Guida turistica al Purgatorio / seconda parte 2) La carne è medicina

di PAOLO BIROLINI*

La trama è questa. Il protagonista è un tempo rancoroso e superfluo. Un alveare disordinato che cresce in volgarità, neanche fosse un termitaio. Vorrei spiegarvi il quartiere passeggiando, dirvi i luoghi che non dovete perdervi, quelli che dovete fotografare e condividere.

Questo è un luogo di condivisione obbligatoria. Ora violenta, un tempo rassegnata. Non ci sono più umani se non fissati come ombre ai muri da un flash all’idrogeno, se non nelle mie parole. Vorrei illustrarvi la strada, incuriosirvi con la sua storia antica. Vorrei dirvi del crocevia e del suo destino, delle cupe e delle lave, delle paludi e delle fanciulle fiorite e morte.

La trama è questa e assente. Occasionali gli incontri, gli incroci. Nessuno ha mai scritto un verso, una scena sul lavorante di salumeria, calvo e coi baffi e divertente come un caratterista del Salone Margherita. Ma io ne ho ritrovato gli eredi, per caso, in stazione a Bologna. E non si è parlato di quel luogo del desiderio, di quel tempio e del loro padre officiante e maestro. Però la salumeria sta lì e dovete saperlo che correvo coi sandali di Mercurio, rimbalzavo la pietra, entravo silenzioso e vincendo il terrore per il rito, chiedevo prima ad un banco, poi a un altro e poi dalla matrona che teneva i fili del commercio: scriveva su un quaderno, nomi e coreografie, segni per iniziati, debiti inestinguibili. Non c’erano vie di fuga nemmeno per quel Mercurio sudato allora, costruivo i miei sensi di colpa, la madre deteriorata e la sua fabbrica, l’acqua del privilegio.

Ero già nel futuro. Duecento metri dopo la Stadera. Una casa col bagno e la cucina, con un cortile e un’auto, un piano più in alto, il Vesuvio di fronte, le fiamme incomprensibili della raffineria. Ma ci arriviamo più tardi. Giochiamo un paradosso senza trama, ripartiamo dal cibo e dall’ipotesi che potesse salvarsi il bimbo, la sua strada, il suo amore e la madre. Devo dirvi il Quartiere, la caduta, il vicolo del vento, la cantina. Le sezioni, i biliardi, onorare i viventi scomparsi.

Così a sinistra, dopo la cornucopia degli Dei, la storia della carne e l’altra incomprensione. L’invenzione di un amore infelice e incomprensibile, immaginato e perso. A sinistra c’è la macelleria, il sanguinaccio a Carnevale, la fettina e le B12 al figlio degli Dei che non cresce, l’odore dell’aceto per le scale che diceva siringhe disinfette, infermiere improvvise e improvvisate.

Ma le fettine sono il garzone emaciato e figlio del sanatorio come me, compagno di stanza del padre. Questa si che è una trama, ma merita un “a parte”. Fotografate i lombi, il soffritto invernale, le galline pasquali, il boa delle salsicce. Che in nessun luogo come questo la carne vale come un accesso agli inferi, un odi et amo, un desiderio estinto. Della tisi vi dico in una storia futura. Questa però è una clinica, un luogo di salvezza per il Dioniso smunto.

La carne è medicina.


* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo fa il Dirigente d'azienda e mantiene quello furbo, che prova a fare il poeta) 

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