gatto, che ci rimanda appieno la nobiltà dei due soggetti protagonisti. 


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Ma gli arazzi sono quel che ci portiamo dietro uscendo dalla Villa, come la conoscenza di una forma di arte che non ci aspettavamo cosi trascinante. Intanto i due arazzi che raccontano le storie di Alessandro Magno, con una folla di personaggi al limite dell'horror vacui, misurano 40 metri quadri, di fatto le dimensioni di un monolocale appeso alle pareti. Ci si immagina dunque l'effetto strong. Il rischio è di rimanere fino all'ora di chiusura a perdersi in quello sceneggiato, tessuto con fili di oro, d'argento, di seta e di lana, dedicato al re giusto ed eroico, modello di virtù politica e morale. Dame dai vistosi copricapi, soldati intenti nell'assedio di una città turrita, animali e mostri di terra e di mare, scene di incoronazione, scene di vita quotidiana. Centinaia di figure, un vero e proprio assembramento, una storia pervade l'altra, ben significando l'abilità artistica e manufatturiera di coloro che realizzarono gli arazzi intorno al 1460 nel ducato di Borgogna, probabilmente su cartoni del pittore Jacques Daret.



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Ma di arazzi la Villa del Principe è generosissima. L'ammiraglio ne possedeva da sempre, poi in occasione della visita di Carlo V ne acquistò altri, per colpire l'illustre ospite. Del resto Genova aveva contatti mercantili ed economici con le Fiandre terra d'origine della tecnica degli arazzi e quindi approvvigionarsene era abbastanza semplice. Perciò non solo il fumettone di Alessandro Magno ma anche quello della battaglia di Lepanto, evento militare del sedicesimo secolo, con sei grandi arazzi che ne raffigurano le vicende. Nel 1571 papa Paolo V costituì la Sacra Lega, fra le altre con le potenze rivali di Genova e Venezia, la Spagna di Filippo II. La Sacra Lega dichiarò guerra ai turchi e nell'autunno li affrontò nell’epica battaglia di Lepanto, che vide la flotta cristiana trionfare su quella turca. Il ciclo di arazzi fu commissionato da Giovanni Andrea I, nipote e successore di Andrea, che partecipò allo scontro di Lepanto. I disegni preparatori per gli arazzi furono realizzati dai pittori Luca Cambiaso e Lazzaro Calvi. Non certo due minori.



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Ogni arazzo della serie raffigura una scena dell'evento, a partire dalla partenza della Sacra Lega alla volta di Lepanto allo scontro molto sanguinoso con decine di migliaia di morti e feriti, sino al ritorno della flotta vittoriosa a Corfù. Mi colpisce fra i numerosi schieramenti e movimenti delle flotte in mare, una pergola di uva, sulla riva, dove si passeggia in scioltezza come se si trattasse di una annoiata domenica pomeriggio.



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Infine gli arazzi dei mesi. Purtroppo ne sono rimasti solo tre. Ogni volta che penso alla raffigurazione dei mesi penso all'interno del battistero di Parma, con le sculture di Benedetto Antelami che trovo un capolavoro. Ma evidentemente mi piace molto anche il tema, che racchiude la mitologia, l'operosità, il lavoro nei campi e i cerimoniali, il sacro e il profano della vita dell'uomo e il suo incedere. Anche gli arazzi del Principe, che rappresentano gennaio febbraio e agosto, offrono questo spettacolo, con la neve che cade fitta e il signore che si riscalda al fuoco, mentre un altro spinge la slitta, le corone di spighe mature di Cerere, le ceste piene di chicchi, l'uomo a piedi nudi che batte il grano.

Ricordatevi che il palazzo, ad una certa ora, chiude. Non vi fate coinvolgere troppo.

La Villa del Principe è in piazza Principe 4, telefono 010255509. Info nel sito www.doriapamphilj.it

 

 

*DONATA BONOMETTI (40 anni di lavoro nei giornali. Di Padova negli anni '70, e a seguire di Genova. Oggi famigliolanza, volontariato, viaggetti italiani - ho paura di volare - e passeggiate in questa Liguria, musa aspra e generosa. Quando si potrà, mostre, musei, arte. Ero un' archeologa, sono stata una cronista. Comunque ho sempre scavato)


*ROBERTO ORLANDO (Nato a Genova in agosto, giornalista professionista dal 1983. Ultimo capocronista del Lavoro. Dopo uno scombinato tour postrisorgimentale che lo conduce in molte redazioni di Repubblica è rientrato tra i moli della Lanterna. Viaggia, fotografa e scrive. Meno di quanto vorrebbe)



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