Guida turistica al Purgatorio / terza parte 6)La scuola, la rissa, il riscatto

di PAOLO BIROLINI*

 Eccolo il battesimo, l’avventura del sangue. Andate avanti cento metri, trascurate le riflessioni, le pause. Quello che appare come un budello di grattacieli nani, quella strada senza uscita che vedete alla vostra sinistra, era una scuola. Vi toglie il fiato adesso, ma fatela una foto. È lì che è incominciato. Lì l’inizio di ogni modernità.

Ci si entrava ad ogni ora, tre turni per i poveri del mondo. C’era un’aula in cucina, un’aula in camera da letto. Io non ricordo niente di quell’anno. Non un maestro, non un libro o un quaderno. Era un anno difficile il millenovecentosettanta. Il mondo precipitava, la fame mi induriva, le cadute mi segnavano ginocchia e gomiti, la fatica riduceva le mie letture, la miopia accresceva l’espressione stupida e stupita.

Riportate sui telefoni quella piccola infamia universale, che non sembri incredibile quella finestra che vedete e quel balcone, quella femmina antica affacciata. Dalle otto alle undici, dalle undici alle due, alle due alle cinque. Novanta fiati al giorno in quel catino fetido. Neanche il tempo di entrare e già suonava, già sciamavano i figli dell’uomo. Ed era una spinta, uno sputo, una molla lanciata alla schiena. Era la succursale della rocca corrusca distante due chilometri e pochi anni ancora, la dependance delle mura annerite di Poggioreale, dove molti avrebbero continuato la formazione. Alcuni si sarebbero fermati prima, certo, sulle rampe del Pianto, ma intanto stavano lì, a ingrassare di miasmi cucine e salotti, a ridere di quel ricchione di Musica, di quella troia di matematica che mostrava cosce rossastre e invadenti, e un po’ pure di me, che da lontano ci vedevo poco e da vicino leggevo troppo.

Questo turbamento, questa mistificazione, questa costante invenzione del senso, danno voce al principio. Comincia così ogni principio. Che se stai soffocando qualsiasi azione sregolata serve, che se stai soccombendo ogni violenza è giustificata.

Ma io sentivo la mia sessualità esplodere, sentivo il respiro che mancava in quel cunicolo affollato. Ottobre è un mese crudelissimo nel Quartiere e caldo. I maschi adulti mettono le maglie di lana e sudano mentre si strofinano nei pullman sulla prima ragazza che capita. Quelli che ci abitano dicono parole a caso, le ripetono all’infinito come un rosario del mese mariano. Mormorano le donne nere e i maschi luridi. Così voi andate a scuola a piedi, e la ragazza e le donne nere e i maschi deformi vanno verso la città. Arrivate che è caldo e che avete studiato. Che è un lunedì mattina e la domenica è passata sulla Prateria e sulla Longue Carabine e non avete voglia di risate e storie putride e tanfi e schiaffi.

Vorreste cantare col ricchione di musica, godervi le gambe rossicce e scomposte della troia DI matematica. Ma il biondo di fianco non finisce la sua recitazione, neanche mentre le tre ore del turno finiscono, neanche sulle scale, neanche mentre volano via gli occhiali, neanche mentre vola via sull’ultima rampa. Che lì, forse ha inizio tutto. Quando arriva sbandato al portone e scopro il potere della rabbia. Quando cieco di sangue ruggisco in questa piccola metamorfosi. Quando il sangue scorre davvero e arrivano gli adulti a fermare il baccanale con uno schiaffo potente sulle gambe scoperte, quando il bruciore è fortissimo e porta lacrime e desiderio di vendetta.

Nascono così le storie. Le lacrime, la lotta, il sangue, l’odio sordo, il dolore, la promessa, il debito. Ho continuato a leggere per tante estati e a picchiare. Picchiare e leggere. Una posizione di privilegio, una amoralità conclamata. Il Quartiere lo capì molti anni dopo e cominciò a raccontarmi.

* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo fa il Dirigente d'azienda e mantiene quello furbo, che prova a fare il poeta) 

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