IL LIBRO - Dall'organo alle fogne, la meraviglia di un viaggio fra i suoni
di CARLO DE NONNO*
Apparentemente viviamo immersi nella musica, nelle parole, nelle
sollecitazioni sonore. La nostra potrebbe addirittura essere definita la
società dell’ ”ascolto”. Ma attenzione, perché l’ascolto può essere anche quello
stigmatizzato da Manlio Sgalambro.
Peraltro, c’è una tendenza che vede spesso il prevalere del visivo sull’auditivo, se è vero che lo sbocco naturale e sbandierato di tante trasmissioni radiofoniche sembra ormai essere la possibilità di guardarle su Internet o in TV. Cioè guardare uno studio in cui si produce qualcosa destinato ad essere ascoltato.
In questa babele, tronfia e contraddittoria, quello che latita è il “suono”, come fenomeno acustico sì, ma anche naturale, legato all’essenza stessa del mondo e dei suoi luoghi e di chi lo popola. A restituire al suono la sua dignità e identità primigenia arriva questo suggestivo libro di Trevor Cox, professore di Ingegneria acustica all’Università di Salford, in Gran Bretagna (dove conduce ricerche nel campo dell’acustica architettonica, dell’elaborazione dei segnali audio e della percezione dei suoni) e stimato divulgatore scientifico, autore e conduttore di numerosi documentari e programmi radiofonici per la BBC. Un volume che non elude, ma in modo sempre accattivante e comprensibile, le considerazioni fisico-acustiche che spesso appesantiscono sbrigativamente i primi capitoli dei trattati di teoria musicale e di armonia, ma volentieri si addentra in un viaggio affascinante e curioso con una consapevolezza che forse abbiamo perso, e cioè che il mondo “suona”, è pieno di meraviglie sonore.
Trevor Cox "Pianeta acustico. Viaggio tra le meraviglie sonore del mondo"
pagine 320 prezzo 17 euro edizioni Dedalo
E allora via, alla scoperta degli incredibili riverberi di una fogna londinese
– è da lì che parte il viaggio, dal letame nascono i fior – o della cappella
dell’Hamilton Mausoleum in Scozia, o della Boston Symphony Hall, o della
cattedrale di San Tommaso a Lipsia; oppure delle raffinatezze acustiche dei
siti archeologici, delle grotte dotate di organi fatti di stalattiti e
stalagmiti, di antichi teatri greci e romani. E se ci incantiamo all’ascolto
dei canti variegati e forse funzionali (“la natura tende a farci star bene…”)
di uccelli dai nomi struggenti (l’occhialino dorsogrigio!) e del frinire (la
stridulazione) del grillo termometro, cosa faremo davanti alle bolle d’aria
sonore dei gamberi pistola, al glissato ipnotico delle foche barbate
nell’arcipelago delle Svalbard?
E abbiamo mai pensato al fatto che un’anatra in una camera anecoica si possa rivelare una straordinaria risorsa per la misurazione degli echi? E ai più leggeri sussurri che si propagano attraverso superfici curve come nella cattedrale di Girgenti? E alla folle deriva che ha portato ad ipotizzare (e a non realizzare, si spera) un “pianoforte a gatti”? E al “canto” delle dune sabbiose di Kelso nel deserto di Mojave in California? E della cascata di Dettifoss in Islanda, che varia dal sibilo al rombo? E al suono immaginifico e limpido degli strumenti “da bere” come lo xilofono di ghiaccio di Terje Isungset? (e il ghiaccio potrebbe insegnarcene di cose quanto ad acustica e sonorità: non solo il gradevole clac clac in un bicchiere da aperitivo ma i sibili, i tintinnii, le detonazioni degli scioglimenti dei ghiacciai in Siberia come nel Mare di Ross).
E, al di là del Sound of Silence, di Paul Simon, di Mrs. Robinson e
della sua affusolata e triste coscia velata, sappiamo quanto sonora può essere
l’esperienza del silenzio assoluto (ancora sulle dune di Kelso o in una camera
anecoica come quella dell’Università di Salford o degli Orfield Laboratories di
Minneapolis), quando anche il gioco delle molecole innesca reazioni dell’apparato
uditivo e il silenzio è tale che sembra di sentire il suono del proprio
cervello o della propria pulsazione sanguigna? Perché poi il silenzio può
essere la culla delle più svariate sensazioni acustiche, come nel celebre 4’33”
di John Cage, o negli abbacinati silenzi dei lavori di Samuel Pinter o Samuel
Beckett. E non dimentichiamo, aggiungo, che la torrenziale cascata di note del
primo movimento della Quinta di Beethoven nasce da una umile piccola brevissima
pausa di un ottavo (teniamone conto ove mai dovessimo valutare un direttore
d’orchestra).
E vogliamo esagerare? Esageriamo: l’orologio a vapore di Gastown, a Vancouver, fischia per segnare il tempo; le ruote idrauliche del fiume Oronte in Siria emettono fragorosi cigolii; il Big Ben è senz’altro la firma sonora di una città e di una nazione e, se il celebre rintocco della campana grande fa rimanere senza fiato, non è da meno il tonfo che emette il meccanismo dell’orologio due minuti prima di mettersi in movimento; e che dire degli organi marini di San Francisco, di Zara e di Blackpool? E dei rumori e dei suoni della tecnologia e dell’ingegneria?
Tutto quanto precede non è che una debole ossatura, un tenue tracciato (eppure già così stupefacente) di un viaggio acustico davvero smisurato e che non tralascia sia molte altre testimonianze ed esperienze, sia puntuali approfondimenti fisico-acustici, sia digressioni nella tecnica e nelle caratteristiche di molti strumenti musicali o divertenti e significativi aneddoti che fanno di questo volume un lussureggiante e deliziosamente “assordante” concerto di sapere.
Pieno di umorismo, anche: in fondo è vero, come diceva Cage citato da Cox, che 4’33” può essere suonato sia da un solista che da una grande orchestra sinfonica.
*CARLO DE NONNO (nato a Napoli nel 1956, vive a Roma. Compositore, chitarrista e cultore di musica. Lavora nel campo della musica di scena e si esibisce in recital di chitarra classica, canzone d’autore, teatro, letteratura e suggestioni visive. Contrariamente al trend, legge molta poesia e ne scrive alcune. Ma ne scrive. Gestisce i diritti delle opere teatrali del compianto drammaturgo Annibale Ruccello, per le quali ha scritto chilometri di note)
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