Milano in Val di Non, fuga dal Covid

di LAURA GNOCCHI*

Un tranquillo weekend di paura. È iniziata così (andiamocene tre giorni in montagna così ci togliamo da Milano e dal contagio) e si è trasformato in un lungo soggiorno fuori stagione. Prima la quarantena per il Covid in classe, poi la zona rossa. E qui in montagna, paesello di 300 abitanti in Val di Non, io e mio figlio che fa la seconda media ci resteremo almeno fino a inizio dicembre.

Che però vuol dire non una vacanza, ma un pezzo di vita fuori sede. Non la solita routine estiva, mangiare al rifugio, andare per funghi, giocare a basket al campetto.

No, vuol dire che se ti viene un raffreddore e l’immediata paranoia che si tratti di pauci-sintomi del terribile morbo, hai il riflesso condizionato del milanese. Mi faccio un tampone. Privatamente, si intende. Sì, dove? Scopri che la sanità trentina è praticamente solo pubblica (bravi, è giusto, lo predichiamo da anni). Forse un tampone lo rimedi in un’ altra città covidosa come Bolzano e non immediato, ovvio. A Trento qualcosina di privato c’è, ma anche lì ci vuole tempo… Il tempo che fa passare il raffreddore e raffredda anche la paranoia.

Il lez di san romedioJPG

(Il sentiero di san Romedio, Val di Non)

Prima cosa che il milanese si deve togliere dalla testa è che tutto sia sempre a portata di mano (sì lo so, anche a Milano ora non è così, ma il riflesso condizionato è a prova di Covid…). Se finisci il caffè, non lo compri a qualsiasi ora. Alle 19, 19,30 è tutto chiuso. E la domenica anche i supermercati tirano giù la cler.

Non ordini un delivery se non hai voglia di cucinare perché nessuno delivera (giusto, predichiamo sempre che i driver sono sfruttati), che se ti viene quella inconfessabile voglia di Big Mac devi essere disposto a investirci un paio d’ore. Il più vicino è a Bolzano (il navigatore dice 45 minuti da andare e 45 a tornare) oppure a Trento (48 minuti sempre per due). Giusto, tanto McDonald fa male.

Che se ti si rompe un Gullhorn, piatto per pizza dell’Ikea, te la mangi nel cartone. Incredibile a dirsi,  in Trentino Alto Adige non esiste un magazzino giallo e blu.

Tutte cose rinunciabili, mi si dirà. Ovvio che sì.

Ma se non vuoi rinunciare a un libro (la seconda puntata di Scurati?) sei nella stessa situazione. In tutta la valle non esiste più una libreria. Se hai bisogno di una chitarrina da battaglia per continuare le lezioni, seppur online, stessa cosa. Nessuno, nella valle, la vende. Se serve un libro di testo per la già citata Dad, ti attacchi.

Così Amazon (mai! Io la uso il meno possibile, Bezos è il male assoluto) diventa il tuo migliore amico. Soprattutto perché deve esserci un punto di distribuzione molto vicino: il giorno dopo l’acquisto, qualsiasi sia la data di arrivo indicata sull’ordine, ti trovi il pacco sulla porta di casa. Addirittura in anticipo, grazie Jeff.

Così in questi giorni ho ragionato su i nostri differenti stili di vita. Nostri, ossia del cittadino metropolitano e del valligiano.

Il valligiano, almeno qui, è morto se non ha la macchina (alla faccia di noi che predichiamo che va usata il meno possibile). La farmacia, la ricicleria, la posta etc sono a due- tre chilometri. E se vi manca il famoso caffè di lunedì o giovedì, pure per quello ci vuole la macchina perché l’unico piccolo supermercato è chiuso. Per acquisti non quotidiani ho già detto.

Però per la macchina trovi sempre, ma sempre, parcheggio. Se devi fare l’autenticazione in posta per lo Spid, entri, ci sono due vecchietti che hanno finito un prelievo, tocca già a te. Tre minuti e sei fuori senza nessuno che protesta per la fila, nessuno che si chiede urlando perché non aprono un altro sportello, nessuno che evince da quella momentanea esperienza di attesa che l’Italia è un paese perduto.

Il Sentiero MargheritaJPG(Il sentiero Margherita, Val di Non)

Il valligiano si sveglia con l’alba sulle montagne e lo scoiattolo che zampetta nel prato di fianco a casa (è successo ieri), il meraviglioso foliage di questa stagione. Ma non ha un cinema, figuriamoci un teatro (tanto ora sono chiusi), ha cessato l’attività anche l’unica profumeria che aveva la marca di inutile crema antirughe che usi abitualmente (Jeff!!! Ci sei!?!?).

Insomma per sintetizzarla il valligiano non conosce stress. Ma credo (e premetto che si tratta solo di un’opinione personale e che sono sinceramente ammirata da chi riesce a trasformare la rinuncia allo stress in pace), che rischi seriamente la noia..

ClesJPG

(Cles, val di Non)

Non sarà che le montagne, a vederle ogni giorno, alla fine abbiano lo stesso fascino del muro del condominio di fronte?

Non sarà che se non hai la patente devi segnalarti ai servizi sociali? Non sarà che dopo che hai mangiato cervo con la polenta per ogni cena che vuoi fare fuori, anche un involtino primavera assuma l’importanza di una fondamentale esperienza culturale?

Non so, troppo presto per dirlo. Per ora io e mio figlio ci godiamo la libertà, i monti e le foglie invece che stare chiusi nel salotto milanese. Ho l’impressione che scegliere tra stress e noia sia un dilemma ben più esistenziale di quanto possa sembrare. E se mi toccasse dare ragione al cittadino che se lo può permettere sul metodo: mi-carico-di stress-in-settimana-e- mi- annoio-nel-weekend? Che brutta bestia il Covid se può spingerti a sdoganare, dopo Jeff, anche il weekend dei milanesi…


*LAURA GNOCCHI  (58 anni, giornalista in tanti giornali tra cui Repubblica, dove ho diretto il Venerdì. Ora lavoro in tv con Gad L erner. Una cosa di cui sono orgogliosa: l’idea di intervistare tutti i Partigiani ancora viventi. Lo stiamo facendo, e con l'Anpi abbiamo raccolto i loro racconti in un libro, "Noi partigiani". Una cosa di cui mi vergogno: aver avuto un fidanzato genoano)

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