Frutta, verdura e pane: l'Italia e il mondo li comprano e poi li buttano

di MARCELLA CIARNELLI*

Sarà un retaggio dell’infanzia, anni in cui le zucchine o le pere, come tutti gli altri ortaggi o gli altri frutti, vengono vissuti dai ragazzini come una punizione, pronti come sono, se dipendesse da loro, a mangiare solo patatine fritte: sta di fatto che tra i quattro su  cinque alimenti che più finiscono nella nostra spazzatura ci sono le verdure. E anche il pane. Vengono acquistati, certo. Perché fanno bene, ci è stato ripetuto all’infinito. Ma poi spesso finiscono nel dimenticatoio. Quindi nel secchio. Assieme ai residui di pastasciutta, ma questo è più prevedibile dato che si parla del piatto nazionale. E se ne cucina tanta. 

 Lo si apprende dall’indagine con valore statistico fatta dall’Osservatorio Waste Watcher International, ascoltando ottomila cittadini di diversi Paesi, spiega Andrea Segrè, il direttore scientifico dell’osservatorio, per cercare di comprendere attraverso l’analisi delle abitudini alimentari e dei comportamenti in fase di acquisto e di conservazione, cosa sia possibile fare per eliminare lo spreco del cibo. Che costa molto e pesa ancora di più se non finisce in tavola ma nel sacchetto. 


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A questa sorta di G8 del cibo hanno contribuito gli abitanti di Italia, Spagna, Germania, Regno Unito, Usa, Canada, Cina e Russia. Nei prossimi anni si proseguirà con altri Paesi. Intanto i risultati della ricerca condotta con il direttore scientifico dell’Ipsos Enzo Risso e Matteo Vittuari dell’Università di Bologna, fanno parte dei lavori della Giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari organizzata dalla Fao con la partecipazione di Papa Francesco. 


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Cibo, acquisti programmati magari con la vecchia e cara lista e con poca simpatia per le App, diete. Si intreccia tutto. E tutto serve per comprendere da cosa discendano comportamenti e limitazioni. Pessime abitudini e imprevedibili disponibilità. Apertura a nuove regole, anche contro le più consolidate abitudini. Cambiamenti. Vale per l’Italia, dove in periodo Covid gli sprechi sono diminuiti più del 10 per cento, e per gli altri cittadini del mondo che, comunque, se più ricchi tendono a sprecare di più. Questo è un dato certo. Cina e Paesi nordamericani buttano via più degli europei. Gli italiani sono in testa ai popoli più virtuosi tra quelli presi in considerazione: 529 grammi di cibo sprecato a testa nell’arco di una settimana. Gli statunitensi battono tutti con 1453 grammi. Subito dopo ci sono i cinesi con 1153 grammi e poi i canadesi con 1144. L’Europa vede in testa i tedeschi con 1081 grammi e quindi spagnoli (836) e russi (672). Ci sono anche gli inglesi pre Brexit con 949. 


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Perché si spreca? Come si può evitare che avvenga? La conoscenza dei meccanismi dell’alimentazione e, quindi, delle diete può contribuire a ridurre il fenomeno? Quest’ultimo punto si rivela di fondamentale importanza quando buona parte degli intervistati chiede che intervenga la scuola per portare i ragazzi ad una consapevolezza alimentare che finora è mancata. Così come è stata registrata la richiesta di confezioni meno grandi e da smaltire più facilmente senza inquinare. E anche un avanzamento nei metodi di conservazione, a cominciare dagli elettrodomestici destinati alle case ed ai negozi. A tutti sembra poco utile mettere un freno allo spreco ricorrendo alle multe. 

Vediamo quali cibi vengono acquistati e poi gettati via. Sono i prodotti freschi e deperibili, frutta e verdura, quelli che si gettano maggiormente a qualsiasi latitudine del pianeta, con percentuali che variano dai 42,6 grammi di spreco settimanale per la frutta e 41,6 per la verdura nel caso dei cittadini statunitensi, e dai 42 grammi di frutta gettata in Germania ogni settimana, ai ‘soli’ 24,5 grammi di frutta sprecata settimanalmente per i cittadini russi. Gli italiani si assestano su uno spreco settimanale medio di 32,4 grammi per la frutta e 22,8 grammi per la verdura. Ai vertici degli alimenti sprecati nel mondo resta anche il pane fresco o in cassetta: dai 38,3 grammi settimanali per gli Stati Uniti ai 22,3 grammi in Italia, e in mezzo il Regno Unito con 33,8 grammi. Anche i latticini, gli yogurt e le cipolle svettano fra i cibi sprecati negli Stati uniti, con oltre 39 grammi settimanali. 


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 I risultati del Rapporto mostrano un andamento abbastanza uniforme sulle cause dello spreco a livello familiare: dimenticare la data di scadenza (media del 44%), acquistare troppo cibo (media del 40%) ed errori di valutazione legate all’eccesso di cibo cucinato (media del 33%) sono i principali driver di spreco alimentare a livello mondiale.  L’eccesso di acquisto (61%), l’aver cucinato troppo (64%) e aver dimenticato in dispensa o in frigo il cibo fino a farlo deperire (64%) vale soprattutto per i cittadini cinesi intervistati, che dimostrano anche  di non apprezzare e quindi non riutilizzare gli avanzi (72%), sostenitori assoluti della qualità anche a costo di pagarla cara. 

In larga misura i cittadini statunitensi confessano di aver scordato il cibo acquistato (68%), ma quest’ultima causa è la più gettonata dai cittadini di tutto il mondo: 1 italiano, 1 russo, 1 spagnolo e 1 tedesco su 2, e nel 65% dei casi per i canadesi, nel 61% dei casi per i cittadini del Regno Unito. Russi e tedeschi sono risparmioni. Se per la gran parte degli intervistati, gli italiani sono addirittura il 77 per cento, sprecare il cibo è immorale, significa un danno per l’ambiente e per l’economia, sono tutti d’accordo nel considerare lo spreco  un cattivo esempio per i giovani. E questo fa diventare indispensabile una educazione alimentare. Lo chiedono otto su dieci degli intervistati. A cominciare quindi dalla scuola.


*MARCELLA CIARNELLI (Romana di ritorno, napoletana per sempre. Giornalista per passione sempre all’Unità. Una vita a seguire le istituzioni più alte fino al Quirinale senza perdere la curiosità per ogni altro avvenimento. Tante passioni: il cinema, il teatro, i libri, gli animali, il mare, i viaggi, la cucina, gli umani nelle loro manifestazioni più diverse…e la squadra del Napoli)

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