Le cucinelle, Cilento da ascoltare

di GIGI SPINA* 

Forse la si potrebbe definire una trilogia unica, o un’unità trilogica: un’unica scrittrice, Luisa Cavaliere; un’unica casa editrice, Liguori; un unico psicotòpo, il Cilento, luogo dell’anima.

2014: Sotto la giacaranda in fiore. Racconti, fantasie e ricordi dal Cilento; 2018: Cilento. Una guida emozionale da Paestum a Velia; 2020: Le Cucinelle. A tavola nel Cilento. A marcare poi la continuità e l’intreccio di idee, progetti, realizzazioni, dal 2017 Luisa Cavaliere fa vivere, con Maria Liguori, i Dialoghi sul Male, incontri di teste pensanti ospitate a Ceraso, una delle comunità cilentane, grazie alla organizzazione del Sindaco Gennaro Maione.

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Il Male, quest’anno, avrebbe voluto non dialogare più, approfittando di uno scherano insidioso venuto da lontano; ma è stato costretto a collegarsi on line e a rimanere incollato allo schermo del computer per sentire dialogare docenti e studenti del Liceo Parmenide di Vallo della Lucania con alcuni degli ospiti invitati e decisi a non mollare. Insomma, il Male, in quanto maschio e dannoso, ha dovuto vedersela con Luisa, che perdona di essere maschi solo i dialoganti e chi li ospita.

Ma ora è delle Cucinelle che voglio parlare e scrivere, dopo due ore e più di lettura filata di un libro che non è solo un libro; mentre leggevo, pensavo, ascoltavo, odoravo, vedevo. A momenti pensavo a una raccolta di foto, ma poi le vedevo muoversi, parlare e raccontare; sentivo odori e ascoltavo il suono della natura. In una percezione non nostalgica di un passato che non c'è più, ma di un presente certo difficile e duro, però ancora capace di dire, con più voci: ci sono e non mollo. 

Le Cucinelle, scrive Luisa, è un modo leggero per nominare una forma inedita di ospitalità che affonda le sue radici nella storia delle bambine del Cilento. Anche Marco Sabellico, nella Premessa, sottolinea il valore originale di questa pratica di accoglienza legata al cibo, ai sapori, all’artigianale raccogliere, mescolare e creare, che è tradizionalmente al femminile proprio perché le va stretta la figura del grande chef, in genere maschio; piuttosto preferisce vestirsi da Babette, mi verrebbe da dire, perché in ogni pranzo e ricetta c’è un ricordo, a volte un dolore, una battaglia vinta o persa, ma con la forza del riscatto. In questo senso non c’è solo il richiamo alla xenìa greca, che non va certo idealizzata;anche perché, e non sembri banale, molto maschile ed eroica e qualche volta anche inospitalmente ospitale, come, per esempio, da parte del Ciclope, che vorrebbe regalare a Odisseo il dono di essere mangiato per ultimo.

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Il libro si snoda, direi organizza le sue portate, attraverso quattro movimenti: Le Cucinelle, Il racconto, Invito a pranzo, Il viaggio nella cultura materiale di un luogo. Ma il piatto forte è il racconto, anche se perfino le ricette e le canzoni del terzo movimento, che magari rappresentano la sfida per il lettore o la lettrice sensibili a qualche prova del cuoco (certo, la cuoca risulta impegnata a discutere con Lenin delle sorti dello stato), «si affidano a chi saprà usarle come spunti per un originale percorso creativo». A questa democrazia e libertà gastronomiche crede Luisa, che proprio per questo, nel secondo movimento, raccoglie le parole e i pensieri delle Cucinelle, Ambasciatrici della cultura materiale mediterranea (chi pensi alla dieta mediterranea faccia un passo indietro): Adalgisa, Albertina, Pina, Antonietta, Angela e le altre, Fiorella ed Emilia, accompagnate dal prezioso sguardo forestiero di testimoni come Gaby e Wolfgang, Leonardo, Stephanie, Mami, perché le identità si mischiano e non sono mai date una volta per tutte.

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(Luisa Cavaliere, Le Cucinelle. A tavola nel Cilento, Liguori, Napoli 2020) 

Se dovessi aggiungere una adesione del tutto personale, Albertina e Antonietta, così diverse, mi hanno incantato come voci di sirene, sirene benefiche, incapaci di ingannare e uccidere. E poi la cipolla di Vatolla, che mi ha ricordato come a Bologna, a pochi metri da casa mia, in una gelateria che si chiama Capo Nord, hanno provato a fare il gelato alla cipolla di Tropea, che si può anche accompagnare alla carne... 

Un ultimo pensiero, sul gioco delle Cucinelle, che diventa, per le donne cilentane di oggi, la sfida per rimanere dentro una comunità, forse capace di rompere positivamente con una identità non più proponibile, perché già contaminata con lo straniero, lo straniero non più straniero, come nelle 'foto' delle ultime pagine. 

Ho pensato al gioco di noi ragazzini di allora, il gioco del dottore, che serviva a dare qualche risposta alle nostre morbose curiosità di votati al peccato, sotto l'occhio e l'orecchio implacabile del confessore. Un gioco che in questi mesi ragazzi e ragazze diventate/i grandi stanno facendo sul serio, con grande senso del sacrificio, per salvare l'idea stessa di comunità, senza precedenze identitarie. Questo ho sentito e pensato, e questo volevo venisse letto, come affettuoso ringraziamento per autrice ed editrice.  


*GIGI SPINA ( Salerno, 1946, è stato professore di Filologia Classica alla università Federico II di Napoli. Pratica jazz e tennis. Gli piace pensare e scrivere, mescolando passato e presente)



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