Folon, una casa tutta per l'arte

di GIULIA GIGANTE*

Una linea immaginaria congiunge artisti che, pur molto diversi, con le loro opere hanno dato vita a una dimensione parallela onirica, a tratti irriverente, che deraglia dai binari della normalità ma al tempo stesso è ben radicata nello spirito del Belgio. È un tracciato che segue le immagini surreali di Magritte e i ricami in ferro battuto di Victor Horta e altri grandi architetti dell’Art Nouveau belga, passa per l’utopia della città vegetale di Luc Schuiten e si segnala per la fantasia a briglia sciolta di tanti autori di BD (i fumetti), le bizzarrie dei creatori di moda di Anversa e le trovate della scuola di Design. A questo universo appartiene l’arte di Jean-Michel Folon. E se viaggiare non è un semplice spostamento nello spazio ma un’avventura che coinvolge anima e corpo, sensi e intelletto, c’è un luogo assolutamente da non perdere: la fondazione che contiene gran parte delle sue opere, ospitata nelle ex-scuderie della tenuta di La Hulpe.


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A soltanto una ventina di chilometri da Bruxelles, in un parco che, secondo la leggenda, è collocato con un’inclinazione e una disposizione propizie al benessere e all’armonia interiore di chi vi si reca e che ospita un sontuoso castello ottocentesco costruito sul modello dei manieri della Loira, si trova il museo dell’artista belga, che ha avuto la felice intuizione (nonché la rara possibilità) di dare una casa alle sue opere quando era ancora in vita e di fare di questo spazio un’opera d’arte. In un ambiente che è quanto di meno “museale” si possa immaginare hanno trovato dimora i sogni di Folon e una concezione della vita in cui c’è spazio per la poesia e l’immaginazione e si riscopre il valore dei quattro elementi aristotelici, aria, acqua, terra e fuoco.


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Il visitatore segue il circuito disegnato dall’artista come sfogliando il libro di una biblioteca borgesiana che si apre dinanzi a lui e vive una serie di esperienze visive e sonore che hanno l’effetto straniante, quasi magico, di trasportarlo in un’altra realtà e di destare la sua meraviglia. Il percorso, che, si snoda tra acquerelli e sculture, installazioni visive e sonore di grande effetto e giochi trompe-l’oeil (non dico di più per non guastare la sorpresa), permette di esplorare tutte le ramificazioni in cui si articola la versatile attività di un maestro che ha dato forma artistica all’immaginario in un universo poetico e delicato che si declina in una gamma infinita di sfumature color pastello, in sculture bizzarre, acqueforti e disegni.


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Le opere sembrano prendere vita e il visitatore ne diventa in un certo senso parte, quando si ritrova sul ponte di una nave a scrutare un cielo stellato o sulla spiaggia ad ascoltare lo sciabordio delle onde o ancora quando ha l’impressione di precipitare nell’abisso in un labirinto di specchi. Un’arte che qualche critico ha voluto stigmatizzare come naïf o banale, perché basata su elementi semplici, o come sentimentale, perché parla all’anima e non solo alla ragione, ma che in realtà resta profondamente originale e libera da qualsiasi cliché.


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Nella sua creazione artistica Folon non si è però limitato a dare espressione al proprio mondo interiore, ma è stato anche un attivo sostenitore dei diritti dell’uomo impegnandosi in numerose campagne civili e collaborando con Amnesty International. Ha realizzato manifesti per mostre e manifestazioni, locandine per film (memorabili quelle per i film di Woody Allen) e una serie di copertine per riviste prestigiose: in primis per il “New Yorker”, ma anche per “Time”, “l’Observateur”, “le Vif” e tante altre testate.



Le immagini che ha creato per illustrare libri delineano un itinerario affascinante che illumina gusti e tendenze dell'artista; si va dalle Metamorfosi di Kafka alle Cronache marziane di Ray Bradbury, dalle poesie di Prévert alle Rovine circolari di Borges, passando per l'Uomo invisibile di Wells e Alcool et calligrammes di Apollinaire.


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(La Hulpe)


Prima di optare, per dare vita al suo progetto, per la tenuta di La Hulpe a cui era legato sin dall’infanzia, per un certo tempo Folon aveva immaginato di realizzarlo sull'isola di San Servolo (“l'Isola dei pazzi”) nella laguna veneziana, ma aveva poi dovuto rinunciarvi per motivi economici.


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(L'uomo della pioggia)


La scelta finale di la Hulpe si è rivelata vincente: l’atmosfera lievemente esoterica che aleggia nel parco ben si addice all’universo incantato e al contempo scanzonato di Folon che chiude il percorso di visita con una fontana costituita dalla statua dell’“Uomo della pioggia”. Un’immagine che non solo assurge a simbolo dell’immancabile pioggerella belga, ma appare come uno sberleffo, in piena sintonia con il surrealismo belga, visto che l’ombrello, che dovrebbe riparare l’Uomo, è fatto di pioggia…

 


*GIULIA GIGANTE (nata a Napoli, vive attualmente a Bruxelles, ama andare alla ricerca di nuovi mari, venti e conchiglie, di altri modi di vivere e di pensare, di tracce di passati remoti e recenti. Conosce dieci lingue, ma a tutte preferisce il russo ed è convinta, con Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”)

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