L' Iran e le città di fango, gioielli sulla via della seta

testo e foto di LUCA FORTIS*

Le arcate si susseguono in un gioco infinito di incastri, sotto di esse solo il silenzio rotto da un gatto che insegue un topolino. Qualche raggio di luce che filtra dai lucernai rompe la penombra, come in un misterioso gesto mistico. I negozi sono rimasti come congelati nel tempo, le porte sono ancora di legno, i vani per le mercanzie in fango essiccato. Nell’aria, con un po' d’immaginazione, si possono ancora sentire gli odori delle spezie e della frutta secca o vedere i colori delle stoffe.


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Lo splendido bazar abbandonato di Nain racconta meglio di ogni altro luogo l’immenso pericolo che corre l’antica architettura iraniana. L'architettura persiana ha utilizzato per millenni mattoni in fango essiccato,  e con il passare degli anni veniva regolarmente restaurata. Questo materiale apparentemente così fragile non ha mai impedito la nascita di intere città, palazzi maestosi, castelli, cittadelle fortificate e caravanserragli, lungo la Via della Seta. Anzi, l’estro degli architetti persiani ha dato forma a incredibili manufatti della civiltà, nei millenni. Dagli Ziggurat del tremila avanti Cristo fino agli inizi del Novecento, gran parte dell’architettura ha utilizzato mattoni non cotti. Non lontano dalle maestose rovine di Persepoli con le sue lucenti architetture in pietra nera, o dalle famose moschee in mattoni cotti e ceramica di Isfahan, esiste un intero paese di borghi e castelli che rischia di scomparire come sabbia al vento. Immaginate se i borghi italiani, invece che in pietra e mattoni cotti, fossero stati fatti in mattoni crudi, cosa sarebbe successo durante l’abbandono dei centri storici nel periodo tra gli anni Cinquanta e Settanta. Sarebbero scomparsi moltissimi dei borghi per cui l’Italia è famosa nel mondo.

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Nel Novecento, ma soprattutto dopo la rivoluzione del '79, gli iraniani hanno cominciato ad abbandonare queste splendide città fortificate, in parte perché desideravano case moderne ed in parte perché mantenere quelle vecchie costava troppo. Le architetture in fango che per millenni erano state rattoppate anno dopo anno di colpo hanno cominciato a squagliarsi come neve al sole. Un’architettura diffusa che rappresenta la spina dorsale della cultura del paese e che oggi è gravemente minacciata.


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Per fortuna l’Unesco e il turismo hanno posto un freno a questo disastro, ma rischiano di salvarsi solo i posti che sono redditizi perché sulle rotte turistiche, mentre le migliaia di altri siti sparsi su un territorio vastissimo rischiano di scomparire.

Negli ultimi anni, anche la borghesia iraniana è tornata a guardare queste splendide architetture con amore, ma la crisi economica non aiuta. Di solito infatti le classi che hanno più potere di acquisto guardano ai modelli di sviluppo influenzati dagli Emirati, con i loro grattacieli. Le classi più intellettuali, quelle che stanno riscoprendo le vecchie architetture, sono invece colpite dalla crisi economica e non sempre possono permettersi di salvare una vecchia casa. Possono però orientare il turismo interno su nuove rotte, meno battute dagli occidentali. Per fortuna anche il Cultural Heritage Iraniano sta lavorando per salvare molti paesi fuori dalle rotte turistiche, ma è una battaglia quasi contro il vento, quella di salvare ogni singola casa costruita nel paese prima degli anni Venti del Novecento. Infatti sono ben poche quelle che negli anni non sono state abbandonate o rase al suolo dai legittimi proprietari.

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Molte di queste architetture sono state la scenografia del Fiore delle Mille e una Notte, che Pasolini girò in Iran nel 1974.

L’Unesco e il governo iraniano hanno lavorato per salvare l’architettura tradizionale soprattutto nell’asse tra Khashan, Nain, Meybod, Yazd, Kharanaq, e poi sulla via fino a Kerman e Bam.

Kahshan vanta dei palazzi incredibili, un bel centro storico e dei bellissimi yakh-chāl, letteralmente "fossa del ghiaccio" in persiano, depositi che un tempo fungevano da ghiacciaie per conservare i cibi. Vi è anche una bellissima villa con un giardino alla persiana e un sito archeologico con due splendidi, anche se malridotti, Zigurat del 3000 a.c. Proseguendo su questo antico percorso della Via della Seta si incontra Nain, dove di solito i turisti si fermano per vedere la splendida moschea, ma dove c'è un intero centro storico con una fortezza, molte case nobiliari, un bazar e tanto altro. Tutto pericolante e non di semplice accesso, essendo il rischio di crolli dietro l’angolo. Proseguendo sulla via di Yazd si trovano la splendida Aqda, villaggio fortificato ben restaurato dove si può rimanere a dormire in una vecchia casa, l’hotel Anar e la cittadina di Meybod, anch’essa ben tenuta, con una fortezza e famosa in tutto il mondo per le ceramiche.



Da Meybod si giunge a Yazd, la vera perla del deserto. Qui l’Unesco e il governo iraniano hanno davvero fatto un lavoro certosino per salvare la città. Il centro storico è perfettamente preservato, a parte le distruzioni fatte negli anni Venti dallo Shah Reza Pahlavi per realizzare dei grandi boulevard, tipici delle devastazioni dei centri storici di quegli anni in tutti il mondo.

Yazd è un mosaico di moschee, templi zoroastriani, bazar, palazzi nobiliari e di mercanti, qanat, i canali per l’acqua,  e giardini. Guardando la città dai tetti si vede una foresta di badgir, le tradizionali torri del vento, antico sistema per l’aria condizionata. La città è un autentico paradiso nel deserto e conviene fermarsi qualche giorno, scegliendo come albergo una delle tante vecchie case restaurate.

Continuando il viaggio si può andare a vedere il bellissimo villaggio di Kharanaq, dove un tempo esisteva un ostello poi chiuso. Quando ci sono stato l’ultima volta stavano restaurando il caravanserraglio e c’erano voci che stessero progettando di aprire un nuovo albergo. Il villaggio è immerso in una splendida campagna coltivata ed è possibile perdersi nelle viuzze, entrare nelle case - facendo attenzione che non crollino - e arrivare fino alla deliziosa piccola moschea con minareto oscillante. Uscendo dal villaggio è bello perdersi nelle splendide campagne tra alberi di pistacchio e canali di irrigazione.



Proseguendo si può raggiungere l’oasi di Garmeh, dove Masiar, uno dei pionieri in Iran del riutilizzo delle vecchie abitazioni a scopo turistico, ha creato la splendida Ateshooni Guesthouse, in cui negli ultimi decenni sono passati tanti artisti iraniani e molti turisti. Masiar ha restaurato le sue proprietà nel vecchio villaggio di famiglia e ha creato un’atmosfera unica. È un grande esperto di ceramiche iraniane e ogni tanto è possibile sentirlo suonare i vasi di ceramica, crea musiche quasi mistiche che a tratti diventano contemporanee, non lontane dall’elettronica. Da Garmeh, oltre che visitare l’oasi, si possono andare a vedere molti siti nel deserto e uno spettacolare villaggio fortificato. Masiar o chi per lui sa come rintracciare l’uomo con le chiavi.

Un altro percorso classico è quello che va verso l’affascinante Kerman e la cittadella di Bam. Bam per anni è stata la regina delle mete turistiche per chi è interessato all’architettura in fango, ma purtroppo è stata gravemente danneggiata da un terribile terremoto nel 2003. Per chi come me ha avuto la fortuna di vederla l’anno prima del disastro e si trovava in Iran quando la città venne distrutta, il ricordo di quella catastrofe rimane indelebile.

Per fortuna Bam, protetta anch’essa dall’Unesco, sta risorgendo lentamente e vale assolutamente una visita. I restauri stanno procedendo e rispettano le vecchie tecniche di costruzione.


Le origini di Bam risalgono al periodo achemenide, dal VI al IV secolo a.C. Il suo periodo di massimo splendore fu dal VII all'XI secolo, essendo all'incrocio di importanti rotte commerciali e nota per la produzione di indumenti di seta e cotone. L'esistenza della vita nell'oasi si basava sui canali di irrigazione sotterranei, i qanat.

I percorsi in Iran per visitare queste splendide architetture potrebbero essere molti altri, in quanto in quasi tutto il paese, soprattutto nelle aree con poche precipitazioni, si è costruito con mattoni in fango. Il modo migliore per localizzare le costruzioni è semplicemente viaggiare in macchina e aguzzare gli occhi, si scopriranno tantissimi siti, cittadelle e fortezze non segnalate in nessuna guida.

Sicuramente non si possono non citare gli splendidi, ben conservati e millenari Ziggurat del Khuzestam e la fortezza di Shahr-e Belqeys. La cittadella in rovina, la seconda più grande in Iran dopo Bam, si trova nella provincia nord-orientale del Khorasan settentrionale. Oltre le imponenti mura si trovano resti della cittadella, alloggi familiari, canali di irrigazione, una cisterna e una sala ipostila.





Nonostante il turismo sia aumentato nell’ultimo decennio, l’Iran rimane un paese ancora in gran parte da scoprire e, al contrario di quello che spesso si pensa, un luogo in cui è facile viaggiare. Il turismo può quindi essere il veicolo per salvare molte di queste opere. Non potrà però salvarle tutte, serve quindi una presa di coscienza che questo patrimonio artistico e culturale così fragile andrebbe ptreservato, anche se non redditizio. Molti in Iran si stanno muovendo finalmente in questa direzione, così come il Cultural Heritage Iraniano e l’Unesco, servono però maggiori sforzi se non si vuole che migliaia di villaggi fortificati e vasti quartieri delle cittadine di provincia scompaiano nel vento. Perché è vero che “terra eravamo e terra torneremo”, come dicono i testi sacri, ma è anche vero che quel che conta è la vita che scorre nel mezzo. Ecco che prima di condannare a morte o all’eterna trasformazione queste antiche architetture, ci dovremmo pensare bene.

 

*LUCA FORTIS (Mi considero un nomade, sono attratto dai percorsi irregolari, da chi sa infrangere le barriere e dalla scoperta dei tanti “altri”. Ho un pizzico di sangue iraniano. Sono giornalista freelance specializzato in reportage dal Medio Oriente e dalle realtà periferiche o poco conosciute dell’Italia. Lavoro anche nel sociale a Napoli)


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