Europa, il toro e un mito da completare

Il primo gennaio del 1999 undici paesi dell’Unione europea fissarono i loro tassi di cambio e adottarono una politica monetaria condivisa sotto il controllo della Banca centrale europea. Quel giorno nacque la moneta comune,  l’euro. All’inizio fu la valuta elettronica usata dai mercati finanziari per pagamenti non contanti. Tre anni dopo,  il primo gennaio del 2002, entrarono in circolazione e nei portafogli le banconote e gli "spiccioli".

Intorno al denaro continua a addensarsi il grande tema dell’Europa unica, politica, giuridica, culturale, civile: una aspirazione visionaria della quale si discute e si discuterà.  Foglieviaggi celebra l’anniversario con questo speciale, "Vent'anni di euro: cosa ci aspettavamo? Cosa è accaduto?".

Racconteremo analisi, fantasie, sogni di futuro, aneddoti… una piccola testimonianza rivolta (anche) alle generazioni successive.

Per loro, andare da Roma a Amsterdam senza fermarsi a tutte le frontiere è la normalità.

Ma non fu sempre così ….


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di GIGI SPINA*

Quando Zeus, trasformato in toro, rapì Europa, principessa fenicia, e la portò a Creta galoppando sulle acque (caratteristica divina) per fondare l’ennesima dinastia, non immaginava che il volto di Europa sarebbe circolato sulla banconota da 50 euro dal 4 aprile 2017, mentre il suo, cioè di Lui/Zeus, sarebbe stato dimenticato, assimilato al Dio Unico, per via della barba, o al fulmine, per via dei cambiamenti climatici.

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Europa no: ogni cittadino del mondo può oggi ammirare i suoi occhi grandi e profondi (questo vuol dire il nome) ogni volta che congeda con un sospiro la bella banconota da 50 euro o, meglio, se ne riceve una.

Certo, il mito avrebbe sicuramente trovato altre strade per farsi raccontare ancora, ma, almeno per la mia esperienza [attenzione, che inizia un periodo lungo quanto la mia esperienza]:

quando non c’era l’euro e bisognava cambiare in anticipo i soldi  e io andavo in Grecia in vacanza, e per fortuna avevo un giovane ex allievo di lettere classiche che poi aveva trovato lavoro al Banco di Napoli ed era, per ulteriore fortuna, all’ufficio cambi, e continuava a volermi bene (si era presentato a lezione col Manifesto sotto il braccio) e quindi io partivo con i soldi abbastanza contati (dracme o dollari), che una volta rimasi senza soldi  e allora andai a Lefkada città e chiesi al direttore della banca se potevo farmi inviare lì dei soldi dalla mia banca, ma io conoscevo solo il greco antico e allora rimanemmo d’accordo che avrei telefonato dopo una settimana facendo il suo nome e dicendo il mio; e se lui diceva, anzi urlava: NAI, NAI, cioè come fosse, Sì, può venire, io sarei andato; e così capitò e riuscii a finire la vacanza e tornare a casa.

Ecco, chi è nato/a dopo l’avvio dell’euro, che poi sono quelli/e che congederanno anche  noi con un sospiro, non può immaginare cosa volesse dire cambiare. Che, a pensarci bene, è il motivo per il quale siamo stati per anni fermi, immobili, ostili al cambiamento: perché vivevamo sulla nostra pelle la difficoltà del cambio, anche del cambio di stagione, che in genere si finiva per farlo un anno sì un anno no, anche se uno - per dire sia uno che una - aveva solo un paio di giacche o gonne, o pullover, o canottiere pesanti e t-shirt estive; epperò quello spostamento, quel cambio pesava, e lo si rimandava, domenica dopo domenica, mese dopo mese.

Magari questa stanchezza e lentezza del cambio di stagione è rimasta, ma ormai nelle tasche, durante il cambio di stagione, non si trovano più le lire, carta o moneta, ma solo euro, ed è sicuramente più facile recuperare e spendere euro che spendere lire.

Quindi anche in questo campo, che sia largo o stretto, l’euro è stato un vantaggio.



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Ma conosco l’obiezione: il costo di qualsiasi cosa è raddoppiato. Vero, ma è come se ci fossimo pagati le ripetizioni necessarie di matematica che abbiamo fatto almeno nei primi due mesi, accaventiquattro, cioè anche in sogno. Dunque, questa cosa costa 15 euro, che rispetto alla lira significa … e via operazioni a mente o con calcolatrice (impennata delle vendite e nuovi posti di lavoro); e alla fine i confronti, le analogie: ma se io guadagnavo tanto in lire e ora tanto in euro ci ho perso o guadagnato?

Come se ci fosse ancora Zeus a regalare ai mortali la cornucopia, gratis e senza contropartita. Avete voluto abbandonare il politeismo? pensava fra sé Zeus, E allora beccatevi anche la moneta unica.

Scusi, signor Zeus, Lei che conosceva Europa, devo dire euro anche al plurale, o euri? o vanno bene entrambi? Non ho mai avuto risposta a questa cruciale domanda fatta in sogno, penso di aver adottato la desinenza unica, anche in questo caso.

Adesso che ci penso, metto la mano in tasca (posteriore), estraggo il portafoglio e tiro fuori la banconota da 50 euro. Poi cerco con Google ‘banconota da 50000 lire’…

Quasi in automatico, è stato più forte di me: uno vale uno, magari nel mio inconscio pensavo che uno valesse anche 1 e 2, in campo politico e nobiliare. No, ho sbagliato perché dovrei cercare la banconota da 100.000 lire, se è ancora vero che, arrotondando, 1 euro equivale a quasi 2000 lire.

Sarà ancora vero? E, ammesso che lo sia o non lo sia, a che serve polemizzare sul passato?

In questi venti anni come ho realmente vissuto, guadagnato, speso, consumato?

Europa, per dire, dopo lo shock del rapimento, mise al mondo dei figli, fu regina, ebbe una vita che pochi ricordano, perché era più comodo fare poesia sul rapimento, sul toro, su quel malandrino di Zeus, ma comunque di vita si trattava.

Non rimane che tornare al mito della banconota reale, quella che ho in tasca. Che porta, ben visibile, la firma di Mario Draghi. Continuità? Cambiamento?

Bella domanda, a cui verrebbe di rispondere: cambiamento nella continuità, rincorrendo vecchi slogan, che cercavano di tenere insieme chi era per il cambiamento e chi era per la continuità.

Fatto sta che il mezzo busto di Europa fa venire in mente che spesso sulle banconote ci sono teste di donne, realmente vissute o realmente raccontate, una presenza femminile che penso non sia mai stata contrattata, ma sarà nata da discussioni che sarebbe interessante recuperare (come per la toponomastica, immagino).

Solo che la testa di Europa è, per così dire, una testa post-mitica o a-mitica. Non c’è traccia della sua vicenda, del toro, di Zeus della galoppata sulle acque, elementi che pure hanno dato vita a raffigurazioni famose. Come se quella testa potesse richiamare alla ragione e alla bellezza, alla profondità e lungimiranza dello sguardo.

Per la testa di Europa/euro fu preso a modello un cratere a campana proveniente da Taranto e conservato al Louvre, della prima metà del IV sec. a.C.

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Europa non è ancora stata rapita, siamo quasi Il giorno prima del sessantotto, come in un romanzo di Giorgio Dell’Arti (1987). Il toro fa la posta, Europa medita, forse già colpita dalla sua ferina bellezza e dall’insolito candore.

Poi avverrà quello che molti poeti raccontano.

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Ma c’è un vaso dello stesso tipo, risalente agli inizi del V secolo, che raffigura l’impatto già avvenuto, solo che la giovane principessa sembra condurre lei le danze, sembra addirittura tenere il toro per un corno  e guidarlo lei, magari prima di balzargli in groppa.


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Solo un’impressione, un augurio? che Europa sia capace di dirigere i voleri del fato e delle varie divinità del mercato con polso sicuro, da donna?

Questa parte del mito è ancora da scrivere.


Leggi anche:    Moneta e liti in famiglia di LUIGI EPOMICENO
Leggi anche:   Quando dai bancomat spuntarono gli euro  di GAD LERNER

 

*GIGI SPINA (Salerno, 1946, è stato professore di Filologia Classica alla università Federico II di Napoli. Pratica jazz e tennis. Gli piace pensare e scrivere, mescolando passato e presente)   


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