Milos terra di meltemi fra cale, miniere e case sull'acqua

di GIULIA GIGANTE*

O voi che entrate in Milos (o, in generale, nelle Cicladi d’estate) disponetevi in modalità “imprevisti e probabilità”. Inutile apprestarsi con aria battagliera, zaino in spalla e cartina spiegazzata sotto il braccio a mettere in atto l’itinerario deciso la sera prima almanaccando sulla piantina. Qui il re è il meltemi e sarà il suo impeto a fare e disfare i vostri programmi. Eh sì, perché quando soffia - un po’ sornione e certamente incurante dei piani di noi poveri mortali - questo vento del Nord, tutta la costa settentrionale dell’isola diventa più o meno impraticabile. “Andate a Sud”, consiglia sorridente ma perentorio Tasos, il nostro padrone di casa. E così i viaggiatori ruotano tra nord e sud, est ed ovest, adeguandosi alle bizzarrie e ai capricci del meltemi. I rituali della routine quotidiana e l’abitudine di programmare vanno a farsi benedire e inizia la vacanza.


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E se è vero che nel puzzle dell’arcipelago cicladico ogni isola si distingue per una voce diversa da quella delle altre, Milos ci parla sottovoce, sottintende più che declamare. Leggermente defilata rispetto alle consuete rotte turistiche, è riuscita a conservare una bellezza scanzonata e selvaggia, un aspetto fuori dai cliché della tipica isola greca, un silenzio e direi quasi un rigore fuori dall’ordinario. Fuori stagione la sua popolazione si attesta intorno ai 5000 abitanti e l’attività principale è quella mineraria grazie a una serie di giacimenti (soprattutto bentonite, perlite, pozzolana, per non citare che le principali) dovuti alla sua natura vulcanica. Del nobile passato, oltre a importanti vestigia architettoniche come un’immensa necropoli sotterranea, restano le tracce di un’acropoli, un teatro romano quasi sospeso sul mare e il ricordo della Venere, ritrovata in un campo incolto su una collina nei pressi di Plaka e ora esposta al Louvre.

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Venendo al dunque (le spiagge) ce ne sono per tutti i gusti, dalle calette scavate tra le falesie agli arenili di sabbia chiara cosparsi di tamerici (che diventano il vostro ombrellone naturale e personale), dalle piattaforme rocciose create dall’erosione dell’acqua ai fiordi incuneati. Talvolta raggiungerle è un’avventura, come nel caso di Tsigrado, a cui si può arrivare soltanto calandosi in una scanalatura tra le rocce con l’aiuto di una corda e di una scala a pioli. È un’impresa che viene però premiata dal colore turchese delle acque e dalla sensazione di totale immersione nella natura.

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Andare a Sarakiniko poi significa entrare in un altrove di bellezza lunare, arrampicandosi su rocce candide di tufo vulcanico, scolpite nei secoli dal vento e dal mare, che si affacciano a strapiombo stagliandosi nette sul blu scuro di questo tratto di mare. C’è anche un’insenatura profonda in cui nuotare, ma sembra quasi un dettaglio nell’atmosfera mistica e stralunata del luogo.

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Continuando a sgranare il komboloi delle spiagge di Milos affiorano le immagini delle rocce rosse e bianche che sovrastano le spiagge di Fyriplaka, le acque trasparenti di spiagge ombreggiate da tamerici come Achivadolimni, Plathenia e Pachaina, le falesie di Papafraga con un fiordo incastonato. Quest’ultimo, però, ci porta a una dolente nota, perché la spiaggetta che si trova nella sua parte più profonda, e che per sua natura sarebbe di grande bellezza, è purtroppo soffocata da miriadi di frammenti di plastica.

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Resta poi una parte dell’isola inaccessibile senza fuoristrada in cui è addirittura vietato addentrarsi e le cui spiagge possono essere visitate solo arrivando via mare. Pare siano bellissime (in particolare Kleftikos e Gerakas), ma non so dirvi nulla perché il giro in barca è stato annullato a causa del vento (questa volta di scirocco).

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A contraddistinguere il paesaggio architettonico di Milos sono però i syrmata, case tradizionali di pescatori costruite letteralmente sull’acqua, che fungono al tempo stesso da scarne abitazioni e da rimesse per le imbarcazioni creando un rapporto strettissimo con gli elementi della natura (basta aprire la porta e la barca è già in mare). Sono gli edifici colorati a tinte vivaci (rosso, blu, verde, giallo o arancione) di tre villaggi minuscoli (Klima, Mandrakia e Firopotamos)che rendono l’atmosfera di questi luoghi un po’ arcana, come se il tempo si fosse fermato, soprattutto al crepuscolo, nella cosiddetta ora blu.

  

*GIULIA GIGANTE (nata a Napoli, vive attualmente a Bruxelles, ama andare alla ricerca di nuovi mari, venti e conchiglie, di altri modi di vivere e di pensare, di tracce di passati remoti e recenti. Conosce dieci lingue, ma a tutte preferisce il russo ed è convinta, con Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”)

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