Diciannovesima tappa, Abbiategrasso-Alpe di Mera - Dal Lago Maggiore al Sesia, un ottovolante fra valli e monti

di GIORGIO OLDRINI*

Alla fine, giustamente, il Giro ha scelto di non passare dal Mottarone. Troppo poche le ore da quel drammatico tonfo della cabina delle funivia, troppo fresco il ricordo di quei 14 morti, compresi alcuni bambini. Troppa l’ansia per quel piccolo ferito e orfano, solo in un letto dell’ospedale di Torino. Avrebbe dovuto essere uno dei momenti più appassionanti e decisivi di questo Giro, in cui la sofferenza doveva essere solo quella dei muscoli dei ciclisti alle prese con tre Gran Premi della montagna, il primo proprio sul Mottarone. Invece è stato per tutti insopportabile mescolare la gioia e l’impegno di una corsa con l’orrore e il dolore di quel disastro che ha provocato tanti morti proprio nel giorno in cui tutti speravamo fosse il momento di uscita dalle chiusure della pandemia. Niente Mottarone dunque, sostituito dall’Alpe Agogna Gignese, con 10 chilometri di percorso in meno e con una delle vette più alte e aspre del Giro sostituita da un più modesto Gran Premio della montagna di 4^ categoria.



La tappa Abbiategrasso- Alpe di Mera in realtà è ugualmente una di quelle che possono lasciare il segno, ciclisticamente parlando. Un su e giù, come in una sorta di ottovolante per 166 chilometri, con ancora molti metri di dislivello e con una malcelata presa in giro per i corridori. Abbiategrasso è infatti ad una ventina di chilometri da Milano, dove il Giro terminerà. Piazza del Duomo con la sua Madonnina è a un tiro di schioppo dalla Piazza del mercato abbiatense. Sarebbe un soffio partire da lì e mettere fine alle fatiche. Invece gli organizzatori fanno marameo ai ciclisti e dirigono la corsa dall’altra parte, verso il Piemonte, sfiorando il Naviglio Grande, opera idraulica straordinaria, costruito a partire dal 1200 e che per secoli ha portato dal Lago Maggiore, attraverso il Ticino e fino a Milano, merci di ogni tipo, e irrigato una pianura straordinariamente fertile, anche grazie a queste preziose acque. Da qui passarono pure i marmi che dalle cave di Candoglia sul Lago Maggiore arrivarono fino alla Darsena di Milano e poi al laghetto di Santo Stefano per costruire il Duomo. Per concessione di Gian Galeazzo Visconti queste imbarcazioni non pagavano dazio e per distinguersi portavano una iscrizione “Ad Usum Fabricae”, abbreviato in Auf. Da cui A ufo per definire chi non paga.

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(Al Passo della Colma)


Pagheranno i ciclisti invece per salire fino ai 700 metri dell’Alpe Agogna-Gignese. Ma sarà solo un modesto aperitivo in vista dei due successivi Gran Premi della montagna. Però prima di affrontare la nuova salita dovranno scendere giù fino a Stresa, poco più di 200 metri sul livello del mare. Città di eleganza raffinata, con hotel da 6 stelle, un Festival della musica classica e del jazz che da decenni è un momento imperdibile per gli amatori, Stresa guarda in mezzo al lago le Isole Borromee, la Bella, la Madre e quella dei Pescatori su cui sorgono alcune delle ville e dei giardini, ancora oggi di proprietà della nobile famiglia, con piante e pappagalli, fiori esotici e animali inaspettati.

Ma da qui l’ottovolante per i corridori risale fino al secondo Gran premio della montagna piazzato ai 928 metri del passo della Colma, via di passaggio tra il Cusio e la Valsesia. Intermedio come distanza tra Gignese prima e l’Alpe di Mera dopo, ma la Colma può lasciare il segno nelle gambe di chi ha già tanti giorni di corsa sulle spalle e la fatica della salita, solo apparentemente minore, appena lasciata alle spalle. Poi di nuovo giù fino ai 400 metri di Varallo, sulle rive del Sesia, il fiume che dà il nome alla valle. Qui, durante la guerra, fu importante la Resistenza, come ricorda la canzone partigiana “ Valsesia Valsesia cosa importa se si muor/ questo è il grido del valore/ partigiano vincerà./ Vesti la giubba partigiano/ prendi il fucile da battaglia/ per la libertà d'Italia si dovrà vincere o morir”.

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(Stresa, il Grand Hotel delle isole Borromee)

Da Varallo di nuovo su su fino al traguardo dell’Alpe di Mera, passando dal Comune di Scopello. Gran Premio della montagna a 1530 metri, dopo una salita del 14 per cento. Un altro luogo incantevole, a lungo centro sciistico importante, grazie anche alla sua vicinanza con Milano, Vercelli, Novara. Poi alla fine del secolo scorso una crisi che aveva messo in difficoltà operatori e impianti, fino agli investimenti per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006 che hanno rilanciato alla grande l’Alpe di Mera. Terra dunque di vacanze, invernali ed estive. Ed anche maliziosamente set per uno dei film porno più visti, Sos Sex on Snow, con uno degli attori star del genere, Omar Galanti. Che però non sarà ad accogliere il Giro.

 

*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)

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