Gran Sasso, una storia infinita fra sviluppo e abbandono

di GABRIELLA DI LELLIO*

Dall'inizio di ottobre sul Gran Sasso c’è la neve e non poca. Non è una novità, è una certezza. E’ il mese dedicato alla preparazione della stagione invernale, alla manutenzione della funivia e  ai lavori nelle strutture ricettive. La stagione autunnale è fantastica per la maggiore stabilità del tempo che permette arrampicate e camminate, e consente di ammirare i colori dei boschi a bassa quota con un turismo meno congestionato. 

In estate file di escursionisti salgono verso la cima di Corno Grande o di Corno Piccolo, molti accompagnati da guide turistiche, altri no. Alcuni partono dal rifugio Duca degli Abruzzi, altri dal rifugio Franchetti sul versante teramano, magari sostando al rifugio Garibaldi, o dirigendosi verso il rifugio Andrea Bafile. 

In funivia quest’anno sono state registrate 27mila presenze solo a luglio - agosto. Molti turisti sono arrivati in auto approfittando dell’apertura estiva della strada. “Un turismo esagerato, un carico urbanistico non supportato dal territorio, un affollamento stupefacente e un’amministrazione che non si attrezza” per usare le parole di Stefano Cardelli, un operatore turistico titolare della storica Osteria della Posta di Poggio Picenze e di un B&B a Santo Stefano di Sessanio.

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(L'Osteria della Posta                  foto dal web)


Gran Sasso in estate e Gran Sasso in inverno. Le difficoltà sono innumerevoli per i borghi interessati e per la stazione sciistica, per  tutto ciò che rientra nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, un parco giovane nato nel 1995 che ha più volte ridefinito la sua perimetrazione con tutto ciò che ne consegue in termini di vincoli o di sviluppo. Enormi difficoltà esistono nella gestione dell’enorme afflusso turistico estivo, ma ancora più grosse difficoltà ci sono nel comprensorio sciistico da parte degli operatori interessati rimasti: scuola di sci e gestori di alberghi in quota. C’è un perchè. Per capire il Gran Sasso nella sua complessità bisogna tenere a mente alcuni passaggi. Da quelli bisogna partire e forse da quelli lo sviluppo si  è arenato.

 
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(Il Gran Sasso     foto da pixabay)                                                  

 

La stazione sciistica: la funivia e l’albergo, una storia infinita

La gestione di tutto il comprensorio sciistico ed in parte ricettivo di Campo Imperatore  è affidata al Centro Turistico del Gran Sasso, un’azienda municipalizzata nata nel 1934 e trasformata in Società per Azioni nel 2000. Il Comune di L’Aquila è l’azionista di riferimento con il 100% del capitale sociale e da oltre 80 anni gestisce la stazione sciistica di Campo Imperatore. 

Prima del 1934 non c’era nulla a Fonte Cerreto, un luogo in cui un vasto cerreto appunto ricopre le pendici dei monti sovrastanti. E’ conosciuto come La Villetta per la presenza di un albergo costruito con uno stile misto che risente del liberty, di nome appunto La Villetta. Qui soggiornò Mussolini prima del trasferimento in prigionia in quota nell’albergo di Campo Imperatore per motivi di sicurezza. Oggi l’immobile è entrato nell’immaginario degli aquilani. Quando decidono di dirigersi verso il Gran Sasso più che “andiamo a Fonte Cerreto” dicono “andiamo alla Villetta”

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(La Villetta           foto di Gabriella Di Lellio)


L’antica funivia bifune va e vieni, costruita proprio in quegli anni dal regime fascista su progetto della ditta Ceretti e Tanfani di Milano, disponeva di due cabine da 25 posti.  La piazzarono sul versante aquilano del Gran Sasso dei Valloni, con tre stazioni poste a quote progressive. Il percorso durava quindici minuti. Nell’anno di apertura dell’impianto Carlo Emilio Gadda, laureato in ingegneria,  si dilungò nel racconto “La funivia della neve” in dettagliate questioni tecniche per raccontare quanto era rimasto meravigliato da quel portento tecnologico. Nel 1949 sul Gran Sasso si realizzarono le riprese del film “La roccia incantata”  diretto da Giulio Morelli, girato in gran parte in quota.

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(La locandina del film “La roccia incantata”)

L’Aquila era collegata alla funivia con corse giornaliere di autobus. Oggi la zona in cui esisteva il vecchio impianto a fune è adibita a museo dove sono esposti fotografie, pezzi meccanici e cabine del vecchio impianto, perchè nel 1988 il gruppo Leitner ne realizzò uno nuovo con cabine Pininfarina, in grado di trasportare 100 persone superando in sette minuti un dislivello di 1000 metri. La  vecchia stazione di valle invece è stata riconvertita in un albergo, l’hotel Cristallo.

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 (L' antica cabina)                                             

 

Una volta arrivati a quota 2100,  appena scesi dalla funivia, prima ancora del paesaggio ad attirare l’attenzione è il grande edificio rosso dell’hotel Campo Imperatore.



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(L' albergo Campo Imperatore      foto di Gabriella Di Lellio)


I lavori per l’albergo iniziarono  nel 1936 su un terreno donato all’amministrazione comunale dal marchese di Pizzoli Adolfo Dragonetti De Torres, su progetto dell'ingegnere piemontese Vittorio Bonadè Bottino. Il cemento venne trasportato per il regime da carovane di muli di Castel del Monte. Doveva ospitare all’epoca turisti per 30.000 persone all’anno. Fu un’opera colossale.  L’albergo poi è diventato famoso per essere stata la prigione di Benito Mussolini tra il 28 agosto ed il 12 settembre 1943, sino alla sua liberazione avvenuta con l’operazione “Quercia”, un commando di paracadutisti tedeschi che si lanciarono sull’edificio facendovi irruzione. Ancora oggi la camera 220 al secondo piano mantiene perfettamente conservati gli arredi originali ed  è meta di turisti e di qualche nostalgico. 

Più volte rinnovato all’interno e nella facciata esterna, l’albergo è andato man mano deteriorandosi e poco più di un mese fa è stato presentato l’ultimo progetto di ristrutturazione per 3,8 milioni di euro da realizzare nella prossima primavera. Il progetto precedentemente era stato affidato  al settore opere pubbliche del Ministero delle Infrastrutture ma nell’agosto scorso il Comune dell’Aquila ne ha richiesto la restituzione. A giudicare dai risultati delle ristrutturazioni avvenute negli anni, sicuramente vengono ignorate le peculiarità che presenta un edificio in alta quota che necessiterebbe di ditte specializzate nel settore. 

A breve distanza  dall’hotel di Campo Imperatore si trova l’Ostello Lo Zio, l’edificio che ospitava la stazione superiore a monte della funivia del Gran Sasso collegato da un tunnel sotterraneo direttamente alla stazione sciistica.  Dopo varie alternanze di gestione oggi l’Ostello ha un nuovo padrone di casa, un gruppo di imprenditori, Di Nardo e Volpe di Paganica, della vicina periferia della città.


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(L'ostello     foto di Gabriella Di Lellio)

 

Campo Imperatore dispone di un Osservatorio astronomico costruito tra il 1948 e il 1955 con un telescopio di oltre un metro di diametro e gestito dalla sezione romana dell’Istituto Nazionale di Astrofisica in collaborazione con l’Osservatorio astronomico di Collurania e con l’Università degli studi dell’Aquila. E’ un ottimo punto di osservazione per la quota altimetrica, la lontananza da sorgenti di inquinamento luminoso e la qualità dell’aria. E’ un centro di eccellenza ma anche uno spazio aperto a visite guidate e conferenze sull’astronomia. Proprio accanto, solo nei mesi caldi è aperto il giardino botanico alpino ‘Vincenzo Rivera’ dove vengono coltivate le piante di habitat altitudinali. A fianco all’albergo c’è la chiesa della Madonna della Neve, un piccolo edificio religioso e il più elevato d’Italia tra quelli consacrati, costruito nel ‘34 e poi abbandonato nel dopoguerra fino al suo restauro avvenuto nel ‘92.

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(La Madonna della neve       foto di Gabriella Di Lellio)

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(L' Osservatorio astronomico con il giardino botanico      foto di Gabriella Di Lellio)

 

 Gli impianti sciistici e i collegamenti: lo spreco

Negli anni 50 con il Piano Fanfani, pochi mezzi e tanti giovani operai, venne  realizzata la strada Fonte Cerreto - Bivio Monte Cristo. Nel 1962 vennero costruite le sciovie delle Fontari e Scindarella,  e Campo Imperatore divenne la prima stazione sciistica sugli Appennini, accogliendo sciatori da ogni parte dell’Italia Centrale, soprattutto da Roma.

Nel 1966/67 vennero  inaugurate le due sciovie ed il rifugio omonimo di Monte Cristo con i finanziamenti dello Stato per realizzare la prima traccia della strada fino al piazzale dell’albergo di Campo Imperatore (i due impianti di risalita verranno sostituiti in seguito con due seggiovie mai utilizzate). 

Un paio di anni dopo, nel 1968, l’imprenditore ferrarese Rimondi realizzò il centro turistico Campo Nevada su una porzione di territorio precedentemente acquistato, a due km di distanza da Monte Cristo, in località Fossa di Paganica, proseguendo sulla statale 17bis per Campo Imperatore in corso di costruzione. Vi costruì due impianti a fune e due eleganti edifici: il motel Valparadiso,  a pianta circolare, e il rifugio Lutetia.

Il centro avrebbe dovuto costituire il primo nucleo di collegamento con l’adiacente stazione di Monte Cristo ma non fu mai realizzato, lasciando l’accesso alla nuova stazione unicamente con le automobili. I mezzi spartineve del Comune e di Rimondi si rivelarono insufficienti a tenere sgombra la strada dalla neve; all’epoca le nevicate erano abbondanti. Nel 1971, anche a seguito di una relazione negativa sulla possibilità di rischio valanghe, Campo Nevada venne chiuso. Di quella ambiziosa iniziativa restano oggi i ruderi dell’albergo e degli impianti abbandonati, creando ulteriore inquinamento. Ma su questo non c’è traccia di proteste ambientaliste nella più totale indifferenza dell’amministrazione comunale.

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(Il motel Valparadiso e il rifugio Lutetia)


Nel 1994/1995 anche le seggiovie di Monte Cristo vennero  dismesse, abbandonate a sé stesse per mancanza di neve e si tornò  all’antico pascolo di pecore e vacche. Non ci sono  più le nevicate di una volta e non ci sono progettazioni per impianti di innevamento artificiale. Rimane aperto il rifugio di Monte Cristo con un  nuovo look e nuova gestione, affidata allo staff di un altro rifugio molto frequentato, il Mandolò, alla base di Fonte Cerreto. A dirigere l’attività Monya Giusti, originaria di Assergi.  Restano senza gestori il rifugio Fontari sulle piste da sci di Campo Imperatore e l’Hotel Cristallo alla base della funivia, la cui gara è andata deserta. 

Nel corso dei decenni ci sono state proposte, contestazioni e ricorsi senza che nulla sia cambiato. I problemi si ripetono nell’avvicendarsi delle amministrazioni comunali, ma finora nulla è cambiato.

Alla base esiste un problema culturale di fondo, la mancanza di un’idea di sviluppo sostenibile e di salvaguardia dell’ambiente, proprio quella che invece è ben chiara a chi lavora quotidianamente in queste zone, agli operatori turistici locali e alla Scuola di Sci del Gran Sasso, che ha un organico di 16 maestri tra cui un Allenatore nazionale, tre allenatori di secondo e terzo livello, un maestro di sci nordico ed un maestro di snowboard. Soprattutto loro soffrono il problema annoso dei servizi che mancano sul tetto dell’Appennino pur avendo tanta neve per poter lavorare.

In una conferenza stampa a ottobre  per la presentazione del nuovo programma di intervento nell'albergo di Campo Imperatore, il Sindaco dell’Aquila ha annunciato anche i lavori per il collegamento degli impianti sciistici esistenti Monte Cristo - Fossa di Paganica- Scindarella, proposta avanzata e poi bocciata da 50 anni.  

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(I vecchi impianti dismessi a Montecristo)


Se solo chi amministra il Gran Sasso studiasse cosa si fa sulle Alpi, si potrebbe decidere, ad esempio, di recuperare l’esistente senza ulteriori progettazioni e sprechi. La ricchezza di base c’è ed è il Gran Sasso stesso, la sua natura, la sua bellezza, quel sistema naturale che ha un valore da salvaguardare. 

In inverno: infiniti itinerari per lo sci alpinismo,  le ciaspolate, lo sci da fondo e lo sci alpino per quel che è possibile, eliminando i resti di strutture abbandonate diventate rifugio di animali e mantenendo i collegamenti stradali. In estate andrebbero tracciati ulteriori sentieri da fare a piedi o in mountain-bike, e attivati tutti i rifugi, per facilitare arrampicate ad alta quota, semplici passeggiate, e collegamenti tra i borghi. C’è bisogno di provvedimenti per regolamentare il flusso delle persone che in estate soprattutto arrivano da ogni dove per vivere un’area incontaminata, in un’oasi di natura. Mancano punti di ristoro e ci sono problemi di ricettività, evidenziati soprattutto in questa estate post Covid.


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(La stazione d'arrivo della nuova funivia)

Inoltre, durante i primi mesi invernali, poiché il Gran Sasso, montagna tra due mari, è esposto ai venti di qualsiasi direzione,  capita molto spesso di avere condizioni di cielo perfettamente limpido sia in città che in montagna ma di non poter usufruire degli impianti sciistici che restano inevitabilmente chiusi a causa del vento forte. E’ più facile usufruire della stazione nei mesi di febbraio- marzo, quando il clima si addolcisce e  le giornate si allungano senza timore che possa diminuire il quantitativo di  neve sulle piste.

Qualche anno fa  è stato costituito il Comitato #IoVivoilGranSasso messo in atto dai maggiori operatori turistici dei borghi del comprensorio per la promozione turistica e per protestare contro la chiusura delle strade montane. Se in Valle D’Aosta dovessero chiudere le strade per neve, come ogni anno avviene per la 17bis di Campo Imperatore, nessuno potrebbe lavorare. Del resto a L’Aquila ormai si chiudono le scuole alla prima nevicata. 

Cosa accadrà è facile da prevedere, il motto della città è “Immota manet” perciò è meglio godersi il Gran Sasso in estate e in autunno, in tutta la sua pienezza e per chi può qualche uscita di sci alpinismo in inverno. È una storia lunga che affonda le radici in una valorizzazione della montagna aquilana mai del tutto iniziata per la mancanza di una cultura turistica da coniugare con il rispetto dell’ambiente.

 

  *GABRIELLA DI LELLIO (Sono aquilana e sorella minore di nascita. Mi sento ottimamente a Roma e meno a L' Aquila dal terremoto del 2009. Ho insegnato lingua e letteratura inglese nel Liceo Scientifico della mia città. Sono maestra di sci perché amante della montagna e della neve. Mi piace la fotografia analogica in bianco e nero, che ho ripreso a fare dopo trent'anni e a cui intendo dedicare il mio tempo. Sono cresciuta nella FGCI e nel PCI fino alla “deriva occhettiana")

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