Lumache nel tempo, e un Giro sotto i portici

di GIGI SPINA*

«Finale molto impegnativo. A 2100 m dall’arrivo la strada curva a U verso destra (curva molto stretta) e inizia la salita di San Luca. La salita alterna rampe severe (fino al 16%) a brevi tratti attorno all’8-9%. La carreggiata è ristretta e costeggia (oltrepassandolo in ampie arcate) un chiostro in salita fino al Santuario. Dopo il primo passaggio sotto il chiostro in corrispondenza con una doppia curva (“le Orfanelle”) si registra la pendenza massima. Breve retta di arrivo (90 m) larga 5 m su fondo in asfalto».

Poco più di un anno fa: era l’11 maggio e il Giro d’Italia cominciava a Bologna, con una cronometro cittadina, appena 8 chilometri ma con finale impegnativo, come recita il sito della Gazzetta dello Sport.

Vinse lo sloveno Primož Roglič - guarda come si va a chiamare un vincitore - in 12’54”. Fu talmente veloce che non riuscì a vederla, la chiocciola lumaca senza guscio, nata e cresciuta a Bologna nel muschio sotto le mura. Avesse chiesto a Federica Iacobelli, scrittrice, sceneggiatrice, drammaturga, napoletana ormai bolognese, o a Teresa Soralevich, grafica, cartellonista, illustratrice, milanese ormai brussellese, sarebbero stati più attenti, lui, i ciclisti, gli organizzatori, i cronisti e chi più ne ha più ne metta. Invece di pedalare per arrivare il più presto possibile, sarebbe sceso dalla bici al colpo dello starter (immagino ci sia ancora, non seguo più molto) e si sarebbe incamminato a passo di lumaca per percorrere, sempre a passo di lumaca, il portico più lungo del mondo.

Certo, queste sono imprese che riescono solo a una chiocciola lumaca bolognese e solo Federica e Teresa ne nascondono il segreto, ma io che conosco Federica sono sicuro che non se la prenderà se vi svelo qualche piccolo retroscena di questo viaggio secolare, usando le parole che lei stessa ha recuperato dal racconto della lenta protagonista e che i disegni di Teresa servono a rendere più vicine e più evidenti ai nostri occhi.

Siamo nel 1674, precisamente il 21 giugno, ed è in questo incipitariamente estivo giorno che la chiocciola lumaca decide di partire dalla strada di Saragozza, cespuglio della Gabellina, per fare un viaggio fino in fondo a questa strada e poi lungo il pendio per la salita, dove sembra esserci una piccola chiesa. Ancora non sa quanto tempo ci metterà e dove arriverà, ma è decisa e coraggiosa.

porrtico san lucajpg

Il 27 giugno del 2018 è sulla Cima del Monte della Guardia, sul piazzale. Non si è resa conto di essere arrivata in cima, racconta. Invece sì, ce l’ha fatta. Dopo seicentosessantaquattro archi. Dopo trecentoquarantatré anni di cammino ce l’ha fatta.

In 13 minuti Primoz non è arrrivato neanche a contare fino a 1000, non ha visto nulla di quello che attraversava.

La chiocciola lumaca ha visto, appena tre anni dopo la sua partenza, il prodigio di una sfilza di archi, ininterrotti: archi a destra, archi a sinistra e archi anche sopra, nella forma della volta.

Ma si sa, un blogger moderno ha fretta, non può seguire passo passo una lumaca lungo la salita del portico di San Luca a Bologna. Questa lentezza è ancora un privilegio di una scrittrice come Federica, che sa scrivere per le diverse età degli umani e conosce la tranquillità della pausa, dello sguardo lungo.

Vi dico solo cosa succede il 21 aprile 1944, sempre a via di San Luca, arco cinquecento o giù di lì. La chiocciola lumaca non ha sentito, come l’anno precedente, il suono delle sirene dell’allarme. Non passava nessun aereo ma qualcuno aveva messo delle piccole bombe nel terreno, quelle che chiamano mine, e dalla curva a un certo punto è scoppiato tutto, e la strada e una casetta lì vicino sono state distrutte. E lei, la chiocciola lumaca, è stata scagliata lontano dallo spostamento d’aria. Vede i carri armati americani che salgono su per il colle, le suore che portano via dal palazzo pericolante anche le orfanelle piccine …

E poi arriva il 2 agosto 1980 e siamo all’arco cinquecentosettantanove, e la bomba non è venuta giù da un aereo, ma da terra, ed è stato peggio che in guerra.

Mi fermo qui perché non voglio rovinare la lettura e le emozioni di chi affronterà questo lungo viaggio secolare, tenuto insieme dalla coscienza vigile di una lumaca che, quasi il suo filo di bava serva a connettere gli anni e i secoli, intreccia le opere e i giorni di una storia non divisibile, varia ma non divisibile. Un passo dopo l’altro, in un continuo e inarrestabile cambiamento (non necessariamente e sempre progresso: cambiamento), il panorama finale, nel giugno del 2018, contiene tutto il viaggio ma in una forma assolutamente inedita.

Il portico più lungo del mondo in appena 13 minuti. L’hanno chiamata tappa, tappa a cronometro.

Ma la misura del tempo, il metro del chronos, grazie a Federica, a Teresa e alla lumaca chiocciola, ora non vorrei che scandirla in secoli, per sentirne e vedere tutte le storie.  


- Federica Iacobelli, Teresa Soralevich, Il portico più lungo del mondo, ovvero diario di viaggio di una lumaca secolare, edizioni Minerva, Argelato (Bo) 2019, pp. 85.

 

*GIGI SPINA (Salerno, 1946, è stato professore di Filologia Classica alla università Federico II di Napoli. Pratica jazz e tennis. Gli piace pensare e scrivere, mescolando passato e presente)  

 


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