Leon Aron, del think tank AEI: "L'odio di Putin per gli ucraini lo sta portando in un nuovo Afghanistan"

di ANNA DI LELLIO* 

(foto d'apertura da Pixabay)


La mia prima festa del ringraziamento negli Stati Uniti la passai a casa di Leon Aron, mio compagno di università a Columbia, dove entrambi studiavamo nel programma di dottorato in sociologia. Era arrivato da Mosca con i genitori un anno prima, ma erano già completamente integrati negli usi e costumi americani. Espansivi, ospitali, progressisti, intellettuali, e con un pedigree politico perfetto, avendo avuto almeno un nonno rivoluzionario, Leon e la sua famiglia rappresentavano lo stereotipo della Russia che è l'opposto di quello rozzo, illiberale e  crudele proiettato da Putin. Da allora Leon è diventato un esperto di Russia al think tank del Washington American Enterprise Institute.



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(Leon Aron)


Aron è autore di diversi libri, tra i quali la prima biografia di Boris Yeltsin, Yeltsin: A Revolutionary Life (St. Martin’s Press, 2000). Sta completando un libro su Putin, dal titolo provvisorio, fino a un mese fa, di A Small Victorious War (Una piccola guerra vittoriosa). “Ovviamente lo cambio – mi dice in una conversazione via zoom – e anche il libro deve essere un po’ rivisto, ma non avevo sbagliato di molto. Il mio progetto era di scrivere un’analisi su come Putin stava per arrivare all’aggressione di un paese della NATO. Ma Putin ha anticipato nei tempi e ha invaso l’Ucraina, che non è nella NATO, ma non è detto che sia finita qui.”

 

Speriamo che qualcuno lo fermi, ma chi? Pensi che la recente visita del primo ministro Israeliano possa avere dei risultati?

"Ne dubito molto. Putin ha un calendario in testa e segue quello. Ma chissà. Una cosa che bisogna riconoscergli è che è il primo leader russo reazionario della storia a non essere antisemita. Gorbachev non era male, ma è un’eccezione. La famiglia che abitava nell’ appartamento collettivo a Leningrado quando Putin era bambino era ebrea, e pure il suo allenatore di judo e la sua amata insegnante di tedesco. Quando andò in visita in Israele, Putin incontrò quest’ultima e le comprò un appartamento a Gerusalemme. 

Il ruolo di Israele come mediatore di una tregua è una questione aperta. Israele vende i droni alla Russia, e I due paesi sono uniti dalla lotta al radicalismo islamico. Tutti stanno provando a fermare Putin. Macron ha fallito, Draghi ci ha parlato per ore senza risultato. Perché non Israele? Qualche spazio di manovra ce l’ha. Ma io non ci scommetto tanto".

 Quindi pensi sia impossibile fermare Putin con le pressioni esterne. E se perdesse il consenso interno?

"Niente è impossibile, ma è altamente improbabile che pressioni esterne ottengano un risultato. Per quel che riguarda la politica interna, oggi in Russia c’è l’aggravarsi della crisi economica e sarà sempre peggio. Potrebbe crescere il malcontento. Ma siamo come ai tempi della vecchia Unione Sovietica, c’è un muro di silenzio. Penso agli scioperi del 1962 soppressi da Khrushchev nel sangue con il massacro di operai a Novocherkassk. Ci furono tanti morti ma nessuno ne seppe nulla. 

Se guardiamo alla storia, il consenso a Putin è cresciuto con alcune guerre, come nel 2008 quando ha attaccato la Georgia o nel 2014 con la guerra separatista in Ucraina. Ma poi c’è anche l’Afghanistan, un po’ prima del suo tempo. Quando cominciano ad arrivare I corpi dei soldati…Bisogna vedere cosa succede nei prossimi mesi. Gli intellettuali, gli opinionisti indipendenti, la gente con cui parlo sono sconvolti, nel panico totale. Sanno che la Russia è tornata indietro di decenni e che l’isolamento durerà per anni. Ma sono stati messi a tacere dalla censura.

La possibilità che i militari facciano un colpo di stato e ci liberino di Putin è inesistente. È una tradizione russa che i militari siano subordinati al potere politico. L’unica volta che ci hanno provato a prendere l’iniziativa politica è stata con la rivolta dei “dicembristi” nel 1825 contro lo zar Nicola I. E andò malissimo. Oggi come oggi l’esercito non sosterrebbe i ribelli a Putin, ma neanche Putin. 

Dobbiamo ricordarci che Putin ha pensato a questa possibilità di colpo di stato  e nel 2016 ha creato una Guardia Nazionale (Rosgvardiya) di almeno 400 mila uomini sotto il commando di Viktor Zolotov, ex-capo delle sue guardie del corpo. È una forza di polizia indipendente dall’esercito che risponde direttamente a Putin e che si presenta come forza speciale per combattere il terrorismo ma in realtà è stata creata per sopprimere il dissenso interno, diciamo qualsiasi rivoluzione popolare “colorata.”

A proposito di rivoluzioni, per precauzione Putin ha tolto tutte le televisioni agli oligarchi suoi amici. In Ukraina sia la rivoluzione del 2004 che del 2014 hanno avuto successo anche perché gli oligarchi ucraini che avevano le televisioni decisero di trasmettere i movimenti popolari. Questo non potrà succedere in Russia, dove ora c’è il blackout dell’informazione. Ricordiamoci che in Russia il 70% della gente apprende le notizie dalla TV. 

La ribellione degli oligarchi russi che tutti auspicano la vedo improbabile. Quelli che non amano Putin sono già andati via, quelli rimasti stanno lì a gestire il loro patrimonio a nome dello stato".

 

Ma l’esercito sul campo,  è vero che è così incapace? 

"Se hai ascoltato la conversazione con il mio collega Fred Kagan, che è un esperto militare, ne sai qualcosa. Fred sostiene che i soldati non sono motivati. Hanno fame. Si aspettavano una vittoria in tre giorni, quindi avevano viveri e rifornimenti per tre giorni. Finiti quelli, hanno anche cominciato a pensare: perché siamo qui, e a che fare? Si pensavano liberatori ma hanno visto che non era così. Perfino volontari di mezza età gli sparano contro. 

Putin ha rafforzato un’identità nazionale basata sulla gloriosa performance russa  nella Seconda Guerra Mondiale. Ci sono sfilate, celebrazioni e grandi discorsi dello stesso Putin ogni  9 maggio. La propaganda attuale si basa su questo: la Russia sta ancora combattendo i nazisti, questa volta in Ucraina, dove sarebbe in atto un genocidio di russi. Tutto falso ovviamente. Guarda Kharkhiv. Ha una grande numero di popolazione russa, è una città dove la lingua russa è maggioritaria. Eppure anche lì resistono contro i russi, non vogliono tornare sotto il controllo russo.

Ma tutto questo può anche non importare. Ottant’anni fa, l’appello alla guerra nel nome di madre Russia salvò Stalin. Non ricordo adesso esattamente le circostanze, ma nel ’42 Stalin disse a Churchill: “I russi non combattono per me o per il socialismo, ma per madre Russia.” E lui sfruttò questa consapevolezza fino in fondo; fece uscire I preti ortodossi dai Gulag e fece circolare la notizia che avrebbe smantellato la collettivizzazione delle campagne. Ovviamente dopo la guerra tutto tornò come prima e la collettivizzazione rimase".

 

Cosa possiamo aspettarci ancora da Putin? 

"Non ci sono molte alternative. Putin sta perdendo uomini ma continua ad avanzare. Cosa gli si può offrire per ottenere la pace? Gli accordi di Minsk? Zelensky non sarà d’accordo. Però se Putin prenderà Kiev sarà un disastro anche per lui. Putin metterebbe un governo fantoccio a Kiev. E allora? Non lo riconoscerà nessuno. Invece la Russia entrerà in un altro Afghanistan. L’Ucraina è un paese enorme, ha più di 40 milioni di abitanti e ha già dimostrato di saper organizzare una grande resistenza. Sono tutti partigiani. 

Come ci è arrivato a mettersi in questa situazione sembra un mistero a molti. Io credo che sia una combinazione di arroganza, odio e cattiva informazione. Putin odia gli ucraini, lo ha detto in mille modi, non lo dico io, pensa che non esistano come popolo.  Se ne è convinto. La mia tesi è che ogni tiranno dopo venti anni di potere comincia a ricevere informazioni sbagliate, perché nel suo circolo hanno paura di dirgli le verità scomode. Gli hanno detto che in Ucraina lo amano, lo aspettano come un liberatore, che Zelesky, un codardo, sarebbe scappato subito. 

Putin aveva già in tasca le province orientali dell’Ucraina, oltre all’Ossetia del Sud e l’Abkazia. Voleva rispetto, lo ha avuto. Biden era sempre al telefono con lui. Perché questa guerra? No, non è matto. Ma le emozioni e l’ideologia hanno preso il sopravvento. In più non sa cosa succede davvero perché gli mentono per compiacerlo. Se non hai idea della realtà non puoi prendere decisioni razionali".

 

Putin ha detto recentemente che anche le sanzioni sono un atto di guerra. A me è sembrata una minaccia non tanto velata. 

"È così. Pensa al fatto che le armi con le quali riforniamo gli ucraini passano per la Polonia. Ad un certo punto Putin si arrabbierà con la Polonia. Non è che marcerà su Varsavia, ma si prenderà una fascia di territorio per bloccare il flusso di armi, in violazione dell’Articolo 5 della NATO".

 

La nostra conversazione finisce qui. È tardi e la preoccupazione tanta. Anche la paura.



*ANNA DI LELLIO  (Sono Aquilana di nascita, ma mi sento più a casa a New York, Roma, e Pristina. Un po' accademica, un po' burocrate internazionale, e un po' giornalista. Ovviamente ho lavorato per l’Unità. Tra le mie grandi passioni giovanili c’erano lo sci, la lettura, i viaggi, il cinema e la politica. A parte lo sci, sostituito dallo yoga, le mie passioni attuali sono rimaste le stesse)

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