Il Censis e l'estate: un quarto degli italiani starà fermo per paura

di VITTORIO RAGONE* 

Marco Baldi è il responsabile dell'area Territorio e economia del Censis, l'istituto di ricerca fondato nel 1964 da Giuseppe De Rita e oggi diretto da Massimiliano Valerii. Sociologo, ottimo conoscitore dei fenomeni dello sviluppo, in questi mesi Baldi ha puntato i sensori del suo gruppo di lavoro sulla pandemia Covid-19, e sulle previsioni di scenario che fatalmente lasceranno un segno anche sul Rapporto annuale.

  Insieme con lui foglieviaggi ha provato a immaginare le ricadute della clausura sul viaggio e il viaggiare. Una previsione consolidata già c'è: una quarto degli italiani - sostiene Baldi - ha deciso di restare a casa quest'estate. Per paura. Di chi parte, un 50 per cento molto probabilmente si rifugerà nelle seconde case, proprie o di amici e parenti. Solo il 25% del mercato turistico si muoverà secondo abitudine.

Dottor Baldi, secondo l’Enit fra marzo e maggio del 2020 il turismo italiano ha perso a causa della pandemia 81 milioni di presenze. Il danno per la sola diserzione degli stranieri sarebbe già superiore ai dieci miliardi. Il viaggiare incide sul Pil per il 13,2 % del totale - sempre dati Enit - mentre l’Istat ci ricorda che il 2019 a consuntivo ci aveva garantito 435 milioni di presenze.  Incombe una catastrofe. Qual è la sua valutazione?

"Non c’è dubbio, il turismo è un comparto fondamentale per l’economia del paese. Basta dare un’occhiata ai trend del traffico aereo nei nostri aeroporti negli ultimi vent’anni. E’ cresciuto in maniera esponenziale. D’altra parte, non è la prima volta che il trasporto aereo fronteggia un rischio globale, anche se non dell’entità, la rilevanza e la diffusione del Covid 19. Già in epoca Sars subì una brusca frenata, smise di crescere. L’anno seguente però ripartì, con un tasso addirittura superiore a quello del decennio precedente. Fenomeni come la pandemia interrompono un ciclo,  ma abbiamo sperimentato come il ciclo tenda a ripartire con forza maggiore. Fu così anche con le crisi petrolifere degli anni Settanta…"marco baldiJPG

(Marco Baldi     foto di foglieviaggi)

Lei perciò invita a puntare sulla ripresa, a crederci davvero.

"Sì, naturalmente con modalità e con condizioni di sicurezza diverse dal passato.  Prima delle torri gemelle il trasporto aereo godeva di una situazione di assoluta libertà. Dopo l’11 settembre sono stati introdotti sistemi di regolamentazione e di controllo che però non lo hanno sostanzialmente limitato. Il trasporto aereo vive di libertà, vive di Schengen".

 Raccontiamola, questa ipotetica ripresa. 

"Dobbiamo ragionare su uno scenario a breve termine – il 2021 - e uno che abbia un più ampio respiro - direi il 2035, fino al 2040 - se vogliamo provare a uscire dalla stretta dell’emergenza. E ricordi: trasporto aereo e turismo sono strettamente legati. Le grandi compagnie che producono aeromobili sostanzialmente basano i loro investimenti sulla crescita del ceto medio nel mondo. La Boeing va a studiare questa crescita in Cina e su di essa realizza i propri piani industriali. Il turismo ormai vive del desiderio di spostarsi del ceto medio del mondo".

Qual è lo scenario a breve termine?

"I singoli operatori oggi sono comprensibilmente concentrati sull’emergenza, e  il primo obiettivo è salvare la stagione estiva.  Ciò significa per gran parte fare in modo da mandare gli italiani in vacanza. Da lì nasce, in sostanza, la critica  all’azione del governo, al supporto alle famiglie, al supporto alle imprese del settore. Si vorrebbe naturalmente di più.  Ma pur con l’ipotesi di una apertura totale del paese la verità è che una quota degli italiani non andrà in vacanza per paura. Secondo le nostre stime grosso modo un quarto delle famiglie già oggi, in condizioni di apertura totale, ha deciso di non fare vacanze. Abbiamo poi un 50 % circa che non ha ancora deciso, che non sa effettivamente come muoversi – perché in attesa del prossimo Dpcm, in attesa delle aperture regionali, in attesa delle aperture verso l’estero…  E c’è un quarto che invece dice: se me ne danno la possibilità, partirò".

Per dove?

"Circa la metà di chi partirà andrà presso la propria seconda residenza, al mare o in montagna. Conosciamo la propensione all’investimento immobiliare delle famiglie italiane, sappiamo che grosso modo ci sono sette milioni di case vuote delle quali almeno due milioni sono case di vacanza. E’ probabile che siano rimesse in gioco per l’estate. Un’altra  parte andrà da amici e parenti che non ha potuto vedere in questi mesi. Poi certo, ci sarà qualcuno che se riaprono le frontiere andrà all’estero. Ma sono percentuali molto basse rispetto agli anni passati. Proprio sulla quota degli italiani che normalmente trascorrono una parte delle loro vacanze all’estero oggi si appunta l’attenzione degli operatori turistici nazionali; perché quella quota si asciugherà drasticamente e diventerà il bacino di riferimento a cui rivolgersi con proposte di vacanza sul territorio nazionale".

La parola d’ordine sarà vacanza sicura?

"Ci saranno probabilmente dei differenziali di sicurezza percepita nei diversi territori nazionali. Ma il turismo è una attività che più di qualunque altra incorpora la prossimità. Corrisponde a una sorta di inversione rituale rispetto alla quotidianità, è una attività che si lega al piacere, al gusto, alla convivialità;  difficile fare incoming turistico puntando sulla sanificazione degli ambienti ricettivi.  Non credo che si possa fare un’operazione di marketing di questo tipo".

Sarà certamente il trionfo dell’outdoor.

"L’outdoor ha grandi chance, vero. Ma io penso che abbiano chance interessanti un po’ tutti quei soggetti che sono in grado di proporre un’esperienza di qualità, non massificata, un’esperienza dove stare nella moltitudine non è necessariamente il top della vacanza. E ora allarghiamo il ragionamento a uno scenario di più lungo periodo. L’industria turistica si può definire in questo modo da 30-40 anni,  mentre l’industria manifatturiera è tale da cento anni,  e con essa il paradigma fordista. Io credo che ci troveremo a dover interamente ripensare quel paradigma,  che nel turismo è arrivato tardi ma era comunque  arrivato".

Che cosa intende per paradigma fordista applicato al turismo?

"L’idea di un luogo che è chiuso rispetto all’esterno, un luogo dentro il quale si ottimizzano i processi dopo di che esce il prodotto, anche molto standardizzato. E’ questa idea che non funziona più. Il modello era già entrato in crisi. Il capitalismo non è più concentrato in pochi luoghi di produzione, ma è diffuso in rete. Pensi a Amazon. Gli operatori del settore turistico, che puntavano ancora tutti a una offerta di tipo industriale, sono stati messi a loro volta in crisi da airbnb, o dal fatto che il Marco Baldi di turno che ha ereditato la casa della nonna la mette a disposizione per uno scambio…."

E come si affronterà la crisi del sistema turismo? Immagino con soluzioni tutte da inventare.

"Se guardo oltre il dramma dell’emergenza, a me vengono in mente le grandi navi da crociera in fondo alla banchina a Venezia. Mi vengono agli occhi Firenze e Roma. Tutte e tre città turistiche quasi monoculturali, che organizzano i propri servizi intorno al low cost creando non pochi problemi ai residenti. La saturazione di alcuni spazi, ma addirittura il confinamento di alcune aree, l’abbassamento del livello dei servizi.  La stessa ristorazione, ci pensi… Trent’anni fa a Roma si mangiava molto meglio. E a Firenze pure. Se l’operatore per stare sul mercato deve ritagliare l’offerta sulla domanda di un turismo che oggi viene e non lo rivedrai mai più, è probabile che il livello e la qualità si  abbassino".

Quindi il primo passo, mi pare di capire, sarebbero un turismo e un modo di viaggiare più sostenibili. Più solitudine, morte al low cost. Un tantino elitario, si può obiettare.

"Assolutamente. Io dico: proviamo a ripensare noi stessi. Quanti ristoratori romani sono stati costretti ad avere un numero di coperti tale da rendere l’esperienza gastronomica non particolarmente significativa, in alcuni casi mortificante, per di più a fronte di una rendita immobiliare che li soffoca? Ho sentito l’altro giorno Vissani che diceva: guardate che il problema sono i miei 18 dipendenti, non la distanza dei tavoli, perché il rango della mia offerta gastronomica il distanziamento l’aveva già previsto. Sul turismo noi abbiamo tali e tanti brand territoriali che giocare sulla distribuzione potrebbe essere una carta interessante. E poi mi creda, nell’immediato ma forse anche nel futuro nessuno vorrà stare in luoghi frequentati con le densità degli anni scorsi.  Il distanziamento per un po’ lo porteremo con noi".

Facciamo una previsione più larga. Come cambierà il viaggio? La scoperta, il piacere, gli altri luoghi, la ricerca del lontano da qui, del differente, dell’insolito, dell’ignoto?

"Io credo che da questo dramma riceverà una spinta ulteriore il turismo esperienziale. Il viaggio basato sul desiderio di esserci e poter raccontare di esserci stati riceverà un colpo.  La motivazione per spostarsi dovrà essere più forte, più intima e sentita. Abbiamo ricche chance da giocarci su questo piano: diversi anni fa con la fondazione Venezia 2000 scrivemmo un testo che si intitolava “da turista a stakeholder”. Chi viene una volta e mai più torna fa male alle città d’arte; un visitatore che si affeziona, che resta in contatto, che magari torna e non solo per rivedere piazza San Marco ma anche per scoprire le Gaggiandre all’ Arsenale può essere un guadagno".

Sa che le dico? Quest’idea del turismo lento e affezionato ricorda un po’ i venti giorni di villeggiatura degli anni Sessanta.

"Lei ci scherza, ma la villeggiatura è un concetto che verrà riscoperto in questa fase.  Non potremo puntare sul turismo straniero, dovremo capitalizzare il fatto che gli italiani dovranno restare in Italia…  probabilmente andranno a cercarsi località meno congestionate, dove   riprendersi anche dalla botta che hanno subito.. Diciamo che per quest’anno la villeggiatura la vedo vincente di sicuro".

 

* VITTORIO RAGONE  (* fondatore di foglieviaggi.cloud. Nato a Castellammare di Stabia nel 1955, ha lavorato prima all'Unità poi a Repubblica. Ama il trekking, l'opera e le nuove tecnologie. Tifa Juve Stabia e Napoli, in sequenza)



clicca qui per mettere un like sulla nostra pagina Facebook
clicca qui per rilanciare i nostri racconti su Twitter
clicca qui per consultarci su Linkedin
clicca qui per guardarci su Instagram