L' orsetto Juan Carrito che "occupa" pasticcerie e piste da sci. Ora il piano B è spostarlo, forse nella Majella

di GABRIELLA DI LELLIO*

A luglio si è fatto vedere a Bisegna nella vegetazione vicino alle case: riconosciuto dal radiocollare. E’ stato fotografato al lago di San Domenico di Villalago mentre faceva il bagno e poi è stato ritrovato in una grotta là vicino in condizioni precarie, forse per intossicazione o indigestione (notizia poi smentita dall’Ente Parco dopo le analisi). Ha frequentato la Valle del Giovenco facendo incursione in orti e pollai della Marsica Fucense, poco al di fuori dei confini del Pnalm. E' l’orso di cui si parla, in Abruzzo:  Juan Carrito, due anni,  frequenta spesso e volentieri i centri abitati all’interno e all’esterno del Parco.

A novembre ha fatto razzia di biscotti in una pasticceria di Roccaraso, sfondando una finestra e facendo fuori due teglie di biscotti. Qualche giorno dopo, siamo ai primi di dicembre,  passeggiava sulla neve in centro, sempre a  Roccaraso. Purtroppo per Juan Carrito, l’assalto alla pasticceria è stato un punto di svolta. Roccaraso è una delle località turistiche più importanti d'Abruzzo: e se gli abitanti in qualche modo si sono abituati al giovane animale, la presenza dell’orso crea timori e tensioni tra i turisti, e proprio all’apertura della stagione dello sci. Così il 7 dicembre scorso è stato catturato grazie a un’esca, narcotizzato e trasportato lontano dal paese: in elicottero, nella Marsica, tra Pescasseroli e Pescina, con l’obiettivo di modificare i suoi comportamenti e di indurlo all'ormai prossimo svernamento.


7 dic traslocazione Juan Carrito foto di Francesco Lemma jpgjpeg

(Il "trasloco" di Juan Carrito) 


Tutto risolto? Macchè. Come previsto dagli abitanti di Roccaraso, nel giro di una settimana l’orsetto Carrito, che poi orsetto ormai non è più, è tornato in paese dopo aver percorso un centinaio di chilometri. Ha attraversato il fondovalle fino a arrivare a Villalago. Ha avuto un "incontro ravvicinato" con un cane a Scanno,  e infine si è presentato sulle piste di sci a Roccaraso. Puntualmente immortalato da cellulari e telecamere, Juan Carrito è ormai una star dei social media e dei quotidiani locali e nazionali. Attira attenzione e curiosità. In realtà, la sua vicenda ora è un autentico problema se non addirittura un’emergenza. Se pure da un lato ci strappa un sorriso, dall’altro pone a tutti la domanda: che si fa con lui, come si può aiutarlo?

L’ orso M20,  questo il nome "di controllo",  da maggio è monitorato giorno dopo giorno grazie a un collare Gps e all’azione dei guardiaparco.  Lo zoologo Paolo Forconi, che da quindici anni studia l’orso marsicano e da otto vive a Pescasseroli, racconta: “Carrito è uno dei quattro cuccioli di Amarena, e è cresciuto in un ambiente fortemente antropizzato. Rispetto ai suoi fratelli però ha ripreso il comportamento confidente della madre mostrando subito ben poco timore nei confronti dell'uomo. Negli orsi esiste una gerarchia di dominanza: al livello superiore ci sono i maschi adulti e al livello più basso ci sono le femmine giovani. A questo livello è stato omologato Carrito che fino al termine della scorsa primavera-estate si incontrava con la sorella. Ora si sono separati. Il problema è che Carrito è un orso confidente.” 





L’ orso confidente, come spiega il sito ufficiale del Parco, è un animale che provoca danni con una frequenza tale da creare problemi economici e/o sociali;  o che è protagonista di interazioni con l’uomo, tanto da richiedere un intervento gestionale risolutivo, non normale rispetto a quelli sugli animali che vivono in montagna. Nel caso specifico, Carrito è ormai estremamente confidente e condizionato dal cibo antropico. La situazione è complessa; e come si è parlato molto di Carrito, molto e spesso si è parlato anche di ciò che il Parco ha fatto (o si suppone non abbia fatto) per l'inquieto ex cucciolo (e per gli orsi in generale).  Il Pnalm sta cercando una via d'uscita ma inevitabilmente si è creato un dibattito molto ampio con punti di vista ed opinioni differenti anche sul posto, sia da parte di tecnici che di comuni cittadini.

C’è chi pensa che il luogo in cui è stato "rilasciato" Carrito fosse sbagliato perchè troppo vicino, anche se funzionale per fargli trovare un rifugio per l’inverno. Lo stesso Ente Parco ne è convinto, e così sostiene in un comunicato del 7 dicembre scorso: “La scelta del luogo di rilascio, benché non proprio ideale - perché sarebbe opportuno allontanare maggiormente Carrito dalla zona in cui è cresciuto - è ricaduta nel PNALM per motivazioni di natura logistico-operativa, biologica e amministrativa.”  La decisione, sottolinea la responsabile dell’ufficio Comunicazione Daniela D’Amico, è stata presa “anche per il periodo favorevole all’ibernazione dell’orso:  non si poteva certo prevedere che l’innalzamento della temperatura cambiasse la situazione e provocasse il risveglio”.


7 dicJuan Carrito trasportato dall_elicottero dei carabinieri foto Francesco Lemma jpg

(Un'altra immagine dello spostamento dell'orso Juan Carrito)


C'è chi ritiene che Carrito sia la punta dell’iceberg di modelli comportamentali a livello genetico, un mutamento di tutti gli orsi del Parco causato dalla loro vicinanza all’uomo. Questa interpretazione deriva dalla storia evolutiva dell’orso bruno che dalle ultime glaciazioni è sopravvissuto nel meridione solo sulle montagne del Parco, in uno spazio densamente popolato e modificando il patrimonio genetico. Casi come quello di Carrito sono stati registrati anche negli anni precedenti, a testimonianza di un ingegno orsino che non ha limiti nel cercare nuovi approcci verso l’oggetto del desiderio: il cibo. E proprio alla quantità di cibo immagazzinata è collegata l’ibernazione: per i maschi avviene a metà dicembre, per cui è decisivo il raggiungimento di un rapporto ottimale tra peso e grassi accumulati.  Ma non è il caso di Carrito, che pesa il doppio di quello che dovrebbe per andare in ibernazione.

Altre voci nel dibattito sull'orso provano a suggerire delle vie d'uscita. Sostiene Forconi, per esempio:  “Una soluzione parziale anche se non risolutiva sarebbe la sostituzione dei cassonetti normali con quelli anti-orso muniti di una manopola che blocca l’apertura dello sportello, e non insistere con la pratica della dissuasione con i proiettili di gomma per colpire e spaventare l’orso.” Questo però richiederebbe lo stanziamento di fondi anche da parte degli enti locali che molto spesso, come nel caso del Comune di Roccaraso, si trovano al di là del territorio del Parco. Il Pnalm ha chiesto incontri per indurre l’amministrazione comunale almeno ad ingabbiare i cassonetti in attesa di migliori soluzioni, ma non ci sono stati ancora. Esiste però un protocollo "anti-orsi confidenti" messo a punto dal Parco e dai suoi tecnici, secondo il quale se nulla viene messo in sicurezza la dissuasione non è più educativa. D'altra parte, i guardiaparco non possono agire oltre la loro giurisdizione. Nel caso del comune di Villalago, invece,  l’ente Parco ha stanziato un finanziamento per l’acquisto di cassonetti anti-orso, reperiti però solo dopo un anno e mezzo.





Venticinque anni fa si comportava come Juan Carrito l’orsa Yoga, che mangiava rifiuti. Fu spostata e poi messa in cattività. Questo è ciò che si cerca di evitare oggi.  Il Pnalm lo dice esplicitamente in un comunicato sulla pagina ufficiale: “In altri contesti nazionali e internazionali un orso come Juan Carrito sarebbe stato con tutta probabilità messo in cattività. Lo diciamo in virtù del fatto che in questi mesi sono stati interpellati diversi esperti e tutti hanno compreso la delicatezza della situazione. Nel dover agire per provare tutte le possibili soluzioni per lasciare libero Carrito una delle azioni da mettere in campo su cui tutti gli esperti si sono trovati d’accordo è proprio la prova della traslocazione, dapprima nel Parco e poi, se non dovesse funzionare, eventualmente in territori più lontani. Abbiamo l’obbligo di attuare tutte le soluzioni possibili per garantire a Juan Carrito una vita libera.”

“Siamo convinti - afferma il Pnalm - che tutti gli sforzi messi in campo non sono stati affatto inutili, come viene troppo spesso affermato a cuor leggero, anche se non dovessero dare i risultati sperati, perché è importante provare tutte le soluzioni possibili per far rimanere Juan Carrito libero, contrariamente a quanto ci ha suggerito la comunità scientifica internazionale.” Esiste dunque un piano B per effettuare la seconda traslocazione in una zona più lontana, forse nel Parco della Majella, qualora ci fossero tutte le autorizzazioni. Si tratta di un accordo stretto con la Regione Abruzzo, il Parco della Majella con l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca) e con il Ministero dell’Ambiente. Attualmente Carrito si trova ancora in zona Roccaraso, più in alto degli impianti.




Lo spostamento dell'orso per favorire un cambio di comportamento in un contesto non antropizzato è il fine da raggiungere. Ma non basterebbe traslocare l’animale. Si dovrebbero affiancare azioni di cui il Parco prova già a farsi motore: aumentare la divulgazione di una cultura del cambiamento del comportamento umano nel rispetto dell’ambiente, per esempio, informando sui pericoli o le conseguenze di azioni errate. Non si tratta solo degli scatti di fotografie o di riprese video: è l’eccesso di attenzione intorno ad animali che per qualsiasi ragione si trovano fuori contesto a creare danni. 

Rieducare l’orso sicuramente, ma educare le persone innanzitutto.


*GABRIELLA DI LELLIO (Sono aquilana e sorella minore di nascita. Mi sento ottimamente a Roma e meno a L' Aquila dal terremoto del 2009. Ho insegnato lingua e letteratura inglese nel Liceo Scientifico della mia città. Sono maestra di sci perché amante della montagna e della neve. Mi piace la fotografia analogica in bianco e nero, che ho ripreso a fare dopo trent'anni e a cui intendo dedicare il mio tempo. Sono cresciuta nella FGCI e nel PCI fino alla “deriva occhettiana")

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