Guida turistica al Purgatorio / terza parte 2) Il sesso e il macello
di PAOLO BIROLINI*
La strada per le Puglie è la strada che porta alla scoperta del fiume, al parco delle Fontane, la strada che attraversa le scuole e insegna, la strada confine che salta da un ponte e si tuffa alla Cittadella, tra amori impossibili e nuove sezioni di partito, radio casalinghe e casalinghe tremule.
Bisogna percorrerla in ottobre e, ancora una volta, sul lato sinistro. Che a destra spuntano solo mestieri antichi che poco parlano di scoperte: un tipografo, un bar minore, un ciclista timido che metteva riparo allo scempio delle camere d’aria e possedeva un solo figlio timidissimo e una moglie bella e nascosta. Il tipografo con una casa col balcone sopra la bottega, una casa di donne potenti e di amici fragili, di pose asburgiche, canti esasperati di arie lontane e notturni.
Non ero in confidenza con quel posto. Anche adesso, a guardarlo, potete trovarci un pensiero seduto, una breve illusione notturna, commiserazioni e adulazioni, bontà inadeguate. Non era lì che l’anima si cuoceva, non durante quei brevi attraversamenti. Tra il convento delle suore cattive e la bottega del ciclista ho fatto pochi passi. Attraversavo in corrispondenza del luogo designato e cantavo le devozioni accaldate o i lieder della Bella Mugnaia mai incontrata. Più spesso con la mia ruota bucata per una richiesta senza una sola parola, che il ciclista era di poche parole e il figlio di più.
E dunque restiamo sul lato sinistro, superiamo pescivendolo e drogheria, guardiamo con reverenza al negozio di stoffe e vestiti che era appartenuto alla famiglia del mio amico tossico e rapinatore. Ancora ci potete sbirciare nell’ombra, la sorella che muove i primi passi, che mostra i primi sorrisi ai primi amanti. Non a me, non a noi. Noi proseguiamo ancora qualche metro, siamo in ottobre, c’è il sole e in un vicolo chiuso c’è un macello. Entriamo di nascosto, silenziosi, ritornando da scuola. Solo i più coraggiosi, i temerari, gli eccitati sempre. Dentro è buio, entrate con me e fidatevi dei miei passi. La luce filtra da piccoli oblò fissati in alto sulle mura del perimetro.
A volte non accade nulla e ce ne torniamo delusi, fissando le giornate, sprecando l’ardire, consolandoci con la visione della sorella del tossico nel negozio. Delle sue gambe perfettissime, del sorriso da sorella maggiore che sfodera mentre ci caccia via arrabbiata.
Ma a volte c’è il corteo dei buoi, la fila degli animali pronti al sacrificio o allo stupro o a tutti e due gli altari. Così conosciamo la morte di questi esseri enormi e rassegnati, così conosciamo la morte per la prima volta. Ma è una morte impacciata, scivolosa di sangue e lamenti. Legato in un recinto breve, scivola sul sangue dell’amico e muggisce e muore in un attimo: una pistola tra le corna, il colpo e il corpo che s’accascia, la vita che trasale, un sussulto e scappiamo, ci vedono, scappiamo.
Non è diverso se è il giorno della monta: la rassegnazione della femmina e il toro che si innalza enorme e furente e impacciato che scivola e tempesta con gli zoccoli la mansueta, la vergine intimorita. Che lo devono aiutare tanta è l’urgenza e che quando ci riesce ci confessa che quello è l’amore e che per pulircene ci vorranno decenni di preghiere e salvezze e ricadute. E più ancora ci spaventa della morte subitanea e ci scoprono e ridono di noi, ci vedono e scappiamo.
A volte le cose accadono insieme, che nel puzzo della morte che si approssima, uno tenta la monta con chiunque gli sia davanti e si innalza ma non deve ed è difficile fermarlo e gli officianti faticano a riportarlo al suo destino, al recinto scivoloso, al sangue.
E dunque vedete che anche in questa periferia assolata, nei giorni caritatevoli di ottobre, pure curano la morte e l’amore carnale e la redenzione necessaria. Curano il riprodursi e il finire, come in qualsiasi altro luogo al mondo, e la salvezza.
* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo fa il Dirigente d'azienda e mantiene quello furbo, che prova a fare il poeta)
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