La bandiera della resistenza afghana, il Leone del Panshir

di REDAZIONE

Nella Valle del Panshir, Afghanistan settentrionale ai piedi dell'Hindu Kush, 120 km e tre ore d'auto da Kabul, sta rifugiata una parte della (presumibile) resistenza antitalebana: si candida a guidarla Ahmad Massoud, figlio dell'ormai mitico comandante passato all'epica afghana come il Leone del Panshir. Dalle colonne del Washington post e in altri appelli sui media occidentali Massoud junior ha chiesto aiuto agli Usa e alleati: questa guerra si può combattere - afferma - ma ci servono armi e sostegno per cacciare i talebani.


leggi  LA LETTERA APERTA di AHMAD MASSOUD

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(foto di Hamid Mohammadi da wikipedia)

Ahmad aveva undici anni il nove settembre del 2001, quando suo padre,  Ahmad Shah Massoud, fu ucciso in un attentato da due kamikaze di una organizzazione probabilmente affiliata a al Qaeda, che si finsero giornalisti di una emittente del Marocco. La bomba era nascosta nella telecamera e fu fatta esplodere dal finto giornalista (l'altro fu arrestato, poi ucciso durante un tentativo di fuga dalla guardia di Massoud) non appena fu a portata del leader afghano.

Nella battaglia dei mujaheddin prima contro l'occupazione sovietica poi contro i talebani il "Leone del Panshir"  era una stella politica e militare di prima grandezza, un capo rispettato, temuto e amato.  Il suo omicidio due giorni prima dell'attentato alle Torri gemelle fu un colpo preventivo inferto dal terrorismo internazionale in previsione della risposta militare al massacro dell'undici settembre. Oggi - in questa vicenda dai tanti ritorni - spunta anche l'alone eroico di Massoud, nel cui nome la resistenza afghana sembra voler provare a ricomporsi.

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