Italia coast to coast. In bicicletta 3) Da Termoli a Sapri

di ALESSANDRO CALDERONI e ANGELO MELONE 

Tutto nasce da un gruppo di amici innamorati della bicicletta e sensibili al fascino di un’idea – “coast to coast” – che partendo dagli Usa ha conquistato il mondo. Due coste ci sono anche qui da noi. E così un anno dopo l’altro, per quattro o cinque giorni alla fine di maggio, tutti in sella sui percorsi tracciati da uno di loro – Alessandro – che fossero i più belli anche se spesso i più faticosi. Da un mare all’altro, da Sud a Nord. Li raccontiamo seguendo gli appunti di Alessandro, per chi ha la curiosità di leggerli e anche per chi volesse provare a farli, ognuno con il suo ritmo: l’importante del viaggio, si sa, è viaggiare. In quanto tempo è del tutto irrilevante. 


Primo giorno

Il treno arriva a Termoli prima dell’alba. La stazione è deserta mentre rimontiamo le biciclette e il bagaglio. Una breve pedalata gastro-turistica ci porta fino alla piazza della chiesa, troviamo un forno aperto per mangiare le brioches che sanciscono la partenza ufficiale di questa nuova traversata dello Stivale da un mare all’altro. Sono le 5 e 35 quando ci mettiamo in marcia in fila indiana sulla statale n. 16 diretti a sud. L’alba è già passata e fa freschino. I TIR ancora dormono nelle piazzole delle stazioni di servizio e ci consentono di viaggiare tranquilli: quando finalmente si sveglieranno noi saremo già svicolati per strade secondarie.

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 Pedaliamo veloci, percorrendo rettilinei dapprima lungo la costa e poi entrando nel Tavoliere, quello famoso studiato a scuola. Dopo 30 km e poco più prendiamo per Lesina. Il paese che si protende verso l’omonimo lago si sta ancora svegliando, con qualche agricoltore che porta in piazza cicoria e cipolle, gli insonni già al bar, un pescatore che squama i muggini sulla riva.

Proseguiamo verso il Gargano, attraversando campi di pomodori e bieta o cipolle. L’aria è fresca e non guasta, ma il mare mosso non invoglia al rituale bagno di inizio Coast to Coast.  A Torre Mileto abbandoniamo il Lago di Lesina e aggiriamo un promontorio sbucando così sull’istmo di terra che separa il Lago di Varano dal mare. Sosta. Abbiamo già percorso 70 km e non sono ancora le 9.30: non capita spesso di essere così generosi di buon mattino!

La costa qui non è proprio un gran che e la spiaggia risente dell’incuria invernale e delle mareggiate: plastica un po’ ovunque e acqua melmosa. Ma il rito è il rito, ci bagniamo quel tanto per dire che l’abbiamo fatto. E comunque accende quel sano appetito che ci accompagnerà per tutti i 5 giorni. A Rodi Garganico, infatti, non rifiutiamo il primo piatto di orecchiette di questo tour, davvero il carburante giusto per affrontare la scalata alla Foresta Umbra.

Ci incamminiamo dunque per la bella strada, senza traffico e con dolce pendenza, che sale ad Ischitella, con splendide vedute sul mare turchese e con le Tremiti in lontananza e con la piazza dominata dal palazzo aristocratico immancabilmente adiacente alla chiesa barocca: a conferma della vicinanza stretta, da queste parti più che altrove, dei poteri dominanti. Proseguiamo in salita e scolliniamo a 500 metri per scendere a Vico Garganico.

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Ora si pedala davvero. Iniziano i prati ed i profumi di ginestre e poi i boschi: di lecci prima, poi di pini e poi ancora, ancora più su, di faggi maestosi. Si sale bene, senza strappi, con aria fresca. Entriamo nella Foresta Umbra. La stanchezza comincia a farsi sentire e la strada di qui in avanti non è poi sempre in discesa, fino alla salita finale di 6 km da percorrere, però, nella splendida luce di un tersissimo pomeriggio: Monte Sant’Angelo ci appare all’improvviso, col suo castello in cima ed il Santuario ancora aperto, le vie già abbastanza affollate di turisti, le strade lastricate ed umide e l’Albergo del Pellegrino ad attenderci.

Secondo giorno

Colazione in sintonia con la misera cena di ieri: finiamo veloci e via, dopo la visita alla basilica di San Michele. Senza quasi accorgercene, arriviamo a San Giovanni Rotondo. Ci si divide tra la chiesa di Renzo Piano e la tomba di Padre Pio, e poi in sella fino a San Marco in Lamis e ad una sosta con foto panoramica a Rignano, ultima terrazza garganica sul Tavoliere. Discesa entusiasmante e poi si affronta la calda pianura: in fila indiana, con andatura regolare, controvento. 

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 Ed ecco che si materializzano le sgradite presenze che ci erano state annunciate: due bestioni che i pastori non sono riusciti a trattenere sono sbucati abbaiando alla nostra destra. La tattica “da manuale” – fermarsi ed affrontarli a muso duro con davanti la bicicletta – non è stata minimamente presa in considerazione: la fila si è sparpagliata, tutti hanno accelerato schizzando in ogni direzione. Ma è comunque andata bene: lasciati alle spalle i cani, la fila si è ricompattata e via, contro il vento. 

Arriviamo a Lucera per visitare l’anfiteatro. Un lucchetto ed il cartello “chiuso” non sono sufficienti per fermare la curiosità, così un gruppo di adulti, generalmente seri, si sono trovati a scavalcare come bambini. Compaiono due vecchini e la guardia giurata, ci danno qualche informazione storica sul paese e l’anfiteatro, ma nessuno tocca l’argomento della cancellata scavalcata: o sono molto garbati ed ospitali, o ha prevalso la sorpresa per il nostro abbigliamento e le bici. Comunque arriviamo a Troia. Relax finale ammirando il rosone del duomo, poi con calma prendiamo possesso delle stanze di un appartamento-albergo.  


Terzo giorno

Alba d’oro a Troia. Alle sei in punto il sole sorge tra il promontorio del Gargano e uno spicchio di mare: la natura sembra essersi impegnata per produrre bellezza, tanto da far divenire inessenziale persino il “bosco” di pale eoliche disseminate su tutti i crinali delle collinette del Tavoliere digradante. Si parte. A fine giornata sui nostri computer-contachilometri scopriremo di aver fatto tanta salita, ma le strade sono veramente belle e confondono la fatica.

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Pedaliamo nel Tavoliere fino ad abbandonarlo quando dalla Puglia si entra in Basilicata. Le pale eoliche scompaiono e lasciano il posto a valli sempre più ampie circondate da boschi. Accompagnano le nostre salite e discese nel Vulture, uno dei cuori verdi dell’Italia meridionale. Puntiamo rapidamente su Rionero, circondato da vigneti e ulivi e che non nasconde la sua “fama” di patria di terribili briganti nell’Italia appena riunita. Sarà stato lo spirito di qualcuno di loro a provocare, proprio alle porte della cittadina, la rovinosa caduta di uno del gruppo: ammaccature, escoriazioni ma niente di grave e bici intatta. Per fortuna, anche se lui sostiene che il merito è della spilla di padre Pio acquistata al Santuario... La cena e l’albergo (gestito da un ciclista che promuove la granfondo locale) rimettono tutto a posto.


Quarto giorno

 Oggi l’alba è tutt’altro che d’oro. Alle sei il cielo è grigio piombo: cominciamo bene.

Poi, piano piano, il tempo migliora e smette di piovere. Siamo tutti preoccupati per “il ferito”, che invece si presenta a tavola arzillo e pronto a ricominciare un’altra pedalata. Partiamo. Primo obiettivo Lagopesole, dal quale ci divide una salita e una leggera pioggia. Anche questa terra di briganti. Ma soprattutto famosa per il castello che fu residenza di caccia del mitico Federico II e la dimora più amata di suo figlio Manfredi. Siamo davvero curiosi di visitare un pezzo della grande storia del Sud, ma – senza offesa - il castello esercita un grande fascino che la sua ristrutturazione purtroppo non restituisce... 

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E siamo di nuovo in sella, verso Potenza. Ci riavviciniamo a una città: tre giorni nella natura e nei borghi hanno fatto quasi dimenticare le macchine. Arriviamo attraversando stradine bucoliche, poi siamo nel caos più totale in un intrico di strade e traffico impressionanti. Per uno del gruppo la Coast to Coast è finita: deve rientrare e lo lasciamo alla stazione fuggendo il più velocemente possibile verso le colline. 

La Sellata, nostra destinazione finale, è un percorso (ovviamente in salita) in mezzo a colline piene di ginestre fiorite e boschi. Anche molto ripide. L’albergo, come tutti gli altri del resto (altrimenti che gusto c’è…), è ovviamente in cima al monte! Ma per la quiete c’è da attendere: centinaia di persone festeggiano un compleanno e un matrimonio. Poi la notte porta un silenzio meraviglioso.



Quinto giorno

Si parte dal Rifugio Pierfaone che pioviccica. Ci saluta un manifesto di Domenico Pozzovivo, simbolo dei “ciclisti che non mollano mai”, nato da queste parti. Sorride, ma a tutti sembra in realtà che ci guardi con ironia…

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Lunga circumnavigazione del monte Volturino: faggi, silenzi, pozzi petroliferi e rapaci che sorvolano. Il tempo si rasserena, e le vallate mostrano scenari selvaggi addolciti da un santuario (oggi è la Madonna del saraceno) che benedice micidiali strappi in salita. Fino a Marsico Vetere, aggrappato alle rocce calcaree che diventano case abitate da silenziose curve vecchine. Due parole con un tecnico dell’ENI, che è qui per succhiare quella melma scura della quale noi ciclisti non sappiamo cosa fare. Poi lunga discesa con ampi tornanti sulla vallata dell’Agri che – non c’era dubbio… - introduce alle ripide rampe del valico verso Padula. Ma dopo la partenza il tempo è migliorato, il sole ci asciuga e ci possiamo dedicare più serenamente alla visita della celebre Certosa: una vera reggia dalla quale gli abati governavano un feudo potente e smisurato. I bassorilievi sembrano precipitarti addosso e, abbigliati da ciclisti in viaggio, ci si aggira intimiditi da tanta opulenza. 

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Ma la strada è lunga e si risale verso Sanza, dove arriva – temuta e rimandata da quattro giorni – la vera pioggia: la triste vicenda di Pisacane e dei suoi compagni è lì a ricordarci che non tutte le avventure hanno un lieto fine. Comunque ci ripara provvidenziale la tettoia di un benzinaio, manifesti ricordano che il 27 luglio si sale sul monte Cervati a portare la Madonna della Neve alla sua villeggiatura estiva.  

Il Cilento è accogliente anche con la pioggia: Sanza, Caselle in Pittari, Morigerati, Vibonati, Palinuro: il mare è nostro. Bagnati e tremanti nelle onde di un’acqua grigia, compiamo la rituale immersione finale delle nostre traversate d’Italia. Per scaldarci e mangiare delicate pietanze ci attende la Locanda dei Trecento (non poteva mancare…). Contenti e paghi attendiamo il treno. Appuntamento alla prossima Coast to Coast.



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*ALESSANDRO CALDERONI (68 anni, milanese di nascita. Le mie passioni? Forse troppe. La bicicletta è la prima: cicloturista da 50 anni. Ho girato le Alpi, con una passione per i Passi: quelli sopra i 2000 li ho scalati tutti. Ho traversato l’Italia da costa a costa in 11 itinerari, con un minimo bagaglio ma con tanti amici. Poi lo scialpinismo e la montagna in genere: anche qui, fatica e soddisfazione, splendidi panorami e silenzi infiniti. La passione per la natura ha altri risvolti: coltivo l’orto, i fiori, mi piace lavorare il legno e da qualche tempo mi diletto anche col disegno botanico e naturalistico)

*ANGELO MELONE (Nato nel '56, giornalista prima a l'Unità poi a Repubblica. Ama fare molte cose. Tra quelle che lo avvicinano a questo sito: la passione per i viaggi, tanta bicicletta e i trekking anche di alta quota)  


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