In visita a Arcore, con la redazione di sinistra
di LAURA GNOCCHI*
Ho avuto anch’io la mia cena elegante ad Arcore. Doveva essere il 1994. Lavoravo in un giornale-fenice, Epoca. Glorioso ma moribondo, era risorto dalle sue ceneri grazie alla direzione di Roberto Briglia (ma nessuno lo ha mai chiamato diversamente che Nini). In occasione della morte di Ayrton Senna, il pilota brasiliano che si schiantò a Imola, vendemmo in edicola 274 mila copie. Altri tempi.
Di questi tempi, quelli in cui sembra che a Berlusconi vada concesso il rispetto che si deve agli anziani anche se malvissuti fino a considerarlo , immagino per pietoso confronto con l’attuale classe politica, uno statista, mi è tornato in mente il mio viaggio ad Arcore.
Berlusconi era padrone della Mondadori e non amato editore da redazioni di sinistra , com’era la nostra. Avevano un bel dire quelli che lo frequentavano per le cose della nuova politica che visto da vicino era fascinoso e carismatico…
Così quando il fascinoso decise di sedurre anche l’intera redazione con un invito a cena ad Arcore, da una parte ostentavamo fastidio, dall’altra la curiosità era tanta.
Era una sera nebbiosa. Capolinea della gita aziendale, Segrate, il palazzo costruito dall’architetto Nyemeier che, quanto a cattedrali nel deserto, era uno che la sapeva lunga. Lo sconforto si diffuse quando fu chiaro che si sarebbe andati con un pulmino. Tutti insieme per arrivare in orario e non perdersi nella brughiera. Briglia non accettò lamentele e si mise in prima fila , dietro l’autista. Borbottando gli altri si accodarono. Io chiudevo il giornale e così mi conquistai il diritto di arrivare dopo, in macchina, con il caporedattore centrale.
(Villa san Martino, foto da wikipedia)
Bella, Villa San Martino, era bella. Appariva di colpo in mezzo al niente. Un viale illuminato da fiaccole portava all’entrata. E bella anche dentro. Ex convento, appartenuta ai conti Casati Stampa a cui (ma questo lo si sarebbe scoperto solo molti anni e molte inchieste dopo) l’aveva sfilata a un prezzo non proprio congruo l’avvocato Cesare Previti per conto di Silvio Berlusconi.
Silvio era sulla porta ad aspettarci e a stringere la mano ad ogni visitatore come se davvero gliene importasse qualcosa. Dentro ci sparpagliammo in una teoria di salottini facendo, per l’appunto , salotto in attesa delle cena.
D’un tratto me lo trovai davanti, il padrone di casa. “Vuole un Marie Brizard, signora?”. Oddio, e che sarà? Meglio non rischiare. “ No , grazie”. Anice, l’ho sempre odiato.
Poi, il colpo di scena. “Immagino che le signore vorranno visitare la casa…”. Le signore, almeno io, non credo ci avessero pensato, ma certo che volevano. E qui il gruppo si divise. Non tra curiosi e no, ma tra giornalisti e no. Molti misero su un aria blasé che immagino suonasse loro come educazione e rifiutarono. Altri, e non solo signore, partirono per il tour.
Prima tappa. L’oratorio. In pratica una cappella privata in cui, non appena varcata la soglia, si udì risuonare una musica sacra. Una fotocellula, immagino. L’effetto, che credo volesse essere mistico, era in realtà un po’ straniante. Uscito l’ultimo visitatore, tornato il silenzio.
Seconda tappa, la pinacoteca. Si entra e, sempre fotocellule?, pam pam pam si accendono miracolosamente una serie di luci che illuminano quadri di pregevolissima fattura.
Il padrone di casa ci tiene a mostrare l’ultimo acquisto . Riconoscibilissimo. “Questo è un Canaletto, l’ho pagato 100 milioni”.
Carismatico? Fascinoso? Intanto il giro continuava. Terza tappa, la sala cinema. Bellissima nei fondi dell’ex-convento, schermo, poltronissime e volte a botte… “Questa l’ho fatta per impressionare gli americani. Quando è venuto il Turner è rimasto a bocca aperta”. Il Turner, con l’articolo e pronunciato con la U.
(Silvio Berlusconi con Bettino Craxi foto da wikipedia)
Spettacolare, assolutamente spettacolare, la piscina. A filo di un’enorme vetrata aperta su un enorme parco. E con annessa area relax: divani bianchi sistemati davanti a una serie di schermi accesi sulle tv del Biscione e, ricordo, su Cnn. Caso mai ripassasse il Turner…
Poi , proseguendo il tour, eccoci davanti a una porta di metallo a scorrimento, con la chiave. Ascensore? Dove andiamo? Errore. Studio privato di Silvio Berlusconi. E qui, come capita nello studio di qualsiasi mortale, di tutto un po’. Ma soprattutto Milan. E Coppe dei Campioni. Quelle vere.
All’uscita , in fondo al corridoio , mi scappa l’occhio su una statua: le Grazie del Canova. Ricordo di aver pensato: “che rozzo, espone una crosta…” Perché va bene il fascinoso e carismatico, ma lo sapevo che non potevano essere l’originale. Come se mi avesse letto nel pensiero, Berlusconi indicò le bellezze nude: “Quella è un copia d’epoca delle Grazie di Canova…”. E iniziò un’insalata di parole che ora non saprei riportare, ma di cui ricordo perfettamente il senso: essendo una copia ci avevano preso la mano e quindi si poteva dire che erano meglio dell’originale.
Tornati dai blasé , arrivò il momento della cena. Una sala da pranzo bellissima. Affreschi, stucchi , ori, centro tavola di meravigliose rose antiche. E una sedia per ciascuno, mica buffet, anche se saremo stati una quarantina. E lì Berlusconi dopo un ruvido e paterno richiamo all’inviato: “Allora ce li rifacciamo o no questi denti?”, dopo aver gelato il notista politico a cui aveva chiesto lumi sulla situazione italiana: “queste sono banalità, mi dica qualcosa che non so…”, dopo aver raccontato che la figlia Eleonora , allora bambina, gli aveva domandato: “papà cos’è un bacchino?” (aiuto, nessuno chieda lumi! E invece no, la roca voce della collega: scusi , non ho capito… “Eh signora, sostituisca la o alla a e capirà…”) dopo tutto questo, un altro colpo di scena.
(Silvio Berlusconi con Giulio Andreotti foto da wikipedia)
Si alzò mentre entrava un cameriere con una grande vassoio pieno di astucci. Che lui con fare teatrale cominciò a distribuire ad ognuno di noi. Avremmo scoperto a casa che si trattava di un orologio Omega ultrapiatto, d’oro, con incisa sulla cassa la firma Silvio Berlusconi. Nessuno lo mise mai, almeno in redazione, il mio non so più dove sia (in banca? fuso quando bruciò casa mia?). Solo una volta una collega arrivò con quell’orologio al polso. E tra lazzi e fescennini, rossa dalla radice dei capelli alle dita dei piedi, si giustificò: “Lo Swatch era rotto, era l’unico che avevo sottomano…”.
Ma torniamo ad Arcore. Durante la distribuzione, Berlusconi si fermò: “ Accidenti, ma questo è un regalo da uomo. Vabbè, vabbè… Tanto le donne che lavorano ad Epoca hanno le palle!”.
Forse per questo, nell’unica cena elegante che io abbia mai fatto ad Arcore, Silvio mi offrì solo un anisetta.
*LAURA GNOCCHI (58 anni, giornalista in tanti giornali tra cui Repubblica, dove ho diretto il Venerdì. Ora lavoro in tv con Gad L erner. Una cosa di cui sono orgogliosa: l’idea di intervistare tutti i Partigiani ancora viventi. Lo stiamo facendo, e con l'Anpi abbiamo raccolto i loro racconti in un libro, "Noi partigiani". Una cosa di cui mi vergogno: aver avuto un fidanzato genoano)
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