Nurzia, fratelli o sorelle? Una dinasty abruzzese fra torrone e cioccolato

di GABRIELLA DI LELLIO*

Tutti lo conoscono come torrone Nurzia ma il suo vero nome è “torrone tenero al cioccolato”, e piace in tutto il mondo. E’ uno dei tanti prodotti agroalimentari tradizionali  della regione Abruzzo e rappresenta la tradizione più importante del Natale aquilano. Oggi viene acquistato in tutti i periodi dell’anno come prodotto tipico da regalare. E’ una lunga epopea locale che nasce a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, una dinasty sconosciuta anche a molti aquilani, ignari della storia delle due produzioni. Per questo è frequente sentire qualcuno che chiede: è meglio il torrone dei Fratelli o delle Sorelle Nurzia?  

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L’immagine della ricchezza dell’interno abruzzese nel XIX secolo e nei secoli precedenti, legata esclusivamente alla pastorizia, non è del tutto corretta. Se è vero che la natura dal punto di vista dei prodotti della terra era meno prodiga, il settore artigianale dava forma alle cosiddette protoindustrie: infatti il censimento generale del Regno d’Italia del 1861 rilevò ad Aquila degli Abruzzi, così si chiamava la città fino 1939, la presenza di attività manifatturiere. 

Anche il freddo era una risorsa e in città c’erano le neviere, protoindustrie appunto per la produzione del ghiaccio artificiale in una regione a prevalente carattere montano e con abbondanti nevicate. Erano grandi serbatoi interrati di forma cilindrica o parallelepipeda in cui veniva conservata la neve di due qualità: quella di montagna, detta neve “bianca”, proveniente dal Gran Sasso, più pregiata e destinata a un uso alimentare e quella “nera”, perché non pura, destinata a combattere febbri e emorragie. Sotto Palazzo Centi, una volta sede della Presidenza della Regione Abruzzo, nei lavori di ristrutturazione del terremoto del 2009 è stata ritrovata una neviera nei sotterranei, un freezer di sei metri per dieci, sconosciuta alla storiografia locale e per questo inclusa nelle operazioni di restauro.

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(La neviera di Palazzo Centi)


Erano presenti, inoltre, ditte di legname e un discreto numero di operatori del settore alimentare, con una certa maestria dell’arte culinaria. Nella prima rassegna storica delle industrie dell’Abruzzo Ulteriore II, a cura del barone Teodoro Bonanni nel 1888, si documenta l’esistenza di opifici a carattere familiare per la fabbricazione di "rinomati liquori e dolciumi" tra cui quello dei Nurzia.      


Storia della famiglia Nurzia


Tutto inizia nella prima metà dell’800,  quando Gennaro Nurzia, originario di Arischia, una piccola frazione dell’Aquila, apre una bottega nella quale distilla liquori. La China di sua produzione è tra gli alcolici più apprezzati e venduti dell’epoca.  Nel 1835 il figlio di Gennaro, Francesco Saverio, affianca all’attività esistente la produzione e la vendita al minuto di prodotti dolciari, inaugurando l’Antica pasticceria e fabbrica di liquori Fratelli Nurzia nella sede attuale, nel cuore cittadino di Piazza Duomo, legandosi alla storia della piazza da sempre luogo di mercato. Nel 1900 diventa una delle migliori pasticcerie dell’Aquila, famosa per la produzione di torrone bianco morbido e duro, offrendo anche servizi per rinfreschi, matrimoni, battesimi, balli, serate luncheons e déjeuners. A fine secolo crea un piccolo laboratorio in Porta Napoli e un secondo negozio in Corso Vittorio.


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 (Archivio Nurzia, uno degli antichi prezziari)


Fu merito dell’estro di Ulisse, uno dei cinque figli di Saverio, l’ampliamento dell’attività e la commercializzazione di prodotti alimentari di qualità pregiata, grazie alla passione per la lavorazione del cioccolato e le esperienze maturate nel nord Italia e in soggiorni parigini che gli dettero spunto per una particolare cura nella presentazione dei prodotti e nelle loro confezioni: nacque  così la ditta Fratelli Nurzia. Per rappresentarla, Ulisse usò l’immagine di una donna prosperosa vestita in stile parigino. Il locale in piazza Duomo, ancora oggi la sede principale del bar-caffè, viene restaurato nella foggia dei caffè parigini con gli affreschi di Carlo Patrignani, allievo di Teofilo Patini.  

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(Archivio Nurzia, la locandina con una ballerina francese )          


I Fratelli  Nurzia trattavano diverse varietà di cacao svizzero e champagne francese, servendosi delle ferrovie per la spedizione dei prodotti contenuti in scatole eleganti, realizzate apposta da artigiani milanesi. Nel catalogo del 1901 spiccava la produzione del ”torrone vaniglia al cioccolato” venduto al prezzo di 5 lire al kg, affiancato al più comune torrone "uso Veneto in stecche, taglio a piacere del committente" da 3 lire al kg e a quello "uso Cremona sopraffino in astucci da g. 50 a 250" al prezzo di 3,5 lire al kg. Nel 1910 Ulisse depositò il marchio Torrone Nurzia, sempre più apprezzato e richiesto sul mercato ben oltre i confini regionali. Vincitore di premi, diplomi e medaglie d’oro alle principali esposizioni nazionali, il Torrone Nurzia ricevette le lodi persino di papa Pio X.


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(Il torrone Nurzia nel ’900)


Durante il primo conflitto mondiale la ditta tenne bene, anche se per legge autarchica era proibito l’uso del cacao. L’Antica pasticceria Nurzia non ebbe danni materiali né durante la prima guerra mondiale né durante il terremoto del 1915 che provocò in Abruzzo 30.000 vittime. La produzione e la vendita continuarono in un presidio mobile in legno collocato in piazza Duomo fino a quando, cessato l’allarme sismico, non fu possibile rientrare nel negozio. Nel 1940 Ulisse lasciò il bar di Porta Napoli alle figlie Ada e Ines e quello in piazza Duomo al figlio Tito, che continuò a produrre faticosamente anche durante la seconda guerra mondiale. Preoccupato per le esuberanze giovanili del figlio maschio, Ulisse lasciò in eredità ai nipoti nascituri, Ulisse junior (detto Ninetto) e Giovanni, figli di Tito, il negozio in Piazza Duomo. Negli anni ‘50 Ulisse cedette il marchio anche alle due figlie Ada e Ines.

Ma perché la scissione tra fratelli e sorelle Nurzia?

Tito, Ada e Ines non andavano d’accordo e crearono tre fabbriche di torrone. Le due figlie iniziarono a produrre sotto la ragione Sorelle Nurzia  ed operavano nello stesso edificio diviso in due stabilimenti differenti, pur usando tutti la stessa ricetta e rispettando l’antico marchio. Si instaurò un’aspra concorrenza a suon di confezioni copiate e contenziosi giudiziari ma il tribunale riconobbe a entrambe le ditte il diritto di produrre il torrone, utilizzando ciascuna una propria confezione. La ricetta è la stessa per entrambe le produzioni. E’ differente la distribuzione e la visibilità: la sede del bar-caffè Fratelli Nurzia  nel cuore della città è di grande impatto, la loro produzione è più di nicchia e su scala nazionale principalmente nel centro sud; le Sorelle Nurzia hanno minore visibilità ma una maggiore distribuzione.


La Fratelli Nurzia oggi


Nel 1985 Tito morì lasciando la sua eredità a Ninetto, registrato all’anagrafe Ulisse,  il terzo custode in linea di successione della ricetta del torrone Fratelli Nurzia. Dopo di lui, scomparso tre anni fa, la dinastia del torrone continua con la moglie Giuliana Di Pietrantonio e i figli Natalìa e Francesco nello storico negozio-caffè ristrutturato con cura, per il mantenimento dei decori liberty di una volta.

Quando vado a trovarla nel retro del bar in piazza Duomo, dove una volta c’era il laboratorio, Natalìa, ultima erede con il fratello Francesco, mi mostra i prezziari storici di suo nonno e del suo bisnonno Saverio, quando la novità del torrone al cioccolato veniva venduta ai clienti del bar di piazza Duomo a 4,5 lire al chilogrammo.


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(Foto dall' archivio dell' antico listino prezzi Saverio Nurzia)

 

 “Oggi i rapporti tra Sorelle e Fratelli sono di normale convivenza imprenditoriale. “Noi - sottolinea Natalìa - abbiamo mantenuto una produzione artigianale e la qualità delle materie prime che rendono unico e ricercato il nostro torrone. Lavoriamo per il territorio nazionale e abbiamo allargato la produzione con il gelato al torrone nel periodo estivo, le uova pasquali, pandori e panettoni, cioccolato spalmabile e cioccolatini”.

Il terremoto del 2009 ha lasciato miracolosamente intatto il caffè con il laboratorio della ditta Fratelli Nurzia. Natalìa con i suoi familiari decise che la rinascita del centro storico poteva partire dai loro famosi torroni. Grazie ad un contributo della Camera di Commercio del Comune di Milano riuscirono ad avere un finanziamento per il 70% dell’acquisto di nuovi macchinari per produrre il gelato e per la lavorazione del cioccolato. Attualmente vengono preparati dieci gusti di gelato, le uova di Pasqua al torrone ed il cioccolato spalmabile Nurziatella. Il 6 aprile del 2009 chiusero l’attività per riaprire  ufficialmente l’8 dicembre,  anche se  rientrarono nel locale abusivamente molto prima,  a fine ottobre, con il tacito accordo delle autorità cittadine, per continuare la produzione del torrone. La corrente c’era, non c’era il gas e mancava l’acqua che riuscivano a reperire con le taniche alle fontanelle della piazza. Per quattro anni hanno continuato a lavorare con le bombole del gas.



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(Natalìa Nurzia nell'autunno del 2009, nel suo bar)

 

L’attività di laboratorio viene svolta in un capannone appena fuori città da sette operai stagionali e nel bar ci sono tre persone che prestano servizio. Il torrone viene impastato, tagliato e confezionato a mano. La piccola Maria, la figlia di Natalìa, ad otto anni già impacchetta e timbra le scatolette di cioccolato. Una vera promessa, la prossima erede della storica Ditta.


La Sorelle Nurzia oggi

 

Carlo Farroni, di una famiglia aquilana di grossisti alimentari,  mi accoglie nello stabilimento di produzione Sorelle Nurzia a Bazzano, nella periferia della città, dove c'è anche il punto vendita diretto al pubblico e mi racconta la storia dell’acquisto del marchio Sorelle Nurzia. Oggi dallo stabilimento escono circa 1.500 quintali di torrone morbido all’anno. “Un marchio”  dice “che è più forte del fatturato.”  

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(Lo stabilimento Sorelle Nurzia a Bazzano, foto di Gabriella Di Lellio)

“ Il torrone è lo stesso di sempre, la ricetta è quella di Ulisse”, prosegue Carlo “non abbiamo toccato quasi niente. Molti macchinari sono ancora quelli dell’epoca e la maggior parte del processo di lavorazione avviene a mano. Abbiamo cercato di mantenere i criteri di artigianalità pur rivolgendoci alla grossa distribuzione”. Entro  nel laboratorio e ho modo di vedere l’intero ciclo di produzione e i macchinari. Le torroniere dove l’impasto viene creato, poi estratto manualmente e messo nelle teglie con uno strato di ostia sottostante per essere dopo "spugnato" a mano, sono di circa un secolo fa.  L’impasto viene poi coperto con un altro strato di ostia, rullato e messo in refrigerazione per una notte. Il giorno successivo viene tagliato. Il reparto di confezionamento è la parte automatizzata, dove il torrone viene incartato, astucciato e preparato per la distribuzione nazionale ed internazionale.

“C’è una piccola parte di torrone che viene incartato a mano e rivolto a negozi di maggior prestigio” spiega  Carlo “per differenziare il prodotto tra la vendita di nicchia e quello della grande distribuzione ed evitare una discrepanza di prezzo”. La ditta Sorelle Nurzia produce anche il torrone con il marchio Terre d’Italia per la catena Carrefour e Sapori e Dintorni per il marchio Conad. 

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(Carlo Farroni con le lavoratrici di Sorelle Nurzia)


Dagli anni Sessanta ad oggi la famiglia Farroni ha proseguito la produzione di torrone.  “Negli anni ‘50”,  racconta  Carlo, “Ines Nurzia vendette la sua quota a mia nonna, che già dagli anni ’30 aveva una vendita di alimentari. Dopo pochi anni anche la sorella Ada ritenne opportuno cedere a noi la sua attività, riunendo il marchio delle Sorelle Nurzia in contrapposizione ai Fratelli Nurzia. Oggi i loro eredi hanno delle quote societarie.”

Grazie alle capacità commerciali dei Farroni si è allargata la produzione: sono stati inseriti i torroncini, gli aromatizzati e tutta una serie di prodotti di pasticceria, da biscotti a dolci lievitati, panettoni e pandori in modo da destagionalizzare il lavoro e facendo fare all’azienda un salto di dimensioni decisivo.  Di tecnologia ne ho vista poca, solo il confezionamento. I dipendenti sono una trentina, quasi tutte donne, anche questo come da tradizione.  L’ accesso alle grandi catene di distribuzione come il Gruppo Rinascente permise alle Sorelle Nurzia un’espansione oltre il tradizionale mercato del Centro Italia, in Europa e oltreoceano.  “Il Canada è il paese straniero dove si consuma di più il torrone delle Sorelle Nurzia” dice con fierezza Carlo.

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La ricetta Nurzia


Il miele viene versato nelle vecchie torroniere, all’epoca in rame, con l’albume montato a neve ed un pizzico di vaniglia. La marcia del motore della macchina deve essere veloce in questa prima fase, e  si può abbassare solo dopo aver montato l’impasto. Al di sotto della grande impastatrice una caldaia ad acqua diffonde il calore che scioglie il miele gradualmente. Nel frattempo si fa bollire acqua e zucchero fino ad ottenere il caramello. 

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(L'antica torroniera)


Questa è una fase estremamente delicata perché se il caramello cuoce poco il torrone diventa molle, se cuoce troppo restano dei tocchetti di zucchero nel torrone. Si deve amalgamare bene l’impasto. Nel frattempo di scioglie la pasta di cacao e si aggiunge acqua e zucchero nella torroniera, alla fine si aggiungono le nocciole. La vecchia macchina, a differenza di quelle moderne, permetteva di rovesciare il torrone direttamente sui ‘cabaret’ sul foglio di ostia. Una volta ‘spugnato’ a caldo, si copre con un altro foglio di ostia. Si lascia raffreddare e poi viene tagliato il giorno dopo.

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(L'impasto del cioccolato)


La ricetta di Ulisse si ispirò al torrone di Cremona, riprendendone la forma e gran parte degli ingredienti e utilizzando però solo quelli locali. L’innovazione fu quella di aggiungere il sapore di cioccolato e di cambiarne la consistenza; invece che duro, compatto e bianco, il nuovo torrone divenne scuro e morbido. Per questo è stato un vero e proprio brevetto, un marchio del primo torrone tenero al cioccolato, nato agli albori del ‘900, la cui ricetta che viene mantenuta ancora oggi.

*GABRIELLA DI LELLIO (Sono aquilana e sorella minore di nascita. Mi sento ottimamente a Roma e meno a L' Aquila dal terremoto del 2009. Ho insegnato lingua e letteratura inglese nel Liceo Scientifico della mia città. Sono maestra di sci perché amante della montagna e della neve. Mi piace la fotografia analogica in bianco e nero, che ho ripreso a fare dopo trent'anni e a cui intendo dedicare il mio tempo. Sono cresciuta nella FGCI e nel PCI fino alla “deriva occhettiana")

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