Il concorso Miss Cultura

di PATRIZIO ROVERSI* 

“Capitale della Cultura” sembra un roboante titolo onorifico, tipo “Cavaliere dell'Ordine della Autoreggente”. Cosa significa, per una città, vincere il Titolo di Miss Cultura? Significa guadagnare un milione di euro alla Lotteria del MIBACT, e poi? Io non me ne intendo molto, posso solo constatare e registrare una mia esperienza: Mantova Capitale della Cultura 2016. Io ci sono stato. Soprattutto – pur non abitando più a Mantova da più di 30 anni – ho avuto modo di tenere d'occhio la città in questi anni, perchè ci sono nato e ho mantenuto rapporti familiari.


guarda     LE DIECI AUDIZIONI AL MIBACT


leggi:  L'ULTIMO CHILOMETRO   di  VITTORIO RAGONE


Ma partiamo dall'inizio. A mio modestissimo avviso, per cucinare la ricetta di una Capitale della Cultura perfetta, bisogna tener presenti alcuni ingredienti essenziali. Primo: le dosi. Cioè le dimensioni della suddetta città. Non deve essere troppo piccola, né troppo grande. Diciamo dai 50.000 ai 100.000 abitanti. Perchè se è troppo grande diventa difficile rendere palpabile l'effetto dell'iniziativa, tutto si perde e si diluisce e non c'è vera partecipazione emotiva, la gente fa fatica a “vivere” l'atmosfera. E quindi non c'è mobilitazione. Non a caso i Festival più coinvolgenti si annidano in situazioni medio-piccole (vedi, oltre al Festivaletteratura a Mantova, Pordenonelegge, o il Festival della Filosofia a Modena), dove si impongono all'attenzione di tutti e mobilitano centinaia di volontari.

window-615427_960_720jpg

Ma certamente le manifestazioni di una Capitale della Cultura non possono avere semplicemente il respiro di un Festival, per cui una cittadina non può essere troppo piccola col rischio di non avere appunto (salvo eccezioni) le forze locali per sfruttare l'opportunità. Il secondo ingrediente – a proposito di forze locali – è appunto lo stato del tessuto sociale. Città troppo provinciali nel senso restrittivo del termine, cioè frammentate e discordi, litigiose e in preda a personalismi e divisioni, senza una classe dirigente lungimirante e disposta a fare sistema, senza qualcuno che guardi oltre i confini municipali, non ce la fanno. Esempi recenti non sono mancati, ma non facciamo nomi...

Veniamo alla mia – sia pure relativa – esperienza. Mantova negli ultimi anni, da un punto di vista culturale, è rinata. Il presidente della Giuria che deve assegnare il “titolo”, Stefano Baia Curioni, in quanto direttore della Fondazione Palazzo Te, immagino lo sappia bene.

Ho potuto constatare che oggi a Mantova fioriscono iniziative, Biblioteche attive, Musei aperti, Associazioni, Circoli, Gruppi teatrali, Compagnie di danza, gruppi musicali, Quartieri illuminati da interventi artistici. E il bello è che tutte queste “cellule” si sono agglomerate con spirito cooperativo in un corpo cittadino unico, sembrano collaborare. Gli spazi monumentali della città (che sono tanti e suggestivi) sono utilizzati al meglio, e – Covid permettendo – se ne allestiscono altri. Persino il Teatro Sociale sta “scongelandosi” e rientra in pista. Questo processo è stato favorito anche dell'implementazione di “infrastrutture” ambientali (leggi piste ciclabili, percorsi ecc). Manca ancora un collegamento ferroviario decente, ma non dipende dalla città. E succede una cosa, per me, strepitosa: da città di “emigranti culturali”, Mantova sta diventando meta di “immigrati”, cioè artisti e operatori che vengono da fuori.

logoJPG

La cosa naturalmente mi tocca da vicino: io sono scappato da Mantova a 18 anni perchè tutto si muoveva fin troppo lentamente, come l'acqua dei suoi laghi. Come è avvenuto tutto questo? Io non lo posso dire con certezza. Certo dipende da una Amministrazione, forse ha contribuito anche Expo 2015 (che però ha riverberato poco oltre i confini di Milano), sicuramente c'è stato il Festivaletteratura che ha fatto maturare negli anni un cambiamento del famoso tessuto sociale. Ma il milione di euro e l'agitazione per il titolo di Miss Cultura 2016 ha aiutato e dato una opportunità: è stato un seme piantato in un terreno fertile, arato a dovere e poi zappato finemente, innaffiato a tempo debito e quindi concimato da sostanze organiche (mi riferisco a intellettuali organici, non solo al letame di cui peraltro il contado è molto ricco). E adesso se ne raccolgono i frutti. Con questa metafora non voglio dire che per forza il titolo debba andare ad una città agricola, però il famoso Territorio c'entra sempre...


*PATRIZIO ROVERSI (Nato a Mantova, trapiantato a Bologna dove si è laureato al 24° anno fuori corso al DAMS. Ha fatto Teatro di Strada, ha gestito un Varietà in un Circolo Arci. Alla Festa Nazionasle dell’Unità di Bologna del 1987 ha battuto il Record Nazionale di durata in diretta televisiva (100 ore su Rete7 Emilia Romagna). Ha collaborato con Cuore e Satyricon di Repubblica. In TV ha fatto Lupo Solitario, Turistipercaso, Velistipercaso il Giro del Mondo, Evolutipercaso sulle tracce di Darwin, Linea Verde. Ora in edicola con Turistipercaso) 

clicca qui per mettere un like sulla nostra pagina Facebook
clicca qui per rilanciare i nostri racconti su Twitter
clicca qui per consultarci su Linkedin
clicca qui per guardarci su Instagram